L'Italia contro gli OGM, ma anche no. Il giallo del mais Monsanto and co

di Stefania Elena Carnemolla

Il mais si tinge di giallo, che non è il giallo pannocchia, ma il giallo che dal 27 gennaio scorso circonda la storia del voto italiano a favore di tre varietà di mais Ogm, geneticamente, cioè, modificati: il BT11 della Syngenta, il 1507 della DuPont Pioneer e il MON810 della Monsanto. La Commissione Europea aveva, in poche parole, chiesto di autorizzare la coltivazione dei primi e rinnovare l’autorizzazione per la coltivazione di quello della Monsanto, colosso americano dell’agrochimica oggi della galassia tedesca Bayer. Una richiesta arenatasi in sede PAFF, la commissione permanente su piante, animali, cibo e alimentazione degli esperti degli Stati membri, con l’Italia che ha votato a favore di tutti e tre, smentendo, pertanto, politiche domestiche.

Il 23 gennaio 2015 il Ministero delle Politiche Agricole aveva, infatti, comunicato – qui il link – di aver confermato con il decreto Lorenzin, Martina e Galletti il divieto di coltivazione del MON810 dopo aver recepito la direttiva comunitaria che autorizzava gli Stati membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale. Il 1° ottobre 2015 il Ministero quindi informava – qui il link – di aver notificato all’Unione Europea la richiesta, presa in sede collegiale, di esclusione dal territorio italiano della coltivazione degli Ogm autorizzati a livello europeo. Se la Commissione Europea guidata da Jean-Claude Juncker è per gli Ogm, il Parlamento Europeo sostanzialmente contro, non si comprende perchè l’Italia abbia ora sostenuto politiche bocciate nel 2015. 

Alla notizia che l’Italia aveva votato in sede comunitaria a favore del mais Ogm, non sono mancate le prevedibili reazioni contro il “voltafaccia” di Roma, accusata di fare il gioco dei “padroni della chimica e della genetica”. “Il voto italiano a favore della coltivazione dei tre mais Ogm, oltre a dare la zappa sui piedi all’agricoltura europea, è pura ipocrisia, dato che in Italia queste colture sono già vietate. Come spiega il ministro Martina questo autogol?” così, ad esempio, Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia. “Gli europei, con gli italiani in testa, chiedono agricoltura sostenibile, e non quella intensiva e dannosa per l’ambiente promossa dalle multinazionali dell’agrochimica”.

Anche Slow food con il suo presidente, Gaetano Pascale, ha condannato il voto italiano: “L’agricoltura transgenica rappresenta l’ultimo rantolo di un sistema agricolo, economico e politico che sta costantemente privando i contadini dei loro mezzi di produzione, concentrandosi invece sul concedere un sempre maggiore controllo del cibo nelle mani delle multinazionali. Con gli Ogm si spinge l’agricoltura verso un’industrializzazione forzata, dove le colture perdono i loro legami storici, culturali e gastronomici con la terra e le persone che la abitano, determinando crescenti minacce alla sopravvivenza delle varietà locali e delle stesse comunità rurali”.

E qua la cosa si fa interessante perchè dopo le reazioni sul voto italiano, s’è registrata una presa di distanza del Ministero dell’Ambiente e di quello delle Politiche Agricole. Slow Food, ad esempio, rivela di aver ricevuto subito dopo una “breve dichiarazione” del Ministero delle Politiche Agricole con cui il Ministero confermava “il suo approccio rispetto alla coltivazione di Ogm in campo dando come indicazione di voto l’astensione, che equivale da sempre alla contrarietà nel comitato competente Ue dove votano i Ministeri della salute europei”.

Un corto circuito istituzionale.

Perchè il Ministero della Salute ha schierato l’Italia nuovamente a fianco degli Ogm, sostenendo in sede comunitaria ciò che aveva vietato in Italia?

 

Abbiamo parlato di:

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PAFF Scheda

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