Nanoparticelle di silicio: è italiana la finestra fotovoltaica del futuro

di Stefania Elena Carnemolla

La finestra del futuro produrrà energia elettrica: parliamo delle finestre fotovoltaiche, fra le ultime novità nel panorama delle energie rinnovabili. Trovare la formula di successo – una finestra efficiente, economica, priva di elementi tossici – non è facile, ma i ricercatori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano Bicocca pensano di aver trovato la soluzione. 

La storia è iniziata quando hanno iniziato a lavorare sugli LSC, i concentratori solari luminescenti, lastre di plastica di “materiali otticamente attivi” che assorbono la radiazione solare, concentrandola sul loro bordo. In queste lastre vengono installate celle fotovoltaiche tradizionali che convertono la luce in corrente elettrica. In futuro gli LSC, grazie a nanoparticelle che catturano e concentrano la luce solare, potranno trasformare comuni finestre in pannelli solari semitrasparenti capaci di soddisfare il fabbisogno energetico di un edificio.

“In un’ottica di salvaguardia ambientale e di riduzione dei rischi di riscaldamento globale“ spiega il professore Sergio Brovelli con il collega Francesco Meinardi inventore degli LSC di nuova generazione “la Comunità Europea prevede che entro il 2020 tutti i nuovi edifici dovranno essere degli Zero Energy Buildings, ovvero sostanzialmente autonomi da un punto di vista energetico. Direttive analoghe sono in fase di elaborazione anche in USA e in Asia. La nostra tecnologia è l’unica che permette di realizzare finestre fotovoltaiche di grandi dimensioni e colorazione neutra, perfettamente integrabili architettonicamente anche nei contesti urbani senza impattare l’estetica o la vivibilità degli edifici”. Interessanti anche le previsioni di mercato che danno il comparto del Building-Integrated Photovoltaic in forte espansione con incrementi annuali del 30%, fino ai 26 milardi di dollari stimati per il 2022.

Gli studi dei ricercatori della Bicocca hanno fatto ora un passo in avanti dimostrando che è possibile integrare negli LSC nanosfere di silicio in luogo del cadmio, indio o zolfo, risolvendo, così, il problema dei materiali adatti all’assorbimento e concentrazione della luce solare. Fino a ieri le soluzioni considerate “migliori” erano, per l’appunto, a base di cadmio, tuttavia tossico, indio e selenio, non proprio economici. I ricercatori della Bicocca hanno, invece, ora pensato alle nanosfere di silicio con la loro ricerca pubblicata su Nature Photonics come Efficient Luminescent Solar Concentrators based on Ultra-Earth-Abundant Indirect Band Gap Silicon Quantum Dots

Perchè il silicio? Perchè è “economico, abbondante in natura, non tossico e capace piuttosto bene di assorbire la luce solare” spiegano. “Tuttavia, nella sua forma convenzionale, non è in grado di riemettere la luce una volta che l’ha assorbita, tanto è vero che viene usato per le celle solari classiche che sono del tutto opache. In questo lavoro, che abbiamo condotto in collaborazione con l’Università del Minnesota, siamo riusciti ad ingannare la natura riducendo le dimensioni dei nostri cristalli di silicio a pochi miliardesimi di millimetro. Su questa scala dimensionale è come se la natura non lo riconoscesse più come silicio e quindi gli permette di comportarsi come un eccellente emettitore che funziona benissimo all’interno dei nostri LSC”.

Nel frattempo per poter industrializzare i prototipi è nato lo spin-off universitario Glass to Power, cui obiettivo è la produzione di finestre e vetrate in grado di generare potenze fino ad oltre 50 W per metro quadro “senza alcun impatto estetico sugli edifici in cui verranno installate”.

 

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