Il segreto del profumo e sapore del pane? Non sta nel tipo di grano

Il segreto del profumo e sapore del pane Non sta nel tipo di grano
di Stefania Elena Carnemolla

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Il pane di grani antichi ha un sapore e odore migliori del pane di grani moderni? Cosa differenzia, in generale, il pane?

Una ricerca italiana ha provato a dare una risposta, studiando l’interazione delle variabili di panificazione sui tratti chimici, reologici e sensoriali del prodotto finale. Lo studio, condotto da ricercatori del CREA, il consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, è stato pubblicato su Scientific Reports di Nature.

I ricercatori hanno, cioè, dimostrato che a svolgere un ruolo centrale, rispetto alle cultivar, lieviti e tipo di cottura, è la macinazione. Per giungere a questo risultato hanno, come si diceva, studiato l’interazione fra i quattro fattori fondamentali della panificazione – genotipo di frumento (antico/moderno), tecnica di macinazione (pietra/cilindri), agente lievitante (lievito di birra/pasta madre), tipo di cottura (gas/legna) – e le proprietà chimiche, fisiche e organolettiche del pane, “precisandone” il ruolo nel determinare odore e sapore.

Con un “esperimento ad hoc” hanno utilizzato due varietà di grano duro: una antica, con taglia alta e indice di glutine molto basso e una moderna con taglia bassa e alto indice di glutine. La granella è stata, quindi, macinata con due diverse tecniche, lievitata con due diversi agenti e cotta in due diversi tipi di forno, per un totale di sedici tipologie differenti di pani.

Insieme alla valutazione sensoriale, dei pani sono stati analizzati odore, contenuto proteico, indice di glutine, ceneri, fibre solubili e insolubili, colore, sapore, consistenza della mollica e alveolatura, la dimensione, cioè, e la quantità di alveoli, buchi, della mollica. Con questi risultati: che ad influenzare il prodotto finale in “maniera decisiva” è la macinazione, a pietra piuttosto che a cilindri; che il genotipo, grano antico o grano moderno, contrariamente all’opinione diffusa, ha un ruolo “apprezzabile” solo nel determinare aspetto e consistenza di crosta e mollica; che l’agente lievitante influisce su alveolatura e odore; che la cottura, a legna o a gas, non ha alcun ruolo rilevante sulla percezione sensoriale.

“Questi dati” spiegano i ricercatori “minano fortemente la convinzione di un prodotto migliore che viene frequentemente attribuito ai vecchi genotipi rispetto alle cultivar moderne e indicano che i processi di macinazione e di panificazione determinano la qualità del prodotto finale”. Oltre ad avere ricadute sull’industria della trasformazione – panifici, pastifici, industria dolciaria – per lo sviluppo di prodotti con “caratteristiche sensoriali ben precise”, lo studio, spiega il CREA, può aiutare il consumatore a compiere “scelte più consapevoli e, magari anche economicamente più convenienti, sottraendosi all’influenza di mode alimentari spesso dettate da disinformazione”.

 

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23/11/2017
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