La moda senza sostanze tossiche: ecco le aziende italiane che dicono sì a Greenpeace
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L’industria tessile italiana ha detto sì: sì a una moda senza effetti collaterali per la salute umana e sì a produrre nel pieno rispetto dell’ambiente, senza nessun genere di compromessi. Un impegno che si deve alla lungimiranza imprenditoriale di chi sa coniugare il “bello al buono” del made in Italy e soprattutto una vittoria che senza la costanza di Greenpeace avrebbe tardato ad arrivare.
L’associazione ambientalista, nota per le azioni di salvaguardia del Pianeta, due anni fa ha lanciato il progetto #TheFashionDuel con cui chiedeva ai brand dell’Alta moda un impegno in chiave green. Se allora il primo ad aderire è stato solo Valentino Fashion Group, oggi le cose sono cambiate, in meglio. Questa mattina, infatti, Greenpeace ha annunciato, durante una conferenza stampa milanese, l’impegno per la produzione di tessuti e accessori liberi da sostanze tossiche di sei fra i più importanti produttori del comparto tessile nostrano, nello specifico Berbrand, Miroglio, Italdenim, Tessitura Attilio Imperiali, Besani e Zip.
In concreto, queste aziende aderiscono all’impegno Detox e di conseguenza alla pubblicazione dei risultati del lavoro svolto finora. Quali? Finora sono stati eliminati – dalle filiere e dai prodotti – otto degli undici gruppi di sostanze chimiche pericolose. Ad esempio, gli ftalati e i nonilfenolo etossilati, degli interferenti endocrini che quando vengono rilasciati nell’ambiente, possono avere effetti dannosi sul sistema immunitario, ormonale e riproduttivo.
E non è un questione di poco conto, considerato l’impatto delle sei aziende citate in termini di produzione. Lo scorso anno hanno prodotto circa 7 milioni di metri lineari di tessuti, 40 milioni di metri di tessuti stampati e 35 milioni, tra bottoni e zip, e circa 70 milioni di capi di abbigliamento. “I tessuti e gli accessori prodotti da queste filiere saranno utilizzati anche da quei marchi del lusso che continuano a ignorare l’impatto che i loro vestiti hanno sull’ambiente e sulla salute – commenta Chiara Campione, responsabile del progetto #TheFashionDuel di Greenpeace – . A questi marchi diciamo che la rivoluzione Detox è già iniziata, insieme a milioni di consumatori e a marchi come Valentino, Benetton, Burberry, Zara e adesso l’industria del tessile. Quando il mercato si muove, solo i miopi rimangono indietro. Cosa aspettano Versace, Gucci, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana a passare dalla parte di coloro che garantiranno al Pianeta e alle nuove generazioni un futuro libero da sostanze tossiche?”
Gli eco investimenti, tra l'altro, ripagano anche a livello di business. 'Il Gruppo Miroglio negli ultimi anni ha investito in nuove tecnologie di stampa green, nei propri stabilimenti di Govone e Alba, portando a casa rilevanti riduzioni di consumo di acqua, energia ed emissione CO2 – spiega Giuseppe Miroglio, presidente del gruppo Miroglio -. Intendiamo portare avanti questa filosofia in modo serio e responsabile, solo in questo modo possiamo contribuire a salvaguardare l’ambiente e nello stesso tempo competere con quei paesi del sud del mondo che commercializzano prodotti molto economici, ma di scarsa qualità e alti costi per l’ecosistema”.
Dunque, una moda senza sostanze tossiche e all’insegna della sostenibilità economica è possibile, anzi è già alla portata dei consumatori.