Arrivederci menopausa: un farmaco può ritardarla di 5 anni e fare vivere le donne di più e meglio. Lo studio e i sintomi che combatte
La menopausa non è una malattia e tante donne la vivono senza troppi problemi. Per altre i sintomi sono tanto violenti da richiedere una terapia. La rapamicina potrebbe allontanare di 5 anni la fine della fertilità femminile
È una notizia che dovrebbe rendere felici tutte le donne perché, a prescindere dalla data di scadenza della fertilità e dallo stigma sociale che ancora la menopausa si porta appresso, ritardare di cinque anni i sintomi del climaterio sarebbe un grande aiuto per la salute femminile. Secondo i primi risultati di uno studio pilota condotto dalla Columbia University, prolungare di almeno cinque anni la fertilità femminile è possibile grazie a un farmaco specifico che avrebbe la capacità di rallentare la menopausa e di consentire di vivere più a lungo e con una salute migliore.
Cos’è la rapamicina
La ricerca sul riutilizzo dell’immunosoppressore rapamicina è stata accolta come un “cambiamento di paradigma” nel modo in cui viene studiata la menopausa. La rapamicina è un antibiotico naturale prodotto da un batterio, approvato e usato come farmaco anti-rigetto degli organi dopo un trapianto. I suoi effetti sulla longevità e sulla fertilità femminile sono notevoli.
Lo studio pilota
Yousin Suh, professoressa di scienze riproduttive e di genetica e sviluppo alla Columbia University, e Zev Williams, professore associato di salute delle donne e capo della divisione di endocrinologia riproduttiva e infertilità presso il Columbia University Irving Medical Center hanno co-diretto lo studio. La ricerca prende il nome di Vibrant, alias Validating Benefits of Rapamycin for Reproductive Aging Treatment ed è stata progettata per valutare se il farmaco “rapamicina” sia in grado di rallentare l’invecchiamento delle ovaie posticipando così la menopausa e prolungando la fertilità.
Gli effetti collaterali
Attualmente la ricerca è in una fase di sperimentazione iniziale: a prendere parte allo studio pilota sono circa 34 donne under 35, ma si prevede possano superare le migliaia. La dottoressa Suh ha affermato che i primi risultati suggeriscono che è realistico sperare che il farmaco possa ridurre l’invecchiamento delle ovaie del 20% senza che le donne sperimentino nessuno dei 44 effetti collaterali che la rapamicina può avere, che vanno da una leggera nausea e mal di testa a pressione alta o infezioni.
I primi risultati
Le partecipanti allo studio randomizzato controllato con placebo hanno riportato miglioramenti nella loro salute, nella memoria, nei livelli di energia e nella qualità della loro pelle e dei loro capelli: miglioramenti della salute in linea con altri studi sulla rapamicina che hanno suggerito che il farmaco può aumentare la durata della vita del 9-14%, rivitalizzando al contempo il sistema immunitario e gli organi che si deteriorano con l’età avanzata. “I risultati di questo studio, il primo nella storia dell’umanità, sono molto entusiasmanti. Significa che coloro che hanno problemi di fertilità legati all’età ora hanno speranza, mentre prima non ne avevano – ha detto Suh -. Questi primi risultati significano che ora abbiamo una chiara possibilità di raggiungere il nostro obiettivo finale: utilizzare la rapamicina per prolungare la durata della vita dell’ovaio e quindi ritardare la menopausa, prolungando al contempo la durata della vita della donna migliorandone la salute”.
La dose di rapamicina
Il livello di rapamicina somministrato alle donne era pari a 5 mg a settimana per tre mesi, rispetto ai 13 mg al giorno che possono essere prescritti ai pazienti sottoposti a trapianto. Dosi che sono state definite “perfette” dai ricercatori perché non bloccano né l’ovulazione né le mestruazioni, ma non si sa ancora se la qualità dei follicoli peggiorerà nel “tempo extra” che le ovaie vivranno, producendo così ovuli più inclini a contenere anomalie genetiche.
L’invecchiamento ovarico
Il team che studia il funzionamento del farmaco nei confronti dell’invecchiamento ovarico ha messo al lavoro 12 scienziati e costa oltre 1 milione di dollari. Si tratta del primo studio che si occupa dell’invecchiamento ovarico umano cercando di rallentarne la velocità con cui si verifica, non soffermandosi solo a livello sintomatico e non solo su test riguardanti specie non umane. Lo scopo è quello di ridurre il numero di ovuli che le donne perdono ogni mese da 50 a 15 e rallentare l’invecchiamento conseguente di tutti gli organi almeno del 20%. “Sapevamo funzionasse con gli animali, e ora sappiamo che è sicuro per gli umani – ha detto il dottor Williams -. Abbiamo solo bisogno di uno studio più ampio per mettere insieme entrambe le parti”.
Cos’è la menopausa
La menopausa coincide con l'ultima mestruazione spontanea, ma la diagnosi è retrospettiva, viene cioè eseguita dopo 12 mesi di assenza di ciclo. Fisiologicamente, la menopausa può iniziare tra i 45 e i 55 anni ed è bene ricordare che non è una malattia ma un momento fisiologico della vita della donna che coincide con il termine della sua fertilità. In tanti diranno quindi: perché combatterla? Ovviamente si può scegliere di non farlo e accettare i ritmi imposti dalla natura ma ci sono donne che vivono molto male questo momento: da un punto di vista fisico e psicologico.
Menopausa e stigma sociale
Fine della vita fertile significa fine della possibilità di mettere al mondo bambini ma spesso anche “inizio della vecchiaia” in un contesto sociale in cui invecchiare pare essere diventato un peccato mortale. Il cosiddetto menopause power sta contribuendo a normalizzare il fenomeno e, per quanto cresca anche fra le star il numero di donne che dichiara con orgoglio di essere in menopausa, molte ne sono ancora spaventate.
Quali sono i primi sintomi della menopausa?
Verso i 40-45 anni inizia il fisiologico periodo comunemente chiamato premenopausa (più precisamente perimenopausa), che può essere caratterizzato da sintomi e segnali anche 5-10 anni prima della menopausa. Generalmente, questi sintomi consistono in: irregolarità del ciclo mestruale, vampate di calore, sudorazione notturna, artralgia, dolori muscolari, cefalea, irritabilità, ansia, calo dell'umore, secchezza vaginale, deficit di memoria, palpitazioni, calo della libido, osteoporosi e secchezza di pelle e capelli.
Quanto diventa "una malattia"
Tutta questa sintomatologia è estremamente individuale: ci sono donne che hanno pochi e sopportabili sintomi e altre che patiscono la condizione come se fosse una vera patologia. Ansia, palpitazioni, vampate tanto forti da provocare quasi dei mancamenti e che possono arrivare in qualsiasi momento, anche mentre si è alla guida per esempio. E poi insonnia feroce e mal di testa invalidanti, oltre al più preoccupante deterioramento del tessuto osseo e delle facoltà mnemoniche a causa del crollo del livello di estrogeni. Quindi potere rimandare di cinque anni tutti questi sintomi, sarebbe un bel risultato.