Molestie e “Metoo”, ecco perché tante non denunciano o lo fanno dopo anni. Le allusioni e le minacce
Le molestie e i ricatti sul luogo di lavoro hanno conseguenze significative sulla salute fisica e psichica delle persone, sulla qualità della vita e sull'assenteismo
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“Me too”, “Anche a me”, sono le parole usate per la prima volta dall'attivista Tarana Burke per aumentare la sensibilità sugli abusi e le molestie sessuali nella società. Successivamente nel 2017 è diventato un hashtag condiviso milioni di volte dopo le accuse rivolte al produttore cinematografico Harvey Weinstein da numerose attrici di Hollywood.
Il muro di omertà ha iniziato a sgretolarsi
Il muro di omertà ha iniziato a sgretolarsi e sono emerse migliaia di testimonianze di donne incoraggiate a condividere le loro esperienze di molestie sessuali.
Ed è per questo che continuare a parlarne è fondamentale: il movimento Me too resta quello che ha consentito a milioni di donne di portare alla luce traumi legati ad abusi e violenze per troppo tempo rimasti nascosti, spesso per vergogna e per paura, ma anche per senso di colpa e per rassegnazione. Soprattutto quando si tratta di molestie in famiglia, dove la tendenza è quella di tenere tutto entro le mura di casa per timore di non essere credute, o sul luogo di lavoro, dove entrano in gioco anche dinamiche di potere.
Me too anche in Italia
In questi giorni in Italia si è tornato a parlare in modo prepotente di #metoo nel mondo dello spettacolo. Un ambiente ancora altamente tossico, come confermato dall'attrice Margherita Laterza: “Dopo aver fatto un provino, il regista mi fa sapere che è andato molto bene e che c'è lui, nel suo ufficio, che vorrebbe che andassi a salutarlo”. Lui insiste, lei ribatte: “Ci tengo eccome a quel ruolo, ho fatto il provino, è andato bene, cosa manca? Mi risponde che forse non ho capito come funziona”, ha raccontato la 34enne confermando che i progressi fatti per scardinare gli abusi nello showbiz sono lontani dal considerarsi accettabili. Anche Fioretta Mari ha confessato di essere stata molestata: “Oltre trenta volte” nella sua lunga carriera. “Hanno tentato di portarmi a letto nei modi più spaventosi. A volte tutto fila liscio e poi all'improvviso ti saltano addosso e ti trovi ad augurarti di invecchiare perché ti lascino in pace”, ha detto spiegando di essere stata tagliata fuori da molte produzioni per non aver assecondato uomini potenti del cinema e della tv (La Repubblica, 9 gennaio 2023).
La paura di denunciare gli abusi
Conviene sempre denunciare, magari dopo anni, con il rischio di non essere credute o di subire l'ostracismo dell'intero ambiente dello spettacolo?
Capita spesso, infatti, che chi parla venga poi esclusa e non riesca più a lavorare, motivo per cui tante subiscono per anni in silenzio.
Il diritto penale italiano non prevede una fattispecie specifica per le molestie sessuali né per le molestie sessuali in ambito lavorativo, quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale che possono essere espressi in forma fisica, verbale o non verbale e che violano la dignità di una persona, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
La molestia
Può essere considerata una molestia, ad esempio, un contatto fisico indesiderato (come un palpeggiamento), ma anche la minaccia o la ritorsione in seguito al rifiuto di una prestazione sessuale. Finora, a seconda dei casi, i comportamenti sessualmente molesti o non sono stati riconosciuti o sono stati riferiti ad altri reati (integrati alla violenza sessuale, nei casi più gravi, o derubricati a violenza privata). Tra la violenza sessuale e la violenza privata c'è dunque un vuoto legislativo, una zona indefinita in cui agiscono a loro discrezione i giudici.
Il nuovo disegno di legge
Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico, ha presentato un nuovo disegno di legge: “Disposizioni volte al contrasto delle molestie sessuali e delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro”.
Il disegno di legge introduce nel codice penale il reato specifico di molestie sessuali grazie a un nuovo articolo, il 609 ter.1. Prevede di punire con la reclusione da due a quattro anni «chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona».
L'articolo stabilisce anche che la pena venga aumentata della metà se dal fatto «commesso nell'ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero nell’ambito di un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, deriva un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo». Il reato è punibile su presentazione di una querela da parte della persona offesa. La querela può essere presentata entro dodici mesi ed è irrevocabile.
I risvolti psicologici della molestia
Le molestie e i ricatti sul luogo di lavoro hanno conseguenze significative sulla salute fisica e psichica delle persone, sulla qualità della vita, sulle motivazioni al lavoro, sulla produttività e sull'assenteismo. Spesso chi subisce violenze e molestie anche sessuali incontra difficoltà a recarsi ogni giorno al lavoro e tende ad aumentare il numero di assenze, rischiando talora di perdere il proprio lavoro.
È auspicabile che questo vuoto normativo possa essere colmato al più presto così da disincentivare comportamenti inadeguati da parte dei datori di lavoro e dare fiducia e sicurezza alle vittime nel denunciare tali soprusi.