Potrebbe esserci una 'piccola Pompei' sotto l'Appia Antica, ecco perché nessuno lo sa

di Adnkronos

Roma, 7 nov. - (AdnKronos) - Un totale di 11 ettari, all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica, ‘sfuggiti’ all’esproprio del 2005 e quindi sottratti non solo alla pubblica fruizione ma anche alla storia. In un’area che ricade in quegli 11 ettari potrebbe celarsi una piccola ‘Pompei’ romana; un sito ‘sigillato’, per utilizzare un termine archeologico, in cui il tempo si è fermato e il cui studio potrebbe riscrivere la storia di Roma. Potrebbe infatti trattarsi del Santuario di Marte, ricercato fin dal ‘500 e mai rinvenuto, e che oggi potrebbe celarsi letteralmente sotto i rottami. Ma andiamo con ordine, partendo dall’esproprio ‘incompleto’. Esproprio del 2005, cui seguì, nel 2007, l’immissione in possesso al Comune di Roma di 40 ettari della Valle della Caffarella, parte del Parco Regionale dell’Appia Antica, di cui però 11 ettari sono stati lasciati in 'detenzione precaria' ai vecchi proprietari che oggi li utilizzano, tra le altre cose, per attività commerciali o li affittano per feste, banchetti ed eventi. La scoperta è recente e a raccontarla all’Adnkronos è Roberto Federici del Comitato Parco della Caffarella che sulla questione ha lavorato a lungo. Dopo aver chiesto, senza successo, la documentazione all’assessore al Patrimonio della giunta Marino, a Tronca e dopo un esposto al prefetto, “siamo ricorsi al vice segretario generale del Comune, Mariarosa Turchi, che ad aprile di quest’anno ci ha concesso la documentazione dell’assessorato al Patrimonio - spiega Federici - Contestualmente, abbiamo ricevuto la documentazione dall’Ente Parco e dalla sovrintendenza archeologica, che non hanno avuto problemi a fornircela”. Cosa è emerso dal confronto delle tre documentazioni? “Che questi 11 ettari espropriati sono stati lasciati di fatto ai vecchi proprietari – risponde Federici – Ora, abbiamo scritto al sindaco Virginia Raggi, agli assessori competenti e ai due municipi interessati, il VII e l’VIII”. Dal sindaco non è ancora arrivata risposta, “ma abbiamo saputo che un consigliere comunale, in risposta a una delle tantissime mail che i cittadini hanno inviato al Comune sulla vicenda, ha fatto sapere di essersi attivato per attivare una commissione congiunta Ambiente-Patrimonio che ci convocherà per affrontare la questione”. Nel frattempo, cosa ci stiamo perdendo? Un vero e proprio patrimonio, dal valore storico e archeologico incalcolabile. A spiegarcelo è l’archeologa Rachele Dubbini. “La Valle dell’Almone è strettamente legata alle origini di Roma perché ospitava uno dei culti più antichi, quello di Marte, padre fondatore di Roma, il cui santuario è stato cercato e ricercato sin dalla ripresa degli studi umanistici nel 500”. Lo hanno cercato in molti ma nessuno lo ha mai trovato, finché casualmente negli anni 70, durante i lavori per realizzare il condotto della Caffarella, furono rinvenute delle strutture di epoca Repubblicana che non furono però identificate. “La sovrintendenza fece questi scavi in grande emergenza e quindi fu costretta a ricoprire tutto. Queste strutture – spiega l’archeologa - si trovano esattamente nello spazio utilizzato come parcheggio dal proprietario di un concessionario, che ha anche un’attività di ‘sfasciacarrozze’. Al di sotto di questi rottami potrebbe esserci il Santuario di Marte”. Una “piccola Pompei”, è la definizione utilizzata da Dubbini, “perché queste strutture furono abbandonate già nell’antichità e questo significa che questi ambienti sono ‘sigillati’, e cioè che da allora più nessuno li ha frequentati. Potrebbero quindi ancora contenere tutti i materiali relativi alle fasi più antiche di questo santuario, grazie ai quali potremmo conoscere le origini della città di Roma”. Insomma, se queste strutture appartengono davvero al Santuario di Marte, “potremmo riscrivere la storia di Roma, sarebbe una scoperta sensazionale. Ma finché quest’area non viene resa pubblica non è possibile procedere con le indagini, questo è il primo nodo da sciogliere”. Non solo il santuario di Marte. Queste aree sottratte alla fruizione pubblica e che si affacciano direttamente sull’Appia Antica, comprendono la zona umida dell’Acquataccio e il laghetto della Caffarella dal grande valore naturalistico e paesaggistico, l’area in prossimità della chiesa Domine Quo Vadis e quella del Sepolcro di Geta. “La situazione va ripresa da capo con gli atti conseguenti per ogni singolo lotto. E’ una situazione che va sbrogliata, per riconsegnare il Parco nella sua interezza ai cittadini – spiega all’Adnkronos Alma Rossi, direttore dell’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica - Se le amministrazioni collaborano se ne esce: bisogna sedersi attorno a un tavolo e ognuno deve fare la sua parte per concludere questo procedimento nel migliore dei modi. Il nostro obiettivo è tutelare questa area: il Parco non può definirsi tale finché tutti i pezzi non ne faranno parte. Basta avere la volontà”.