Plastica monouso e non riciclabile: l'Ue si appresta a metterle al bando
Dopo la proposta della Commissione, la prossima settimana il voto del Parlamento europeo. 'Necessaria l’introduzione di nuove norme per ridurre l'inquinamento dei mari'
La riduzione della produzione di plastica è una delle battaglie della Commissione europea, e ora la parola è al Parlamento che dovrà votare la prossima settimana sul bando di alcuni prodotti.
L’esecutivo dell’Unione propone dunque agli Stati il divieto di utilizzo di alcuni oggetti di plastica “usa e getta” come le cannucce, i piatti, le posate, i cotton fioc e i bastoncini dei palloncini per bambini, tutti facilmente fabbricabili con materiali alternativi, e l’introduzione di maggiori e più estese responsabilità in capo ai produttori riguardo al confezionamento dei beni alimentari. Altro obiettivo, nella proposta della Commissione è la raccolta e il riciclo di almeno il 90 percento delle bottiglie di plastica monouso entro il 2025, da favorire mediante un rimborso al momento della restituzione del ‘vuoto’.
La proposta è dello scorso maggio, e dovrà essere votata dal Parlamento europeo martedì prossimo. “Il consumatore è indotto a cambiare le proprie abitudini se trova al supermercato delle alternative sostenibili alla plastica”, ha sottolineato stamani l’eurodeputato verde Bas Eickhout, “ecco perché è essenziale obbligare i produttori a responsabilizzarsi nella produzione di imballaggi biodegradabili”.
È incontestabile che la plastica sia divenuta oggi un materiale essenziale nell’economia mondiale e sarebbe ingenuo ritenere di potervi rinunciare completamente; allo stesso tempo, il problema dell’inquinamento dovuto alla sua estrema diffusione sta provocando danni irreversibili all’ambiente e alla salute della popolazione di tutto il mondo.
Attraverso queste nuove norme europee “non abbiamo la pretesa di riuscire a ripulire gli oceani dalla plastica che ormai li assedia con vere e proprie isole galleggianti di rifiuti”, ci tiene a evidenziare Margrete Auken del gruppo dei Verdi europei, “sarebbe un obiettivo irrealizzabile. Per contro, è possibile lavorare sulla prevenzione, evitando il peggiorare della situazione e introducendo valide alternative all’utilizzo della plastica per alcuni beni”. Alternative tra cui non rientra, aggiunge Auken, la oxo-plastic, definita biodegradabile quando invece non lo è: quest’ultima, in effetti, si riduce in tanti piccoli frammenti “causando danni possibilmente maggiori, disperdendosi nell’ambiente più facilmente sotto forma di microplastiche”, chiarisce.
Essenziale è poi la produzione di plastica di miglior qualità, ossia più facile da riciclare, così come l’eliminazione graduale del Tetra Pak, recuperabile soltanto in apposite strutture dove avviene la separazione meccanica dei materiali che lo compongono (carta, alluminio e appunto plastica).
“Gli interessi in gioco sono molti, esistono ‘ombrelli’ a tutela di qualsiasi micro-settore della produzione della plastica, come ad esempio quello dei bastoncini dei palloncini”, ironizza amaramente Eickhout, volendo intendere che il cambiamento è possibile ma ambizioso, e che deve passare necessariamente da un’implementazione della normativa a livello europeo. “Le politiche a cui fanno riferimento le industrie sono datate e non vanno più bene per il mondo attuale. Non lo chiediamo solo noi, lo chiedono i cittadini”, conclude.
Martedì prossimo 23 ottobre il Parlamento europeo voterà dunque la Single Use Plastic Directive, proposta dalla Commissione lo scorso maggio. Nel frattempo, la scorsa settimana, la commissione parlamentare per l’Ambiente ha adottato a maggioranza dei voti la bozza del rapporto. Le altre commissioni parlamentari, però, si sono per ora dimostrate più restie a trovare una soluzione sostenibile al problema dell’inquinamento da plastica.
Caterina Ristori