L’Italia e l’acqua in bottiglia, tutti i costi per ambiente e portafogli
L’acqua nelle bottiglie di plastica è inquinante. In più ci sono dubbi sugli effetti dei possibili microframmenti di Pet delle confezioni che ingeriamo insieme all’acqua, tanto che qualche giorno fa l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ricerche più approfondite in merito. Eppure, il 67% degli italiani compra acqua imbottigliata ritenendola più sicura rispetto a quella del rubinetto. Il dato emerge dalla ricerca 'L'acqua nelle abitudini degli italiani' condotta da LifeGate in collaborazione con l’istituto di ricerca Eumetra Mr e commissionata da Culligan, azienda leader nei sistemi di trattamento dell’acqua.
Nello specifico, fra le mura domestiche il 67% del campione, residente soprattutto al sud o nelle isole, consuma acqua minerale in bottiglie di plastica e più della metà (persone tra i 18 e i 34 anni), lo fa abitualmente. Il motivo? Il 47% la ritiene più sicura, ma è solo una percezione personale perché i più non conoscono i dati delle analisi dell’acqua pubblica della propria città di residenza. Per il 20% è invece una questione di comodità, mentre solo il 16% la compra perché ne preferisce il gusto.
Un'abitudine che comporta impatti economici e ambientali. L'utilizzo di acqua minerale imbottigliata determina un costo annuo a famiglia che varia da 300 a 700 euro. Ma a farne le spese più grandi è l’ambiente e di conseguenza la nostra salute. Nel Belpaese, stando ai dati elaborati da Legambiente, tra il 90 e il 95% dell'imbottigliamento è in contenitori di plastica, il che vuol dire che vengono utilizzate tra i 7 e gli 8 miliardi di bottiglie di plastica all’anno. L’80% di queste confezioni è poi trasportata su gomma e un solo un autotreno immette nell’ambiente fino a 1300 kg di anidride carbonica ogni 1000 km.
Infine, non tutta la plastica finisce nella catena del riciclo, considerando che oltre l’80% dei rifiuti rinvenuti sulle spiagge italiane negli ultimi 4 anni sono oggetti plastici, di cui bottiglie e tappi ne rappresentano il 18%, a cui bisogna aggiungere la percentuale di rifiuti finiti sui fondali. Non a caso le stime parlano chiaro: nel 2050, nei nostri mari, ci sarà più plastica che pesci.
Un altro dato significativo che emerge dalla ricerca è che vi è una netta spaccatura tra chi è consapevole di quanto sia importante l'argomento 'acqua' (il 53% del campione) e chi, al contrario, non ha alcun interesse. Fra gli informati, il 38% si dichiara moderatamente attento, mentre solo il 15% è super attento; quest'ultimi sono soprattutto laureati di 35-44 anni, provenienti dal nord-est del Paese.
Tuttavia una speranza c’è: il 68% degli italiani è disposto a consumare 'l'acqua del sindaco', a condizione di ricevere maggiori garanzie sulla qualità. Non a caso oggi chi consuma acqua del rubinetto depurata (27% del campione) lo fa proprio per una scelta dovuta a sicurezza (40%), benefici salutistici (16%) o minore impatto sull'ambiente (10%).
Bisogna dunque investire in una maggiore educazione e informazione sul consumo d'acqua potabile pubblica, magari spiegando che quella del rubinetto è sottoposta a controlli molto severi, che la rendono buona e sicura.
Ben venga la recente iniziativa della Commissione europea di revisionare la direttiva 98/83/CE sulle acque potabili, con l'obiettivo di incentivarne l'utilizzo in quei paesi, fra cui l'Italia, dove si consuma in maggior misura acqua in bottiglia.Circa un italiano su due (49,3%), soprattutto persone tra i 18 e i 34 anni, ritiene che l'eventuale miglioramento della norma possa determinare un cambio di abitudini e favorire il consumo “dell'acqua del sindaco”.