Eco-ansia e stress da cambiamento climatico: gli allarmi sul riscaldamento globale fanno male alla salute mentale
Gli esperti di Mindwork spiegano come fenomeni atmosferici avversi, disastri o catastrofi naturali possono portare a importanti ricadute psicofisiche
Il mondo intorno a noi sta cambiando. Incendi improvvisi, siccità diffusa, ondate di calore e scioglimento dei ghiacciai sono soltanto alcuni dei fenomeni avversi che si diffondono sempre più frequentemente in ormai ogni punto della Terra. Minimo comune denominatore: il cambiamento climatico.
Il cambiamento climatico rappresenta infatti una realtà e una minaccia per il futuro del nostro pianeta. Il suo impatto, reale e previsto, è evidente non solo sul piano economico e sociale ma anche su quello sanitario.
Climate change e benessere psicologico
Secondo uno studio del 2020 pubblicato su Nature & Energy, non si esclude per esempio che possano essere proprio i rischi climatici a causare una recessione economica a livello globale. Più nel dettaglio, in un’analisi sullo stress termico eseguita dal The Lancet Countdown, si rendeva noto come le ondate di calore del 2018 abbiano causato quasi 300mila morti e fatto perdere circa 300 miliardi di ore di potenziale capacità lavorativa. Solo in Europa, il loro costo monetario è pari all’1,2% del reddito nazionale lordo del continente.
E se i costi economici del cambiamento climatico appaiono così preoccupanti, quelli legati alla salute – fisica e mentale – delle persone, lo sono forse ancora di più.
Nelle aree più a rischio e coinvolte da vicino, fenomeni atmosferici avversi, disastri o catastrofi naturali possono portare a ricadute psicofisiche come ansia, depressione e disturbo post traumatico da stress (PTSD). Non si escludono inoltre effetti a livello sociale e collettivo. Il cambiamento climatico può incidere sulla salute dell’intera comunità attraverso l’insorgenza di tensioni, differenze intergruppo, ostilità e ridotta coesione sociale. Fattori, questi, che a lungo termine possono alimentare stress, disorientamento e diminuzione del benessere generale.
Vivere in territori direttamente esposti a fenomeni climatici estremi non è però l’unica condizione necessaria per sperimentare malessere psicologico. Sempre più persone, infatti, avvertono il peso psicologico del climate change, indipendentemente dal luogo in cui vivono.
Secondo un recente rapporto dell’American Psychological Association (APA), tre quarti degli americani riferiscono di sentirsi preoccupati per i cambiamenti climatici. Inoltre, circa il 25% afferma di esserne “allarmato”. Percentuali raddoppiate rispetto alle stime del 2017.
In generale, la preoccupazione per il cambiamento climatico, unita alle incertezze sul futuro, può portare a paura, rabbia, sentimenti di impotenza, stress e tristezza. Tutto ciò contribuisce a generare la cosiddetta eco-ansia o ansia climatica.
Eco-ansia: che cos’è?
Nella letteratura scientifica, l’eco-ansia è stata definita come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare” (Albrecht, 2019). Una paura cronica della rovina ambientale secondo l’APA (Clayton et al. 2017).
Non si tratta di una malattia o di un disturbo d’ansia vero e proprio, quanto piuttosto di una reazione alla gravità della crisi ecologica, una preoccupazione crescente che può portare a malessere e disturbi psicologici.
In effetti, tale fenomeno può manifestarsi attraverso esperienze di dolore e sconforto, attacchi di panico improvvisi e ridotta percezione della qualità della vita.
A sperimentarne gli effetti negativi sono soprattutto le persone giovani e coloro che hanno un alto grado di consapevolezza sulle avversità ambientali. Un sondaggio australiano, mostra per esempio che quattro studenti su cinque si sentono “alquanto o molto ansiosi” per il cambiamento climatico. La metà degli studenti e delle studentesse, inoltre, percepisce queste emozioni su base settimanale.
Solastalgia: l’altra faccia della medaglia
E se l’eco-ansia è una paura anticipatoria per il futuro, la solastalgia è un fenomeno strettamente connesso al presente.
A coniare questo termine è stato il filosofo australiano Glenn Albrecht, intendendo uno stato di angoscia, malinconia, e malessere che ci invade quando l’ambiente circostante è stato violato, distrutto, abbandonato. Con il tempo, il termine ha assunto un significato più ampio, indicando anche l’insieme degli effetti psicologici che si verificano in una popolazione autoctona a seguito di cambiamenti distruttivi nel proprio territorio, sia a causa del clima che delle attività umane.
Mutamenti nell’ambiente locale possono infatti causare dolore emotivo e disorientamento, provocare ansia, depressione, alterazioni del sonno e sensazione di “non essere al posto giusto“. Tutto ciò può riflettersi negativamente sulla sfera personale, relazionale e professionale traducendosi in calo del coinvolgimento, dell’interesse e della performance.
Il nostro contributo giorno dopo giorno
Dinanzi a tali fenomeni, è necessario intervenire sia a livello individuale, che sociale e comunitario. È chiaro, infatti, che il momento di affrontare il cambiamento climatico e le sue conseguenze è arrivato. In tal senso, la messa in atto di comportamenti pro-ambientali a partire da piccole azioni responsabili, consapevoli e a tutela dell’ambiente è essenziale. Accanto a ciò, percorsi di supporto psicologico e psicoterapia costituiscono strumenti utili per supportare ogni persona nella gestione delle proprie emozioni, intervenire sui fattori di stress cronici e rafforzare le proprie strategie di coping.
D’altronde, il benessere - personale e ambientale - passa necessariamente anche da qui.
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