'Il cervello in decomposizione' e la crisi delle relazioni: come recuperare empatia e intimità

Brain rot è la parola dell'anno e fotografa la società: stress, ansia, riduzione della concentrazione e disconnessione. I rimedi dello psicologo

Il cervello in decomposizione e la crisi delle relazioni come recuperare empatia e intimità

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Il termine brain rot, che si traduce in “cervello in decomposizione”, è usato per descrivere uno stato di affaticamento mentale e di difficoltà psicologica causato da un eccesso di stimoli digitali. Non è solo una sensazione di vuoto mentale, ma un fenomeno che riflette una profonda crisi nelle modalità con cui interagiamo con il mondo e con gli altri.

Brain rot è la parola dell'anno

Il fenomeno è talmente diffuso e preoccupante da spingere il prestigioso prestigioso Oxford Dictionry a eleggere il neologismo “brain rot” parola dell’anno 2024. Il consumo scriteriato e compulsivo di contenuti digitali è correlato serie, sintomi di brain rot:

  • Riduzione della concentrazione: la mente, abituata a stimoli rapidi, fatica a sostenere attività complesse o prolungate.
  •  Stress e ansia: Il confronto costante sui social e il sovraccarico informativo aumentano il senso di inadeguatezza.
  • Disconnessione sociale: Paradossalmente, essere sempre connessi può farci sentire più isolati. 

Dal punto di vista neurologico, la sovrastimolazione digitale riduce l’efficacia della corteccia prefrontale, responsabile di funzioni come l’attenzione e il controllo cognitivo. Inoltre, il sistema dopaminergico, costantemente attivato, ci rende meno tolleranti verso attività che richiedono impegno e pazienza. Un esempio lampante si trova nelle scene quotidiane, come quella di una famiglia al ristorante a cui ho avuto il dispiacere di assistere di recente.

Padre, madre e figlio al ristorante: cosa succede

Una coppia con un bambino di sei anni entra in un locale, serena e curata per il pranzo della domenica. Ma subito emerge un’abitudine moderna: il bambino viene messo a capotavola con uno smartphone, il padre guarda la Formula 1 su un tablet, e la madre alterna bocconi di cibo e interazioni sul proprio telefono. Per tutto il pasto, la comunicazione diretta è ridotta a pochi scambi di battute, risatine su post trovati online e commenti su messaggi ricevuti. Nessuno cerca lo sguardo dell’altro. Questa scena, sempre più comune, non riguarda solo l’abuso della tecnologia, ma anche il suo impatto sui legami umani. La disposizione scelta al tavolo – una “L” che evita il contatto visivo – sembra rappresentare la nuova normalità: una postura fisica che riflette una distanza emotiva e comunicativa. Per i bambini, in particolare, questa disconnessione rappresenta un rischio gravissimo per lo sviluppo delle capacità empatiche e dell’intelligenza sociale. 

L’effetto del digitale sulle relazioni

Le interazioni visive sono fondamentali per lo sviluppo psicologico. Gli studi sull’attaccamento hanno dimostrato che la scarsità di contatto oculare tra genitori e figli è un fattore di rischio per lo sviluppo emotivo. Il contatto visivo attiva nel cervello le aree legate alla comprensione delle emozioni e alla regolazione sociale, inclusi i neuroni specchio, cruciali per l’empatia. Tuttavia, come mostra l’esempio della famiglia, l’uso degli smartphone interrompe continuamente questi processi, creando un isolamento comunicativo anche in situazioni di vicinanza fisica. I genitori, impegnati con i loro dispositivi, trasmettono ai figli un modello relazionale segnato dall’assenza. Il bambino, immerso nello smartphone, cresce con una ridotta capacità di esprimere e comprendere le emozioni, sviluppando una competenza emotiva fragile.

Le conseguenze psicologiche e sociali

Nella pratica clinica, questa “crisi dello sguardo” emerge in modo evidente. I giovani pazienti, cresciuti nell’era digitale, mostrano difficoltà nel riconoscere e verbalizzare le proprie emozioni, così come nel costruire legami affettivi stabili. Molti arrivano in terapia con il cellulare in mano, usandolo come unico mezzo per raccontare o comprendere le proprie esperienze emotive. Il risultato è un contesto relazionale frammentato e superficiale, dove i social media e le app di messaggistica diventano il principale canale di interazione. Questo ambiente, tuttavia, non offre una vera connessione: emoticon e messaggi preconfezionati sostituiscono la comunicazione autentica, alimentando malessere e alienazione.

Il brain rot come specchio della società

Il fenomeno del brain rot va oltre il deterioramento cognitivo causato dal consumo digitale passivo. È un riflesso della crisi globale delle relazioni umane, in cui la tecnologia, se mal gestita, riduce la capacità di empatia e intimità. La superficialità con cui permettiamo alla tecnologia di invadere le nostre vite sta compromettendo il tessuto sociale, privandoci delle fondamenta necessarie per costruire una società sana. Come possiamo invertire la rotta? La risposta sta nel recuperare il valore del contatto diretto. Tornare a guardarci negli occhi, a dialogare senza distrazioni, e a vivere momenti di connessione autentica non è solo un atto individuale, ma una responsabilità collettiva verso il futuro delle relazioni umane.

13/12/2024
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