Curcuma e possibili rischi per la salute, lo studio che mette in guardia i consumatori
Il consumo della spezia, soprattutto in versione integratore alimentare, potrebbe essere associata all’insorgenza di gravi danni epatici. Il problema, riscontrato in diverse parti del mondo, è strettamente legato al consumo di prodotti arricchiti con piperina
La curcuma (Curcuma longa) è una spezia appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae ampiamente utilizzata nella medicina tradizionale indiana e cinese. In cucina se ne usa il rizoma, simile a quello dello zenzero, ma dal colore arancione inteso. Ricca di curcuminoidi, come la curcumina, contiene innumerevoli componenti attivi. Per questo viene promossa come integratore, utile per trattare una varietà di condizioni, tra cui l’artrite, infezioni respiratorie, malattie del fegato e invecchiamento. Fino ad oggi i test hanno sempre mostrato una totale sicurezza della spezia. La sperimentazione sull’uomo ha confermato una assenza di tossicità nei casi di assunzione orale nelle dosi di 6 grammi al giorno. Il perché sembra legato al fatto che la curcumina risulta essere scarsamente assorbibile per via orale.
Diversa la questione della curcumina usata negli integratori alimentari. Sul mercato ne esistono tantissimi tipi e, nella maggior parte dei casi, contengono piperina (pepe nero). Uno studio condotto da un team di ricercatori statunitensi, i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine dell’American Journal of Medicine, evidenzierebbe il legame tra il consumo di questi prodotti e l’aumento dei danni epatici. Secondo gli esperti la presenza della piperina aumenterebbe notevolmente la biodisponibilità sistemica della curcumina. Ad esempio, con appena 20 mg di piperina assunti con la curcuma ne aumenterebbero la sua biodisponibilità di oltre 20 volte.
Lo studio si basa sull’analisi delle lesioni epatiche indotte da farmaci e integratori a base di erbe e dietetici (DILIN) attraverso il controllo di volontari con sospetta lesione epatica. Gli esami, effettuati dal 2011 al 2018, sono stati realizzati per comprendere se i danni rilevati erano o meno dovuti all’assunzione di un qualche medicinale o per il consumo continuato di integratori erboristici e dietetici. Un protocollo standardizzato ha valutato la relazione causale tra l’uso di un farmaco o integratori a base di erbe e dietetici e danni al fegato. “La causalità è classificata in questo modo: altamente probabile (75%-95%), probabile (50%-74%), possibile (25%-49%) o improbabile (<25%)”.
I risultati
Sono stati riscontrati 10 casi di danno epatico associato alla curcuma, tutti arruolati dal 2011 e 6 dal 2017. Dei 10 casi, 8 erano donne, 9 erano bianchi e l’età media era di 56 anni (range 35-71). Il danno epatico era epatocellulare in 9 pazienti e misto in 1. Le biopsie epatiche in 4 pazienti mostravano epatite acuta o danno misto colestatico-epatico con eosinofili. Cinque pazienti sono stati ricoverati in ospedale e 1 paziente è deceduto per insufficienza epatica acuta. L’analisi chimica ha confermato la presenza di curcuma in tutti e 7 i prodotti testati; 3 contenevano anche piperina (pepe nero).
Conclusioni
Il danno epatico dovuto alla curcuma sembra essere un problema in costante aumento negli Stati Uniti e, evidenziano gli scienziati, riflette i modelli di consumo e (probabilmente) la maggiore combinazione della spezia d'oro con il pepe nero. La curcuma causa un danno epatico potenzialmente grave, tipicamente epatocellulare, con una latenza da 1 a 4 mesi e un forte legame con HLA-B*35:01-un potenziale biomarker per la previsione di lesioni epatiche-. I ricercatori non nascondono la necessità di indagare ulteriormente sul pericolo per la salute: sono necessari ulteriori studi sul potenziale di epatotossicità additiva o sinergica della curcuma quando combinata con la piperina per comprendere meglio il potenziale meccanismo del danno epatico.