Nasce con la bocca serrata, dopo 16 anni Aurora può finalmente sorridere e mangiare

Ora una giovane paziente affetta dalla rara sindrome di Nager può sorridere grazie a una delicata operazione di chirurgia maxillo facciale

di Redazione

"Siamo orgogliosi di questo intervento, abbiamo lavorato per mesi allo studio della situazione della ragazza, con l'ausilio delle nuove tecnologie tridimensionali a disposizione, fino al lieto epilogo del delicatissimo intervento". Sono le parole del professore di chirurgia maxillo-facciale dell'ospedale San Marco, Alberto Bianchi.

La storia della paziente

Dalla nascita Aurora (nome di fantasia), sedici anni, non ha mai potuto aprire la bocca a causa della sindrome genetica di Nager. Si tratta di una rara malattia genetica che si era manifestata già nel feto, si era infatti sviluppato un ammasso osseo che aveva fuso la mandibola al cranio non consentendo l'articolazione necessaria ad aprire la bocca. 

Con questo intervento eccezionale di chirurgia maxillo facciale eseguito con successo all'ospedale San Marco di Catania, la ragazza può finalmente cominciare una nuova vita fatta di parole, sorrisi e cibi solidi. Si tratta della prima operazione di questo genere in Sicilia, e della sesta in tutta Italia.

L'intervento

L'intervento, come si può immaginare straordinariamente complicato, ha richiesto mesi di studio preventivo affinché tutto andasse per il meglio. Il frutto di un lavoro multidisciplinare, tra le varie equipe aziendali. "Tuttavia l'intervento non si sarebbe potuto realizzare senza la piena disponibilità del direttore generale dell'azienda ospedaliero universitaria etnea, Gaetano Sirna, che ha stanziato le risorse per la realizzazione della protesi in titanio impiantata nella giovane paziente, una vera e propria opera di bioingegneria tra le più moderne", dice l'ospedale. 

A guidare le equipe di medici e paramedici, è stato Alberto Bianchi, professore di chirurgia maxillo-facciale dell'ospedale San Marco e Massimo Robiony, direttore della clinica maxillo facciale dell'ospedale universitario di Udine e il suo professore associato Salvatore Sembronio.

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