Liberi di volare. Malaffare e bracconaggio dietro gli uccelli migratori usati come richiami

Liberi di volare Malaffare e bracconaggio dietro gli uccelli migratori usati come richiami
di Stefania Elena Carnemolla

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Il mio canto libero, faceva una vecchia canzone. Non la pensa così il governo italiano e il drappello dei senatori delle commissioni Ambiente e Industria, senatori del PD (a eccezione delle senatrici Laura Puppato e Monica Cirinnà), Forza Italia, NCD, che a luglio tra gli applausi delle lobby della caccia e delle armi hanno inchinato la testa davanti alla pratica dei richiami vivi, uccelli migratori usati come esca per il richiamo delle altre specie.

La cattura dei richiami vivi era stata bocciata dalla Commissione Europea, che a febbraio aveva aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia. La cattura degli uccelli selvatici destinati al richiamo costituisce infatti una violazione della direttiva comunitaria sugli uccelli. “I richiami vivi non sono consentiti né necessari, persino in deroga” così la Commissione Europea “esistendo la possibilità di esercitare la caccia senza richiami” o, al limite, “attraverso l’utilizzo di richiami a bocca, come i fischietti” o ancora, ricorrendo, come “soluzione estrema, all’allevamento degli uccelli da richiamo”.

Di pratica immorale aveva parlato nel 2013 la Corte di Cassazione: “Nulla più della assoluta impossibilità del volo è incompatibile con la natura degli uccelli selvatici”.

Ciononostante, il governo italiano ha preferito dare il disco verde alla “cattura di piccoli uccelli selvatici come richiami vivi” salvo attivare le “procedure in deroga”, con ciò contravvenendo ancora una volta alle indicazioni di Bruxelles. “Purtroppo l’Italia continua ad andare in deroga” ci ha detto Serena Ruffilli, presidente LIDA di Firenze, che in Toscana ha aderito a una campagna contro i richiami vivi “e a prendere sanzioni dall’Unione Europea, soldi di contribuenti che finiscono in sanzioni che dovrebbero pagare solo cacciatori e bracconieri”.

Il provvedimento del governo è stato criticato da alcuni senatori e senatrici del PD, Laura Puppato, Monica Cirinnà, Silvana Amati, Enrico D’Adda, Manuela Granaiola, Sergio Lo Giudice, Stefania Pezzopane, Annalisa Silvestro, Daniela Valentini: “Stamattina le commissioni Ambiente e Industria del Senato hanno votato il decreto Competitività e purtroppo si è persa l’ennesima occasione di vincere una battaglia di civiltà a sostegno di una politica ecologicamente utile. Non solo non è stata accolta la nostra proposta di cancellare l’uso dei richiami vivi e la caccia alle nutrie, ma sarà anche consentito sparare agli animali sulla neve e aumentare il numero delle cartucce in canna”. E ancora: “Continueremo a batterci perché il Partito Democratico, a partire dai suoi massimi rappresentanti, diventi finalmente consapevole della sfida sulla tutela degli animali e del rispetto della biodiversità e dell’ecosistema”. Il caso è ora tornato a essere oggetto di dibattito in Senato grazie a chi aveva sollevato la questione, con cacciatori e bracconieri che già minacciano di vendicarsi nelle urne. 

Quella della cattura degli uccelli migratori è un reato ambientale denunciato in tempi non sospetti da associazioni ambientaliste e animaliste, fra cui la LIPU, che con la campagna Liberi di cantare ha tentato di sensibilizzare l’opinione pubblica su una pratica poco conosciuta e tuttavia assai diffusa. Nella campagna il fenomeno viene spiegato passo passo. Ai richiami vivi appartengono piccoli uccelli migratori come tordi, merli, allodole, cesene, catturati con reti posizionate presso i valichi montani dove avviene il loro passaggio. Dopo la cattura, gli uccelli vengono portati in impianti detti roccoli, quindi riposti in sacchi e trasferiti altrove, dove vengono ceduti ai cacciatori. Per gli esemplari catturati ha quindi inizio la chiusa. Per poter “falsare il loro ciclo annuale”, gli uccelli vengono, cioè, tenuti al buio per mesi e mesi. Una volta portati all’aperto in autunno e inverno, in concomitanza con l’apertura della stagione venatoria, gli uccelli, pensando sia primavera, iniziano a cantare, richiamando così i loro simili, che vengono pertanto “abbattuti dai cacciatori”.

Oltre a essere costretti a vivere in piccolissime gabbie, al buio e in pessime condizioni igieniche, i richiami vivi, denuncia ancora la LIPU, “subiscono lo strappo delle penne” affinchè la muta, ora ottenuta artificialmente, possa stimolarne “ulteriormente il canto”, sollecitato anche a forza di sostanze anabolizzanti, con effetti sullo sviluppo ormonale.

Drammatiche le conseguenze psico-fisiche della detenzione. Gli esemplari catturati muoiono per paura o stress, sviluppano “ipersensibilità alle malattie” a causa del cedimento del sistema immunitario, per non parlare dei traumi che subiscono le ali, la coda, il piumaggio, dei “problemi carenziali” e dei “trattamenti farmacologici deleteri”. Gravissimi anche i danni etologici, con gli “uccelli che ripetono gli stessi movimenti nella piccola gabbia, per tutto il giorno”. Sono le cosiddette stereotipie, chiaro segno di “adattamento patologico alla cattività”.

In Italia, ricorda la LIPU, la pratica della cattura dei richiami vivi è particolarmente diffusa in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Marche, Umbria. Dietro il fenomeno c’è tutto un sistema di illegalità, con la “rimozione degli anelli che identificano i richiami e la sostituzione degli uccelli deceduti con nuovi esemplari, ai quali viene apposto illegalmente l’anello, peraltro con modi particolarmente dolorosi per l’animale”. E un “diffusissimo bracconaggio”. In Campania e Calabria è infatti “certa l’esistenza di organizzazioni dedite alla cattura di varie specie di tordi, che vengono inviati nel Nord Italia per essere utilizzati come richiami”. “Anche nel Nord Italia” denuncia ancora la LIPU “sono presenti gruppi organizzati intenti alla falsificazione degli anelli e al commercio illegale dei richiami”, un traffico “diffuso anche a livello internazionale, specie con l’Est Europa”.

Gli episodi di caccia illegale di uccelli sono frequenti. Tempo fa, in Campania, grazie all’operazione Free Duck, il Corpo Forestale dello Stato ha sgominato una banda dedita alla cattura di fauna migratoria, in particolare di uccelli acquatici come anatre e trampolieri, attirati con l’aiuto di richiami acustici in terreni “appositamente allagati”, le cosiddette vasche.

“Un fenomeno non nuovo quello del bracconaggio sulle vasche” così Ciro Troiano, responsabile Osservatorio Nazionale Zoomafie della LAV. “Lungo il litorale Domitio, tra le province di Napoli e Caserta, in un’area selvaggiamente offesa dall’abusivismo edilizio, dalla distruzione pressoché totale della macchia mediterranea, dalla costruzione di villaggi (il più famoso è quello Coppola), dalle mille discariche sorte un po’ ovunque, vi sono decine di vasche – una sorta di piccoli laghetti – dove si pratica l’attività venatoria illegale. Lo specchio d’acqua viene appositamente preparato con canne e piante palustri per riprodurre l’ambiente naturale degli uccelli acquatici. Al centro del laghetto vengono messe sagome di anatre o trampolieri o addirittura uccelli vivi legati con una cordicella. I migratori vengono poi attratti con richiami acustici che riproducono i versi delle specie da abbattere. Diciamo subito che tutta l’area interessata è fortemente controllata dalla criminalità organizzata. Infatti qui, come la cronaca nera tristemente testimonia, si praticano illeciti d’ogni sorta, dallo sfruttamento della prostituzione delle ragazze di colore allo spaccio di droga, ai combattimenti tra cani, dal vandalismo edilizio, ai maneggi abusivi di cavalli da corsa. Molti dei laghetti che oggi vengono utilizzati per il bracconaggio hanno una vecchia storia di malaffare: la loro origine si deve all’estrazione abusiva di sabbia e terreno per l’edilizia, successivamente furono utilizzati dalle ecomafie quali discariche per il traffico di rifiuti, poi usati per il bracconaggio”.

Quanto frutta l’affare? Come funziona? Troiano ricorda come alcune di queste vasche appartengano a “personaggi del mondo malavitoso con il pallino della caccia”. Le strutture vengono “affittate” o “date in comodato ad amici e comparielli”. Per una buona vasca, per una vasca, cioè, situata in zone interessate dalle “rotte migratorie dell’avifauna”, nonché in siti lontani da “eventuali controlli da parte degli organi di polizia”, le tariffe vanno dai 7.500 ai 15.000 euro l’anno. C’è poi tutto un “commercio al minuto”. Con poco più di cento euro al giorno, ricorda Troiano, si affittano una postazione e un fucile. I fucili vengono “nascosti in tubi di plastica appositamente sotterrati e coperti con sassi o pietre” o nell’acqua della vasca dentro “custodie impermeabili”. Questi fucili sono “proventi di furto” e “nella remota ipotesi di interventi repressivi, possono essere liberamente abbandonati sul posto, in quanto il numero di matricola dell’arma è stato preventivamente abraso”.

Malaffare, bracconaggio, c’è questo dietro la cattura degli uccelli usati come richiami. Una miscela esplosiva come un colpo di fucile.

03/11/2014
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