La moda del latte di asina: davvero è adatto per i lattanti?
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L’asino italiano, dopo un periodo di crisi, sembra conoscere una nuova epoca d’oro. Secondo le stime di Coldiretti negli ultimi dieci anni la popolazione di asini è, infatti, aumentata del 90%. Certo, il livello, con “59 mila quadrupedi dalle grandi orecchie”, non è quello degli anni Cinquanta quando si contavano un milone di asini, tuttavia, considerato il rischio estinzione, la cifra è confortante. Un trend che ha salvato molte razze locali – Amiata, Martina Franca, Ragusano, Sardo, Romagnolo, Asinara e Pantesco.
La riscoperta dell’asino, ricorda Coldiretti, si deve, in particolare, al suo utilizzo in programmi di “interesse sociale ed economico” come l’onoterapia per la cura, grazie al contatto animale, di problemi psicologici, l’onoturismo con le escursioni a dorso di asino, quindi la produzione di biscotti e gelati con latte di asina. C’è poi la cosmesi, con il latte di asina, famoso sin dall’antichità per contrastare l’invecchiamento della pelle, leggendari i bagni di Poppea e Cleopatra, ancora oggi, grazie al lisozima, molto richiesto come crema da giorno e da notte, crema corpo per i massaggi, shampoo per capelli luminosi, robusti e voluminosi e sapone detergente.
Per Coldiretti lo sviluppo di allevamenti di asini sarebbe legato anche alla crescente domanda di latte per l’infanzia per bambini con “allergie gastrointestinali dovute a intolleranza al normale latte di mucca” e quei nascituri “che non possono essere allattati al seno”. Poiché il latte di asina ha “caratteristiche simili a quello materno” conclude Coldiretti, esso rappresenta “una valida alternativa per non far mancare un nutrimento essenziale alla crescita”.
Ma davvero è così?
Abbiamo chiesto, pertanto, un parere alla Società Italiana di Pediatria, con il nostro quesito girato alla dottoressa Elvira Verduci dell’ Ospedale San Paolo di Milano ed esperta di alimentazione della Società Italiana di Pediatria. La dottoressa Verduci ha, innanzitutto, illustrato i meccanismi dell’allergia alle proteine del latte vaccino o APLV che si “manifesta principalmente nell’infanzia”, con la terapia che prevede la “completa eliminazione delle proteine del latte vaccino dalla dieta dei bambini”. Come sostituire, pertanto, il latte vaccino? “Idealmente, l’alimento sostitutivo dovrebbe essere ipo- o anallergenico, non cross-reattivo con le proteine del latte vaccino, nutrizionalmente adeguato e palatabile” spiega. “Le formule a base di idrolisati estensivi sono raccomandate come prima scelta per il trattamento dell’APLV”.
Negli ultimi anni a lattanti e bambini con APLV sono stati, tuttavia, sempre più somministrati “latti di altre specie mammifere” – capra, pecora, asina – con un calo, tuttavia, dei primi due: “L’entusiasmo nei confronti di questi alimenti, inizialmente legato prevalentemente al basso costo ed alla palatabilità, certamente migliore di quella degli idrolisati spinti, è progressivamente scemato con la dimostrazione, per alcuni di essi, in particolare il latte di capra e di pecora, di una elevata cross-reattività con le proteine del latte vaccino”. Il latte di capra, inoltre, presentava (e presenta) alcuni nèi: “Da un punto di vista strettamente nutrizionale” spiega, infatti, la dottoressa Verduci “il latte di capra è carente di alcuni fattori essenziali, quali acido folico, vitamine B6 e B12 e ferro; infine, il suo elevato contenuto proteico e di sali minerali, in particolare calcio, fosforo, sodio e potassio, comporta un eccessivo carico di soluti per il rene del lattante”.
Conosciamo, invece, più da vicino il latte di asina – consigliato a molte mamme proprio perché ricorda il latte materno – partendo dal suo valore proteico rapportato al primo anno di vita del bambino: “Il latte di asina” così, la dottoressa Verduci “la cui composizione può variare sensibilmente tra razze differenti, è verosimilmente più simile al latte umano rispetto al latte vaccino e di capra. In particolare, il contenuto proteico del latte di asina è di poco superiore a quello presente nel latte materno, collocandosi ad un livello nettamente inferiore rispetto a quello del latte di mucca, il cui contenuto proteico è eccessivo per il bambino nel primo anno di vita”.
Se il latte di asina ha un “elevato contenuto di lattosio, sovrapponibile a quello del latte umano, che ne rende accettabile il sapore”, non è, tuttavia, adatto sotto il profilo nutrizionale “poiché” spiega ancora la dottoressa Verduci “lo scarso contenuto lipidico ne determina il basso valore energetico rispetto al latte umano e di altri mammiferi e ciò non consente di utilizzare questo alimento, così come si presenta in natura, come alternativa alle formule anche idrolisate spinte, derivate dal latte vaccino. Inoltre il latte di asina è molto carente in ferro, nutriente importante nelle prime epoche di vita”.
Abbiamo parlato di:
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