Il suicidio rappresenta una delle più drammatiche espressioni del disagio sociale
La crisi economica ha creato una serie di situazioni insostenibili per molte persone che hanno deciso di togliersi la vita non riuscendo a trovare altre vie d’uscita. Sono 32 gli imprenditori che si sono suicidati in Italia dall'inizio del 2012, per cause legate anche alla crisi economica. È quanto rileva la Cgia di Mestre. La regione più colpita da questo dramma, sottolinea la Cgia, è il Veneto, con 10 vittime. La crisi economica, comunque, fa strage anche tra i lavoratori. In due anni c'è stata una vera e propria escalation di suicidi dovuti a difficoltà economiche, a licenziamenti o a situazioni legate all'impossibilità di trovare lavoro (La Repubblica, 3 maggio 2012).
Il suicidio è una drammatica espressione di disagio sociale, tanto da essere la prima causa di morte prematura. Per questo motivo negli ultimi anni, il tema del suicidio sta ricevendo un’attenzione costantemente crescente in tutto il mondo, con molte nazioni impegnate a sviluppare programmi di prevenzione al fine di ridurre quest’epidemia globale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima circa 1 milione di morti per suicidio annue e lo riporta tra le 20 principali cause globali di morte (WHO, 2012). I tassi di suicidio variano considerevolmente da nazione a nazione e, probabilmente, non tutte le morti vengono registrate e riportate in maniera omogenea e veritiera (in Cina, ad esempio, si ritiene che il numero di suicidi sia sottostimato per questioni economiche). In Europa, attualmente si riscontrano percentuali maggiori nei paesi del nord-est rispetto a quelli del sud (La Stampa, 10 maggio 2012).
È importante tenere in considerazione che il comportamento suicida non è mai la conseguenza di una singola causa o di un singolo fattore di stress, ma di numerosi fattori biologici, psicologici e sociali che interagiscono. I disturbi psicologici (depressione, disturbi dell’umore, dipendenza da sostanze, schizofrenia, ecc.) sono indubbiamente fattori di alto rischio per il suicidio. Le persone depresse a rischio di suicidio evidenziano alti livelli di disperazione e senso di inutilità, pensiero suicidario continuo e precedenti tentativi di togliersi la vita. Laddove vi sia la combinazione con abuso di alcol, la probabilità che il suicidio vada a buon fine al primo tentativo è molto più alta.
Riguardo alle persone che soffrono di disturbi dell’umore, può accadere che una piccola percentuale di questi pazienti tenti di uccidersi. In questo caso i fattori di rischio riguardano: comportamenti autolesivi, storia familiare di suicidio, depressione, repentini cambiamenti del tono dell’umore, abuso di alcool o droghe. Fattori precipitanti, soprattutto in persone che abusano di alcol, sono sintomi depressivi marcati ed eventi di vita stressanti, in particolare la rottura di legami affettivi. Ma cosa accade nella mente della persona che vuole togliersi la vita?
Prima di tutto la maggior parte delle persone non decide di suicidarsi in maniera improvvisa, eccetto i casi di persone con gravi disturbi psichiatrici. In generale, ci vuole tempo e con la mente la persona esamina tutte le possibilità per riuscire a risolvere un problema che gli rende la vita impossibile. Ad un tratto può balenare nella testa l’idea del suicidio, che quasi immediatamente la persona rifiuta cercando altre vie d’uscita.
Se purtroppo per il soggetto non esistono altre soluzioni allora ecco che si ripresenta l’opzione suicidio. La mente prova a rifiutarla ancora. La persona si sente come in un tunnel con due sole soluzioni: una opzione che risolve tutti i problemi come per magia oppure il suicidio. In questo senso l’idea di togliersi la vita non rispecchia tanto il desiderio di morire, quanto piuttosto la voglia di porre fine ad un dolore insopportabile e ad un senso di impotenza e di incapacità di intervenire positivamente nei confronti della propria vita. Via via il suicidio si concretizza e prende forma come l’unica opzione possibile. A questo punto la mente inizia ad immaginarlo e a pianificarlo.
Le motivazioni che spingono qualcuno a suicidarsi, come la depressione e un senso di malessere generale, possono rendere la persona arida, senza speranza, passiva, incapace di soffrire e di reagire di fronte alle difficoltà della vita. Altri motivi comprendono un trauma, una situazione disperata, una grave delusione. In questo caso non è importante l’evento scatenante, ma il significato che questo ha per l’individuo. La vita per lui è diventata insostenibile. Il bilancio della propria esistenza è negativo e l’individuo pensa che i suoi cari starebbero meglio senza di lui che ha causato loro solo sofferenze. C’è poi chi si suicida pensando così di “vendicarsi” dell’indifferenza delle persone a lui vicine che in questo modo si accorgerebbero di lui, anche se troppo tardi.
La persona che si uccide vuole recidere qualsiasi legame con il mondo, ma allo stesso tempo è inevitabile che lasci un messaggio. Quasi sempre chi si suicida comunica una rivendicazione, un’accusa verso chi poteva intervenire e non ha voluto o non ha potuto fare nulla perché questa tragedia si verificasse. In realtà, chi si toglie la vita lascia anche un altro messaggio. Il suicidio non è la soluzione ai problemi. Proprio quando tutto appare insopportabile, bisogna uscire da quella visione univoca e restrittiva che non lascia intravedere vie d’uscita, ma chiedere aiuto. Anche solo questo tentativo avrà aperto uno squarcio nel buio della solitudine e avrà permesso di fare entrare quella luce che illuminerà la strada verso nuove soluzioni.