Sfruttamento del suolo per la produzione di carne: a rischio la seconda foresta del Sud America
Non è solo l'Amazzonia ad essere minacciata, anche il Gran Chaco, tra Argentina, Paraguay e Bolivia. è sotto attacco a causa della deforestazione per favorire gli allevamenti. La denuncia di Greenpeace
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Spesso si parla dei pericoli che corre la foresta amazzonica, ma quel 'polmone verde' del pianeta non è l'unico a rischio. Alcune grandi aziende argentine che lavorano ed esportano carne sono 'legate alla deforestazione del Gran Chaco, la seconda più grande foresta tropicale dell'America Latina dopo l'Amazzonia' fra Argentina, Paraguay e Bolivia. Lo denuncia Greenpeace, che pubblica oggi il rapporto 'Foreste al macello', frutto di un'indagine durata oltre un anno.
Il Gran Chaco
'Nel Gran Chaco si registra uno dei più alti tassi di deforestazione nel mondo, principalmente a causa dell'espansione indiscriminata delle piantagioni di soia geneticamente modificata e degli allevamenti' dichiara Martina Borghi della campagna foreste di Greenpeace Italia. 'Questo problema - prosegue - è particolarmente evidente in Argentina, importante produttore, consumatore ed esportatore di carne bovina e attualmente sesto Paese al mondo sia per numero di capi di bestiame che per produzione ed esportazione di carne'.
Giaguaro in via d'estinzione
Secondo i dati del ministero dell'Ambiente argentino, nel Paese, tra il 1990 e il 2014, sono stati distrutti 7.226.000 ettari di foreste, una superficie equivalente a Olanda e Belgio messi insieme. 'Il giaguaro, un animale emblematico che un tempo popolava vaste aree del Centro e del Sud America, rischia di scomparire. Si stima che nella regione argentina del Gran Chaco ne rimangano meno di venti' afferma Borghi aggiungendo che 'per salvarli, Greenpeace Argentina, rappresentata da un gruppo di avvocati, sta chiedendo alla Corte Suprema del Paese di riconoscere i diritti legali del giaguaro'.
No a deforestazione e violazione dei diritti umani
Alle aziende che esportano e importano carne dall'Argentina 'chiediamo di rendere la propria filiera trasparente e libera dalla deforestazione e dalla violazione dei diritti umani. Anche l'Unione europea dovrà fare la sua parte, con una normativa in grado di garantire che i prodotti che acquistiamo in Europa non abbiano avuto gravi impatti su ambiente e diritti umani in altre parti del Pianeta' conclude Borghi