Emergenze ambientali, servono mezzi e attrezzature. I documenti-denuncia dei Vigili del Fuoco
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Nella narrazione, tipicamente italiana, delle emergenze ambientali c’è un sopra e un sotto. Il sopra è fatto di gloria e onori. Nel sotto c’è, invece, quello che per volontà superiori non si deve dire per non turbare l’opinione pubblica, sperando dimentichi in fretta falle e sbavature, quando prevenzione significa, al contrario, non farsi mai trovare impreparati, una lezione che l’Italia fatica ad assimilare, salvo addossare la colpa a eventi eccezionali, castighi divini o oroscopi bugiardi: “Più di tre quarti della superficie di questo paese sono occupati da montagne e colline (75,8%) con frequenti alluvioni, frane ed incendi, vulcani ancora attivi e spesso forti terremoti: tutti questi eventi non possono essere classificati come eccezionali” denuncia l’USB Vigili del Fuoco. “I ritardi nei soccorsi registrati in questi giorni di reale emergenza sono anche frutto di una mancata diffusione territoriale dei centri di soccorso. È inaccettabile attendere ore ed ore per ricevere il necessario aiuto”.
Il recente sisma in Abruzzo, con le conseguenze aggravate dall’ondata di freddo e gelo – era da settimane che i bollettini meteo annunciavano nevicate, venti gelidi e temperature rigide, dov’era la sorpresa? – ancora una volta riporta, come nel gioco dell’oca, caselle indietro. Un passo avanti, uno indietro, fino alla prossima tragedia. Gli stessi Vigili del Fuoco hanno parlato chiaro: niente medaglie, ma mezzi, attrezzature, contratto di lavoro. “In questi giorni” così un altro comunicato dell’USB Vigili del Fuoco “quattro simultanee emergenzialità hanno colpito il nostro Paese, gli incendi di bosco in Liguria, che hanno richiesto l’invio di squadre dalle regioni limitrofe, le nuove scosse di terremoto del 18 gennaio e l’emergenza neve nell’Italia centrale e poi la slavina che ha travolto e distrutto un albergo a Rigopiano (PE). Tutti i maggiori quotidiani hanno riportato la notizia del salvataggio dei dispersi in prima pagina, con titoli cubitali, il salvataggio delle persone sepolte sotto i resti dell’hotel di Farindola, ha tenuto incollati ai video milioni d’italiani provocando un’onda emotiva paragonabile probabilmente alla vicenda di Vermicino. Per i vigili del fuoco si direbbe ordinaria amministrazione, ricompensabile con le solite medaglie e onorificenze. Tutto il lavoro, i rischi, i patimenti, le privazioni che hanno provato i lavoratori, non si può liquidare con una fredda cerimonia magari fra due anni, con passerella propagandistica per i politici, prefetti e dirigenti di turno. I vigili del fuoco da tempo chiedono altro, vogliono ‘semplicemente’ essere messi in condizione di svolgere il proprio lavoro, per questo servono mezzi moderni, attrezzature sofisticate, formazione e organici adeguati, vestiario e DPI all’altezza delle condizioni in cui si è costretti a operare, un supporto psicologico ma soprattutto una nuova e più consona collocazione istituzionale, il riconoscimento del lavoro usurante, l’assicurazione INAIL e un nuovo contratto con risorse adeguate alle professionalità richieste”.
Il sotto delle emergenze ambientali è pieno di appelli come questo. Un altro esempio? Tipo andare a scavare fra la neve per prestare soccorso abbigliati come se si dovesse scavare fra la sabbia di una spiaggia agostana bagnata da una pioggerellina. La prova è in una nota dell’USB VVF Toscana – Prot. 3/17 del 22 gennaio scorso – su dispositivi di protezione individuale ed equipaggiamento termico, destinatario l’ingegnere Gregorio Agresta, direttore regionale CNVVF Toscana, cui si chiede “rispetto per i lavoratori impegnati nelle zone del Sisma”, dopo aver visto “colleghi scavare nella neve con indosso solo il giaccone antipioggia, niente guanti, niente calze, niente magliette termiche”, mentre tutt’intorno i soccorritori degli altri corpi dello Stato indossavano “materiali termici adatti a quelle temperature”. Che dice esattamente la nota? Dice: ”Egregio Direttore, con la presente questa OS richiede la fornitura di adeguati DPI ed equipaggiamento termico per tutto il personale inviato nelle zone del Sisma Italia Centrale. Sarebbero necessarie forniture di calze termiche, stivali in Goretex, guanti e magliette termiche e quanto altro necessario per affrontare le temperature rigide, viste anche le condizioni precarie della logistica non adeguata al clima. Non è accettabile, nel 2017, vedere ancora lavoratori VF impegnati nelle zone del sisma colpite da eventi atmosferici nevosi con indosso giacconi anti-pioggia, mentre altri Corpi dello Stato (sic) e non con idoneo abbigliamento termico. La invitiamo anche a dare indicazioni ai Dirigenti provinciali affinché l’invio del personale in missione al sisma sia disposto attraverso ordine scritto, Ordine del Giorno o Disposizione, in modo tale che sia noto e assuma la forma di ordine e/o disposizione. Si porgono i saluti di rito”. Firmato Claudio Mariotti del Coordinamento Regionale USB VVF Toscana.
Appelli come questi non sono isolati.
Un’altra nota, degna di attenzione, è quella, Prot. n° 03_17 Sp To del 22 gennaio scorso, a firma Gioacchino Alfino, segretario Torino del Conapo Sindacato Autonomo VVF. La nota, indirizzata al Dr. Ing. Marco Cavriani, comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino, e, per conoscenza, al Dr. Renato Saccone, prefetto di Torino, nonchè al Conapo Piemonte e al Conapo Nazionale, chiede di conoscere la reale situazione del “parco automezzi” e della “dotazione personale specifica”, cosa importante in caso di soccorsi in ambienti ostili. Dice la nota: “Con la presente la scrivente O.S. chiede di conoscere la situazione veicoli del Comando Provinciale VVF di Torino adatti a intervenire in caso [sic] nevicate eccezionali e/o slavine o qualunque situazione di terreno impervio in montagna. Altresì quanti sono i mezzi operativi, quanti in riparazione e cosa è stato fatto per renderli operativi. Ci preme inoltre sapere quanto personale è stato formato per intervenire a tali eventi e la dotazione specifica di ognuno. In attesa di una vostra cortese risposta, porgiamo distinti saluti”.
Cosa si ricava da queste note, esemplificative di un panorama più ampio? Che l’Italia, chiamata a proteggere, ancora oggi è costretta a chiedere per sapere o avere, a conferma che la strada da fare è ancora lunga.