Cosa pensiamo degli alimenti? Lo svela la Food reputation map
Leggi più veloce
Coloro che vogliono lavorare in campo agro-alimentare hanno uno strumento di successo in più, si chiama Food reputation map ed è un modello che permette di misurare la reputazione di una qualsiasi produzione agricola valutandone le caratteristiche di base e i suoi effetti sulla società, a livello fisiologico e psicologico. A conferma che attorno al cibo ruotano ancora aspetti connessi al piacere, alla socialità, alla convivialità e al legame con la terra.
A rivelarlo uno studio accademico triennale condotto dall’ateneo romano La Sapienza con il sostegno del Gruppo Nestlé Italia in cui si dimostra che le materie prime e i prodotti alimentari hanno una reputazione da guadagnare e da difendere. E proprio la Food reputation map - applicabile a tutte le produzioni alimentari, in Italia e all’estero -, permette una lettura di ciò che influenza la nostra percezione di un determinato alimento, evidenziando quelli che possono essere considerati i fattori chiave che ne stimolano (o al contrario ne scoraggiano) l’acquisto e il consumo.
In particolare, riguardano aspetti collegati all’essenza del prodotto (la composizione, la genuinità, la durata, la riconoscibilità), gli effetti culturali (l’identità territoriale, il legame con la tradizione, la familiarità, l’innovatività), economici (il contesto, il prezzo, la preparazione), ambientali (la responsabilità sociale e ambientale, la tracciabilità, la prossimità, la sicurezza), fisiologici (la capacità di saziare, la leggerezza, il peso corporeo) e psicologici (la percezione organolettica, la memoria personale, il benessere psico-fisico, la convivialità, l’appartenenza di gruppo).
Ma a cosa serve misurare la reputazione degli alimenti servendosi della Food reputation map? A scegliere meglio cosa produrre e come comunicarlo ai possibili consumatori. E non è poco, considerando che sta aumentando il numero di imprenditori agricoli under 35, che investono soldi e tempo nelle colture agricole. Così con l’obiettivo di testarne la validità scientifica, nel corso del 2013 il modello è stato usato per indagare gli aspetti reputazionali di frutta (con focus sugli agrumi), di verdure e ortaggi (con focus sui pomodori pelati) di latte e derivati (con focus sul cioccolato al latte).
È emerso che la categoria frutta ha una reputazione positiva sotto l’aspetto culturale e fisiologico (i legami con l'identità territoriale e l'esperienza di familiarità, e gli effetti nutrizionali sull’organismo). La sottocategoria degli agrumi, oltre a rispecchiare le caratteristiche emerse per la categoria di riferimento, mostra punteggi elevati di reputazione nell’area degli effetti ambientali (in particolare per quanto riguarda la responsabilità e la tracciabilità). Mentre, un aspetto di reputazione meno elevato, che emerge in entrambe queste categorie, è quello relativo alla prossimità, ovvero i più sono convinti che non sempre la frutta e gli agrumi vengano consumati in luoghi vicini a quelli di raccolta.
A seguire, la categoria alimentare verdure e ortaggi ha ottenuto una reputazione positiva legata agli aspetti fisiologici e psicologici (ovvero quelli che incidono sul benessere corporeo, psicologico e sociale degli individui). Fra gli indicatori che maggiormente incidono sulla percezione della categoria spicca quello della percezione organolettica (19%). Leggermente diverso appare, invece, il profilo della categoria pomodori pelati per cui emerge la caratteristica di reputazione principale legata alla durata (cioè la capacità di conservarsi nel tempo) e al prezzo, mentre a influire meno sono l'essenza (cioè le caratteristiche intrinseche del cibo, quali ad esempio la genuinità e la composizione) e l’area legata agli effetti fisiologici e psicologici sulla persona.
Infine, le categorie latte e derivati e cioccolato al latte sembrano avere una reputazione differente rispetto alle precedenti due categorie alimentari indagate. In particolare, per il segmento latte e derivati a influenzare la reputazione ci sono l’indicatore sulla genuinità (25%), sul benessere (14%) e sulla familiarità (12%). Per il cioccolato al latte la reputazione risente, invece, della responsabilità (19%), della familiarità (7%) e della convivialità (4%).