Elogio del fico d'India: pianta antica dalle tante virtù
Le sue pale verdi e spinose ospitano frutti succulenti dai colori accesi: una pianta antichissima, originaria del Messico e venerata dagli Aztechi. Parliamo del fico d’India, nome volgare dell’Opuntia ficus-indica, in Italia diffuso in particolare in Sicilia e Calabria.
Una pianta sorprendente, che la Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, invita a rivalutare – in collaborazione con l’ Icarda, il centro internazionale per la ricerca agricola nelle aree aride, ha, ad esempio, promosso lo studio Crop Ecology, Cultivation and Uses of Cactus Pear -, pensando in particolare alle zone del mondo sempre più colpite da lunghi periodi di siccità, complici i cambiamenti climatici: “La capacità del fico d’India” spiega “di prosperare in climi aridi e secchi lo rende un elemento importante nella sicurezza alimentare. Oltre a fornire cibo, il cactus immagazzina acqua nelle pale, fornendo così un pozzo botanico che può fornire fino a 180 tonnellate di acqua per ettaro, sufficienti a sostenere cinque mucche adulte, un aumento sostanziale rispetto alla produttività tipica del pascolo. In tempi di siccità, il tasso di sopravvivenza del bestiame è stato molto più alto nelle fattorie con piantagioni di cactus”.
Il frutto, ricco in particolare di vitamina C, è un concentrato di benefici: “La polpa” spiega la Fondazione Campagna Amica di Coldiretti “è carnosa e succosa, estremamente ricca di acqua, vitamine, sali minerali, zuccheri e altre sostanze nutritive notevoli. I benefici per il corpo sono molteplici: prevengono il diabete, hanno proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, ma anche diuretiche e dimagranti. Il contenuto di potassio è di aiuto nel controllo della pressione arteriosa e il calcio è di fondamentale importanza per la cura di denti e ossa”.
Il frutto del fico d’India, sgranocchiato, è un ottimo spezzafame, mentre è molto versatile in cucina come ingrediente di confetture, ricorda la Fondazione Campagna Amica, guarnizione di crostate e, a tocchetti, di fresche insalate. E ancora di risotti, rosolati in padella con cipolla a tocchetti, sfumati con vino bianco quindi mantecati con burro e formaggio grattugiato, o accompagnato al filetto di pollo, con la polpa che, “passata in colino” e “aggiunta al pollo in cottura” rappresenta “una gustosa alternativa alla più comune passata di pomodoro”.
Del frutto si può utilizzare anche la buccia, con cui preparare delle frittelle per un “dessert alternativo”, sempre con pastella e zucchero a velo. Commestibili sono anche le pale, ricche di fibre e che, private delle spine, spiega ancora la Fondazione Campagna Amica, possono essere cucinate come i “comuni fagiolini”, condendole, dopo averle lessate, con olio extravergine di oliva, aceto e un pizzico di sale.
Il nettare del frutto, ricco di sostanze preziose, viene utilizzato anche in cosmesi grazie al suo potere idratante, rassodante e tonificante. Aiuta, ad esempio, a disciplinare i capelli crespi e ribelli. Una spa di una struttura alberghiera di Riva del Garda, utilizza, ad esempio, il fico d’India, accanto all’olio di carota, in un rituale di origine orientale, con il primo che, applicato sui capelli li rende idratati e luminosi, mentre il corpo si rilassa con un massaggio malesiano che profuma di fiori di Champaca, originari dell’India e dalla fragranza speziata e fruttata.
Abbiamo parlato di:
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Crop Ecology, Cultivation and Uses of Cactus Pear Studio
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