Iperfagia condizionata: l'incapacità di dire di no davanti al cibo

Iperfagia condizionata lincapacità di dire di no davanti al cibo

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Si avvicina il Natale, periodo di riflessioni religiose, feste, scambio di doni e cene con i familiari. A proposito di cibo, negli ultimi decenni si è trasformato il modo di rapportarsi all’alimentazione. Lo stile alimentare di molti adulti e bambini ha iniziato a connotarsi di sregolatezza e mancanza di buoni principi nutrizionali. Kessler (2010) parla addirittura di “iperfagia condizionata” che sta ad indicare un impulso a mangiare senza che vi sia un reale bisogno a livello organico.

Ci sono alcuni elementi che caratterizzano l’iperfagia condizionata. Prima di tutto chi soffre di questo disturbo può reperire il cibo con molta facilità, condizione che già predispone ad un maggior consumo; in secondo luogo il cibo diventa fonte di “pregiudizio attenzionale”, cioè la persona, avendo l’alimento a vista, non riesce a resistere alla tentazione di mangiarlo; in terzo luogo ci sono alcuni alimenti che vengono percepiti come iperappetibili, grazie anche al marketing pubblicitario; infine si possono instaurare alterazioni nei circuiti neuronali che causano la maggiore assunzione di cibo attraverso un processo simile a quello della tossicodipendenza (Pellai, 2011).

La possibilità di reperire cibo praticamente sempre sia a casa che fuori ha fatto sì che oggi possa spesso venire meno la capacità di autoregolarsi su quanto e cosa mangiare. Sono tantissime le persone che non smettono di mangiare se vedono ancora cibo nel piatto. Qual è il meccanismo sottostante? Stimoli che producono motivazione e ricompensa (fisiologici quali il sesso, cibo, acqua, o artificiali come le sostanze stupefacenti), stimolano il rilascio di dopamina. La dopamina è un neurotrasmettitore che condiziona l’aspetto motivazionale che sta dietro il bisogno fisiologico di cibo e la voglia di mangiare indipendentemente dalla fame e dalla necessità.

Il cibo attira su di sé l’attenzione e il desiderio del soggetto, parallelamente il cervello aumenterà il rilascio di dopamina che spingerà la persona a mangiare l’alimento ormai diventato irresistibile. In pratica, la persona ingerisce cibo senza che ne abbia davvero bisogno, a causa di una necessità creata dall’ambiente circostante. Solo il fatto di vedere un alimento attiva il desiderio di consumarlo finché non lo si è fatto davvero. Per alcune persone il vedere a tavola qualcosa che è avanzato è fonte di disagio e tensione, fino a che il cibo non è consumato completamente (Pellai, 2011).

D’altra parte questo meccanismo scatta facilmente anche perché c’è una grande e continua disponibilità di cibo a poco prezzo nei bar e nei fast-food. Gli stimoli ambientali sono cambiati. L’opportunità di mangiare è continua, ma quando viene offerto del cibo, non si è obbligati a mangiarlo oppure quando si sceglie da un menù non si devono necessariamente ordinare tutte le portate (Kessler, 2010).

Il desiderio di consumare un cibo che si vede è più forte se lo si è già mangiato in passato perché si sa che piace e che è gratificante. Zucchero, grassi e sale rendono un cibo appetibile e fanno venire voglia di mangiare ancora. Questi ingredienti infatti stimolano i neuroni che attivano il senso di ricompensa a livello cerebrale e rilasciano dopamina che motiva il nostro comportamento e spinge a mangiare di più. Molte persone parlano di “momento di estasi” derivante dal gusto dello zucchero, del sale e dei grassi (Kessler, 2010).

Un cibo è quindi tanto più appetibile tanto più permane il desiderio di mangiarne ancora. Quindi oltre al sale, allo zucchero e ai grassi, ciò dipende anche da caratteristiche sensoriali come la densità, il profumo e la consistenza croccante di un prodotto. L’attenzione sarà catturata con più efficacia da cibi che appaiono gratificanti e appetibili. Quindi, oltre al ricordo del piacere nel gustare un determinato cibo, ha grande importanza anche l’aspetto estetico con cui un prodotto viene presentato. Quando un alimento contiene elementi che gli danno un certo tipo di consistenza, profumo, sapidità e forma, genera un desiderio a livello cerebrale per mangiarlo. In questo modo si dà l’avvio ad una coazione a ripetere, in quanto la persona tende a cercare proprio quel tipo di cibo, continuando a mangiare anche se non ha più fame  (Pellai, 2011).

L’aspetto forse più importante è che le persone che cercano gratificazioni nel cibo, lo considerano una vera e propria fonte di piacere, tanto da sostituirlo ad esperienze emotive e relazionali fondamentali nella vita. Per questo motivo è necessario insegnare ai bambini come e cosa mangiare, non fornendo loro alimenti iperappetibili, ma piuttosto nutrienti e sani. Il cibo non deve diventare un sostituto di altre gratificazioni mancate, ma piuttosto una fonte di sostentamento per il fisico che può avere anche risvolti piacevoli, nella ricercatezza della cucina e dei prodotti di qualità.

13/12/2011
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