Il Parco più Bello: i vincitori 2017 del concorso dedicato ai gioielli verdi d'Italia
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La prestigiosa Giuria del concorso Il Parco più Bello, organizzato dall’omonimo network, ha scelto: sono Villa Durazzo Pallavicini di Genova Pegli e La Foce di Chianciano Terme i due gioielli verdi più belli d’Italia, con il Compendio Garibaldino, il Giardino Portoghesi, Villa Cimbrone, Villa Imperiale, la Reggia di Colorno, Villa Arconati, il Giardino Pubblico Vittorio Emanuele di Caltagirone, l’Oasi Zegna, tra i dieci finalisti dell’edizione 2017 del tradizionale concorso dedicato a parchi e giardini italiani pubblici e privati.
Come ogni anno la selezione ha tenuto conto di interesse botanico e storico-artistico, stato di conservazione, gestione e manutenzione, accessibilità e servizi, relazioni con il pubblico e promozione turistica.
Scenografia della premiazione, il 7 luglio, Villa Durazzo Pallavacini, che si è aggiudicata il premio della categoria Parchi Pubblici. Parco assai originale è, infatti, quello ottocentesco della villa ligure, progettato dall’architetto, scenografo e pittore Michele Anzio per volere del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini. L’itinerario fu concepito come un racconto teatrale a “sfumature esoterico-massoniche”, con il parco in più scenografie: il Viale Classico, la Coffee House, l’Arco di Trionfo, la Casa dell’Eremita, le Grotte, il Lago Grande con la Pagoda Cinese, il Tempio di Diana, il Ponte Romano, i Giardini di Flora e il Gazebo delle Rose. Nel parco vivono esemplari vegetali di “grande pregio botanico-paesaggistico” come una “monumentale canfora”, un cedro del Libano, palme esotiche, un’araucaria e un sughero secolari, la rosa banksiae e il lauroceraso. C’è anche una collezione di antiche camelie, alcune anche ultracentenarie.
Queste le motivazioni della Giuria: “Il parco della villa Pallavicini a Pegli che il marchese Ignazio fece realizzare da Michele Canzio costituisce una delle più alte espressioni di giardino romantico ottocentesco, con un preciso impianto scenico studiato come un’opera teatrale ripartita in atti, con un prologo e un epilogo. Recentemente tornato all’aspetto originario grazie all’impegno del Comune di Genova attraverso un imponente e attento restauro che ha portato alla ricomposizione delle scene vegetali e alla ricostruzione dei percorsi (nell’ambito di un programma che ha coinvolto anche altri parchi urbani) si segnala per l’attenta e competente gestione affidata in concessione ad un raggruppamento temporaneo di imprese comprendente al suo interno professionalità di alto livello – che prevede la manutenzione ordinaria e il progressivo completamento del restauro e della valorizzazione del patrimonio esistente e, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, il recupero di architetture e arredi che non sono stati ancora oggetto di restauro”.
La Foce si è, invece, aggiudicata il premio per la categoria Parchi Privati. La villa, nel Quattrocento ostello per mercanti e pellegrini, sorge sulle colline che dominano la Val d’Orcia, lungo la Via Francigena. Nel 1924 fu trasformata da Iris Origo, con il marito, il marchese Antonio, in una fattoria, con l’architetto paesaggista inglese Cecil Pinsent incaricato di creare un giardino all’italiana diviso in stanze da siepi di bosso. Dalla casa il giardino oggi “si stende” verso la valle e il Monte Amiata – una natura fatta di pendii terrazzati, ciliegi, pini, cipressi, ginestra selvatica, timo, rosmarino – mentre un sentiero di travertino sotto un pergolato di glicine porta verso il bosco, collegando il giardino con il cimitero di famiglia. Nella proprietà della villa tempo fa fu scoperta una necropoli etrusca, mentre la Val d’Orcia, patrimonio Unesco, è a pochi chilometri da “gioielli urbanistici” medievali e rinascimentali come Pienza, Montepulciano, Monticchiello, Montalcino: terra di vini, come il Vino Nobile e il Brunello e di caci, come quelli di Pienza.
Un gioiello verde che la Giuria ha voluto premiare con queste motivazioni: “Il giardino di villa La Foce costituisce un interessante esempio di giardino d’autore del Novecento, realizzato da Cecil Pinsent negli anni Venti-Trenta ispirandosi all’ideale umanistico dei giardini rinascimentali, con un’organizzazione dello spazio in terrazze e camere verdi scenograficamente collegate da scalinate e paesaggi. Il giardino, esempio eccezionale di armonia e di bellezza, instaura una relazione unica con il paesaggio circostante costituito dallo splendido scenario della Val d’Orcia e racconta la storia della famiglia Origo – che ne ha curato nel tempo in modo esemplare la manutenzione – e in particolare di una donna, Iris, scrittrice di madre irlandese e padre americano”.
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