Dalla rosa di Gorizia alla fava di Leonforte, i super food della nonna coltivati in Italia
Leggi più veloce
Altro che bacche di Goji, tè matcha, succo di Acai, alga spirulina e chi più ne ha più ne metta: anche in Italia esistono i cosiddetti super food, cioè alimenti ricchi di vitamine, minerali, fibre, enzimi, sali minerali, antiossidanti o fitonutrienti in quantità superiore alla media dei cibi comuni.
Sul territorio nazionale – stando ai dati Coldiretti – ci sono circa 40mila aziende agricole impegnate nel custodire semi o piante a rischio di estinzione, con un concentrato di proprietà benefiche che vanno dagli elisir di lunga vita agli antistress, dagli afrodisiaci agli energizzanti, da quelli che aiutano la dieta a quelli che combattono il colesterolo o le intolleranze. Si potrebbero definire i superfood della nonna, coltivati e raccolti lungo tutto lo Stivale.
Le carote viola di Polignano a Mare (BA) hanno quantitativi di antiossidanti maggiori di circa quattro volte rispetto alle carote comuni. La melanzana rossa è tornata a essere coltivata in Basilicata grazie all’impegno di alcuni agricoltori ed è conosciuta per il suo elevato potere antiossidante, capace di contrastare gli effetti dannosi dei radicali liberi e dell’invecchiamento cellulare ed è apprezzata anche per le sue proprietà benefiche, che contrastano i livelli di colesterolo cattivo nel sangue.
Chi cerca “aiutini” sotto le lenzuola può provare il peperoncino calabrese di Diamante dalle spiccate proprietà afrodisiache. In Campania non passa inosservato il pomodorino del piennolo, che se sapientemente intrecciato e lasciato all’aria aperta può resistere per un intero anno mantenendo inalterate le sue caratteristiche organolettiche.
Spostandoci sulle isole maggiori, In Sicilia la fava di Leonforte era coltivata in rotazione con il frumento e serviva per arricchire il terreno di azoto e poi era un ingrediente cardine della cucina leonfortese, un alimento ricco di proteine e sali minerali che poteva essere seccato e conservato a lungo. Oggi è stato riscoperto e la coltivazione e il raccolto avvengono ancora manualmente.
In Sardegna è stata recuperata sa pompìa, una sorta di cedro dalla scorza spessa e ruvida da cui si può estrarre un olio essenziale dalle proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e antimicotiche, da usare per curare affezioni delle mucose delle vie respiratorie e dell’apparato genitale femminile, oltre che alcune patologie gastrointestinali.
Tornando sulla terraferma, in centro Italia la roveja di Cascia, coltivata dagli agricoltori umbri, è un piccolo legume simile al pisello, dal seme colorato che va dal verde scuro al marrone/grigio. È molto proteica ed ha un alto contenuto di carboidrati, fosforo, potassio e pochissimi grassi.
Nel Lazio si può trarre beneficio dai fagioli del Purgatorio, un prodotto apprezzato già dal medioevo, non solo per la capacità ricostitutiva del suolo, ma anche per l’alto valore nutrizionale. La patata turchesa in Abruzzo dalla buccia viola intenso è ricca di sostanze antiossidanti, e possiede interessanti proprietà antitumorali.
Risalendo la Penisola, in Emilia Romagna è stato recuperato il carciofo moretto di Brisighella, noto già nell’antichità per la sua ricchezza di ferro, il basso contenuto di zuccheri e le proprietà lassative, oltre che per la preparazione di decotti e amari.
Per chi soffre di celiachia, in Lombardia c’è mais corvino dal colore nero-violaceo, che è senza glutine, ma ricco di antocianine, sostanze dall’azione antiossidante. In Veneto si tengono stretta la cipolla rossa di Cavasso Nuovo, un alleato prezioso contro lo stress e l’ipertensione e ottima per ridurre il colesterolo.
In Friuli Venezia Giulia, infine, sboccia la rosa di Gorizia, una varietà pregiata di radicchio rosso che aiuta a depurare l’organismo ed è ricca di ferro, calcio, antiossidanti, acido folico e vitamine.