Caffè croce e delizia: fa dimagrire, riduce rischio di diabete, depressione e Alzheimer ma ecco la dose da non superare
Diversi studi dimostrano che chi consuma abitualmente il caffè ha un rischio più basso di contrarre il diabete di tipo 2, il morbo di Alzheimer, la cirrosi epatica e la depressione
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Il caffè è la sostanza psicoattiva più consumata al mondo e sappiamo con certezza, perché lo abbiamo tutti provato, che dà dipendenza. Ma che effetto ha sul nostro sistema nervoso? Insomma fa bene o fa male? Gli effetti più controversi riguardano in particolare le eventuali ripercussioni del caffè sul benessere cardiovascolare, ma anche altri aspetti come il suo ruolo sul funzionamento della sfera nervosa appunto.
Il caffè sveglia!
Quando lo sorseggiamo, in una manciata di minuti arriva al cervello dove si lega ai recettori che di norma ricevono l’adenosina, una sostanza chimica prodotta dall’organismo che induce sonnolenza. Ecco perché il caffè fa passare transitoriamente la sensazione di stanchezza: agisce come un freno momentaneo all’impulso a dormire. Il picco di concentrazione di caffeina nel sangue avviene 45-60 minuti dopo l’assunzione. Questa sensazione dura circa tre ore.
Per cosa fa bene il caffè
E' ricco di potenti antiossidanti come i polifenoli. Inoltre tale bevanda contiene altri nutrienti fondamentali tra cui la riboflavina, l’acido pantotenico, il manganese, il potassio, il magnesio e la niacina. Alcune ricerche dimostrano che chi consuma abitualmente il caffè vive più a lungo e ha un rischio inferiore di morte prematura. Un’ampia ricerca sul rapporto tra caffè, caffeina e diabete ha dimostrato che assumere due-tre caffè al giorno riduce il rischio di sviluppare il diabete. Soprattutto per merito del suo contenuto di caffeina, il caffè è una bevanda che aumenta la termogenesi, ovvero facilita il processo attraverso il quale l’organismo brucia energia sotto forma di calore. Dunque attiva il metabolismo e aiuta il dimagrimento. Inoltre l’azione diuretica del caffè fa da supporto per chi soffre ritenzione idrica, mentre l’effetto anoressizzante (ovvero di riduzione dell’appetito) potrebbe essere utilizzato anche per contenere gli attacchi di fame nervosa.
Col caffè, meno depressione e suicidi
Secondo uno studio del National Institutes of Health, chi consuma all’incirca quattro tazzine di caffè espresso al giorno ha un’inclinazione del 10% in meno a entrare in uno stato di depressione, rispetto a chi non ne beve proprio. Quest’effetto è dovuto al suo contenuto elevato di antiossidanti. L’Harvard School of Public Health ha confermato quest’ipotesi e ha affermato che per chi assume caffeina il rischio di suicidio si riduce del 50% sia per gli uomini sia per le donne.
Qual è la dose massima di caffè
Per ottenere questi effetti come abbiamo accennato in precedenza non bisogna esagerare, secondo lo studio finlandese superare le quattro tazzine di caffè al giorno, può causare invece degli effetti contrari, portando invece alla depressione. Una ricerca condotta da Yassa e poi pubblicata sul Nature Neuroscience ha verificato che l’assunzione di una buona dose di caffè e caffeina migliora anche la longevità ed ha degli effetti protettivi sul cervello e sulla preservazione dei neuroni. Ad esempio, il caffè potrebbe incidere positivamente sulla prevenzione del Alzheimer. Lo studio ha concluso che l’assunzione di caffeina agisce sulla memoria e ne promuove la giusta conservazione nel tempo prevenendo così malattie come l’Alzheimer.
Caffeina e metabolismo
La scienza suggerisce di non assumerne più di quella contenuta in tre, quattro tazzine di caffè al massimo. Gli effetti di questa sostanza sono però altamente soggettivi: diversi studi genetici hanno identificato specifiche varianti genetiche che sembrano predisporre al metabolismo di caffeina (e quindi a un suo maggiore consumo).
Gli effetti sul nostro intestino
Negli ultimi anni numerosi studi si sono concentrati sul rapporto tra intestino e caffè e microbiota e caffè. Moltissime persone, infatti, lamentano mal di pancia dopo il caffè, suscitando l’interesse dei ricercatori. Altri, invece, lo assumono per una scossa di caffeina, altri ancora lo fanno con la consapevolezza che questa bevanda possa aiutare l’evacuazione. Ma un’accentuata peristalsi dopo il caffè non sarebbe legata alla caffeina, ma ad altri composti bioattivi contenuti nei chicchi. Di recente si è visto che oltre alla caffeina, la bevanda contiene anche componenti specifici, tra cui minerali, alcaloidi, vitamine e lipidi.
Perché ad alcuni il caffè fa venire mal di pancia
Tra le cause dell’irritazione intestinale c’è l’aumento dei livelli di gastrina e colecistochinina, due ormoni coinvolti nell’evacuazione: la gastrina favorisce l’attività del colon, mentre la colecistochinina favorisce il transito intestinale. Ha degli effetti positivi importanti. Dagli studi in vitro sono emerse le proprietà antinfiammatorie ed antiossidanti sulle cellule dell’intestino e nei casi di adenocarcinoma colorettale. Sembra addirittura che il consumo moderato di caffè possa rallentare l’evoluzione del cancro del colon e del retto. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire questi temi. Come in ogni situazione, il consumo di caffè deve essere adattato alle caratteristiche fisiche di ciascuno. In linea generale, le persone che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile (IBS) potrebbero trovare che il caffè peggiora i sintomi
Quando è pericolosa?
In casi estremi la caffeina può essere letale: 10 grammi di caffeina sono quasi sempre sufficienti a provocare reazioni che portano a un arresto cardiaco. Una tazzina di caffè, però, ne contiene meno di 100 milligrammi (0,1 grammi). Occorrerebbero quindi 100 tazzine di caffè in rapida successione per assumere una dose mortale.