Presto obbligatori i sacchetti compostabili per i cibi sfusi. Ma a pagare saranno i consumatori
Dal 1˚ gennaio 2018 chi andrà a fare la spesa dovrà pagare anche il sacchetto monouso ultraleggero compostabile che gli verrà consegnato con la merce nel reparto gastronomia, macelleria, pescheria, ortofrutta e panetteria, dove fino ad oggi era gratuito, oltre che non compostabile. Lo pagherà, così come per lo shopper per il trasporto rilasciato alla cassa, con il prezzo segnato sullo scontrino.
Da gennaio fare la spesa, praticamente, costerà di più: l’ha deciso, nella parte in cui viene recepita una norma europea per stimolare i consumatori ad “adottare comportamenti sostenibili”, la legge 123 del 3 agosto scorso che ha convertito il decreto legge 91 del 20 giugno 2017 o decreto Mezzogiorno. Sebbene entrata in vigore il 13 agosto, la legge, avvicinandosi l’applicazione della nuova normativa, è tornata a far parlare di sè.
Sulla carta dovrebbe guadagnarci l’ambiente, ma davvero sarà così? Gli interrogativi ci sono, al di là del coro di elogi con cui è stata accolta.
Non poteva non esultare Assobioplastiche, che con il suo presidente, Marco Versari, ha salutato i “nuovi paradigmi produttivi in grado di coniugare ambiente e sviluppo, protezione del capitale naturale e creazione di posti di lavoro”, nonchè “la lungimiranza della buona politica e la tenacia della collaborazione instaurata tra policy maker, filiera della chimica verde e stakeholder della società civile”.
Di certo c’è che la nuova normativa è stata vista, in generale, come una boccata d’ossigeno per un settore che ha conosciuto momenti di crisi. Già si prevede che le macchine lavoreranno a pieno ritmo per immettere sul mercato milioni e milioni di nuovi sacchetti che, così vuole la legge, dovranno essere biodegradabili e compostabili con un contenuto di materia prima rinnovabile di almeno il 40%, che dal 1˚ gennaio 2020 dovrà diventare il 50% e il 60% dal gennaio 2021.
Pesanti le sanzioni per chi non si adegua: da 2.500 a 25.000 euro e fino a 100.000 euro se la violazione della norma riguarda “ingenti quantitativi di borse di plastica” oppure “se il valore delle buste fuori legge è superiore al 10% del fatturato del trasgressore”. Un modo, nelle intenzioni del legislatore, per dare una stretta al proliferare di sacchetti illegali con la dicitura “a uso interno” o “non per asporto merci”.
Intanto è partita la corsa agli ordinativi di nuovi sacchetti e dicono i beni informati che c’è chi sta trattando con i produttori per acquistare i lotti ad un prezzo amico, ossia, 2,8 centesimi a sacchetto, quindi rivenduti al consumatore a 5 centesimi, con un guadagno pertanto di 2,2 centesimi a sacchetto, che, se rapportato al flusso di clienti, ad esempio, della grande distribuzione sono 220 euro di guadagno ogni 1000 sacchetti. Il costo del sacchetto sarà pertanto tutto a carico del consumatore. C’è anche da aspettarsi che i 5 centesimi possano diventare molti di più, fermo restando un costo all’ingrosso intorno ai 2,8 centesimi per quei produttori che accetteranno di vendere i loro lotti ad un prezzo irrisorio.
Il consumatore è pronto a pagare 5 o più centesimi per un sacchetto sapendo che i suoi 5 o più centesimi potrebbero aiutare in particolare la grande distribuzione a non subire perdite a fronte dell’acquisto dei sacchetti all’ingrosso? Il rischio è che i consumatori possano rinunciare a comprare prodotti sfusi, optando per prodotti confezionati, immettendo, così inquinanti, nell’ambiente.
Se n’è accorta, ad esempio, la FIDA, la federazione italiana dettaglianti dell’alimentazione, di Confcommercio: “Per il consumatore” denuncia Donatella Prampolini Manzini, presidente FIDA-Confcommercio e vice presidente nazionale Confcommercio “il provvedimento comporterà pertanto solamente nuovi costi e per l’ambiente il rischio è che nei punti vendita lo sfuso venga gradualmente sostituito col confezionato e in questo caso si avrà l’effetto contrario a quello ricercato dal legislatore europeo perché aumenteranno gli imballaggi più inquinanti”.
“Siamo convinti, infatti” continua “che il provvedimento si trasformerà in un boomerang sia per i consumatori che per l’ambiente. La soluzione adottata avrà effetti ben diversi da quelli delle norme sugli shopper. In quel caso il consumatore aveva un’alternativa: l’acquisto di shopper riutilizzabili. In questo caso non è possibile perché gli alimenti freschi rischierebbero di contaminarsi a contatto con sacchetti riutilizzati, indipendentemente dal loro materiale. Se l’obiettivo è quello di spingere il consumatore verso un comportamento più sostenibile per l’ambiente, in questo caso non sarà possibile e semplicemente il consumatore non potrà far altro che pagare per i nuovi sacchetti, più costosi e che il punto vendita non potrà far a meno di farli pagare pena una sanzione dai duemila e cinquecento ai centomila euro”.
Il dubbio per FIDA-Confcommercio è che il legislatore non abbia “adeguatamente valutato” l’impatto della nuova normativa, da qui la richiesta al governo italiano di “una proroga prima dell’applicazione del provvedimento”.
Abbiamo parlato di:
Legge 3 agosto 2017 n. 123 Testo
Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91 Testo
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FIDA – Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione Website Facebook
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