Botswana: torna tra le proteste la caccia all’elefante
Cosa c’è dietro la revoca del divieto di caccia al grande pachiderma africano? Una storia che ha coinvolto anche un’agenzia delle star di Hollywood
Sgabelli di zampe di elefante: uno per Hage Gottfried Geingob, presidente della Namibia, uno per Edgar Lungu presidente dello Zambia, uno per Emmerson Mnangagwa, presidente dello Zimbabwe e uno per Paula Francisco Coelho, ministro dell’Ambiente dell’Angola.
Dono di Mogweetsi Masisi, presidente e capo del governo del Botswana, durante una pausa del Kasane Elephant Summit 2019 tenutosi dal 3 al 7 maggio nel Mowana Safari Lodge & Spa di Kasane, una struttura a 5 stelle sulle rive del fiume Chobe, nel nord est del Botswana, che ha così ben pensato di omaggiare i suoi ospiti atterrati all’aeroporto di Kasane per parlare di una visione comune per la gestione degli elefanti dell’Africa australe.
Quattro sgabelli di zampe di elefante, alla moda del luogo, portati uno ad uno da Onkokame Kitso Mokaila, ministro per l’ambiente, risorse naturali, conservazione e turismo del Botswana.
Paradiso africano degli elefanti
Nel 2011 Angola, Botswana, Namibia, Zambia e Zimbabwe hanno creato la Kavango-Zambezi Transfrontier Conservation Area, un’area naturale protetta conosciuta come KAZA dove vive la più grande popolazione di elefanti dell’Africa. In quest’area, secondo ultime stime, il numero complessivo di elefanti sarebbe diminuito, mentre popolazioni numerose interesserebbero Botswana e Zimbabwe, con quelle dello Zambia e Namibia in aumento, mentre in Angola persisterebbe una piccola popolazione.
Conflitti e commercio illegale
Il summit di Kasane è servito, in particolare, a parlare del conflitto uomo-elefante e di commercio legale e illegale. A preoccupare è, infatti, l’inasprirsi del conflitto tra elefanti e umani a causa delle risorse limitate e su cui pesano gli effetti dei cambiamenti climatici.
Gli elefanti possono, ad esempio, camminare anche 25 km al giorno per procurarsi l’acqua di cui hanno bisogno quotidianamente, fino a 50 litri, e in tempo di scarsità di risorse idriche ciò li ha messi in competizione con l’uomo, in particolare con le comunità rurali che già lottano contro i danni degli elefanti alle colture. Lethata Chibokekwek, un giovane del villaggio di Mokgacha, nel nord ovest del Botswana, racconta che gli elefanti amano, in particolare, il mais, il sorgo, il miglio e l’anguria e che a volte distruggono le capanne dove viene conservato il cibo.
“Il sostentamento di un anno può andare distrutto in una o due notti da elefanti che si aggirano per le colture” spiega Russell Taylor di WWF International. Molti abitanti delle zone rurali del Botswana, che per allontanare gli elefanti costruiscono stringhe di lattine da sbatacchiare, raccontano di umani uccisi dagli elefanti e delle lunghe notti trascorse dentro capanne per guardacaccia per sorvegliare i campi con le colture.
Nel summit di Kasane è emersa anche la preoccupazione per “l’ondata di estinzione illegale di elefanti” messa in correlazione - un approccio contestato dai conservazionisti - con il bando del commercio di avorio, con gli stock in mano governative, in gran parte provenienti dalla morte naturale degli elefanti, che, al contrario, continuano ad aumentare.
Nel summit è stata, pertanto, espressa la volontà, con le conclusioni rese pubblicamente note, di coinvolgere i paesi di transito e di destinazione per affrontare il problema della riduzione della domanda di avorio illegale quindi di esercitare pressioni in ambito CITES, la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, per revocare il divieto di commercio di avorio, consentendo ai governi, con la vendita delle scorte di avorio, di finanziare le politiche di gestione e conservazione degli elefanti, nonché le strategie antibracconaggio, una variante rispetto al pensiero caro ai ricchi cacciatori di trofei americani che amano ripetere come i dollari dei cacciatori aiutino a finanziare gli sforzi antibracconaggio dei governi e delle comunità locali dell’Africa.
In vista del diciottesimo incontro della conferenza delle parti del CITES, la CoP18, quindi tenutasi a Colombo, nello Sri Lanka, dal 23 maggio al 3 giugno, Botswana, Namibia e Zimbabwe hanno, così, proposto di emendare la nota 2 delle appendici I e II della CITES relativamente alle restrizioni e ai meccanismi di vendita dell’avorio.
Addio al divieto di caccia
Nel frattempo, il 23 maggio, il governo del Botswana, con una conferenza stampa del ministro per l’ambiente, risorse naturali, conservazione e turismo Onkokame Kitso Mokaila, ha annunciato di aver deciso la revoca del divieto di caccia all’elefante ch’era stato istituito nel 2014 sotto Serêtsê Khama Ian Khama, predecessore di Mogweetsi Masisi, alla luce di voci sul calo della popolazione di elefanti.
Poco prima dell’istituzione del divieto di caccia, nel 2012 a caccia di elefanti in Botwsana c’era il re Juan Carlos di Spagna. La cosa si scoprì dopo che si fratturò l’anca destra nel suo alloggio e dovette essere trasportato in tutta fretta con un volo privato per essere operato in una clinica di Madrid per l’applicazione di una protesi, con gli spagnoli scandalizzati non tanto perché andasse in Africa a sparare agli elefanti ma perché, in tempi di crisi economica, aveva sborsato un 30.000 euro per un safari.
In Botswana la nuova decisione sulla caccia è stata presa dopo il parere di un sottocomitato governativo voluto da Mogweetsi Masisi per una consultazione sulla revisione del divieto di caccia e con il coinvolgimento di comunità, autorità locali, Ong, imprese turistiche, ambientalisti, ricercatori e altri soggetti interessati: “Non è che il divieto ha causato l’enorme aumento della nostra popolazione di elefanti. È che ha permesso agli elefanti di muoversi impunemente in zone abitate aumentando il numero di conflitti uomo-elefante” ha commentato, nel difendere il provvedimento, Mogweetsi Masisi, che lo scorso febbraio ha ricevuto da Frans Solomon Van Der Westhuizen, ministro del governo locale e dello sviluppo rurale del Botswana, il rapporto del sottocomitato governativo con il parere favorevole alla caccia legalizzata dell’elefante a causa dell’alta conflittualità con l’uomo e l’impatto sui suoi mezzi di sussistenza.
Tra le proposte del rapporto, poi respinta, c’era anche quella sull’abbattimento, benché limitato, di elefanti per la produzione di carne di elefante in scatola o come cibo per animali domestici e la sua trasformazione in sottoprodotti. Dopo la consegna del rapporto il governo del Botswana ha deciso che la caccia sarà consentita su piccola scala e su base “rigorosamente controllata” con la concessione di non meno di 400 licenze l’anno per la caccia all’elefante, mentre nell’assegnazione delle quote di caccia verrà data priorità a trust e Cbo, organizzazioni rappresentative di una comunità, con un’equa distribuzione della quota di caccia fra i cittadini e con la licenza di caccia non trasferibile.
La caccia verrà ripristinata solo in zone di caccia designate, mentre non verranno rispolverate le licenze speciali di caccia in vista della costituzione di un quadro giuridico per la creazione di “un ambiente favorevole alla crescita dell’industria della caccia safari”.
Proteste contro il Botswana
La decisione del governo del Botswana, che ha sollevato diverse proteste, è costata a Mogweetsi Masisi - raggiunto anche da una petizione di Stop Poaching Now!, charity di Los Angeles per la protezione della fauna selvatica e tra i partner della Wildlife Trafficking Alliance - l’accusa di una mossa elettorale per assicurare al Botswana Democratic Party, partito di Mogweetsi Masisi, il voto rurale in vista delle elezioni del prossimo ottobre per il rinnovo del Parlamento.
L’altra accusa è di aver causato un danno di immagine su scala internazionale: “Il Botswana” ha commentato Mike Chase, fondatore di Elephants Without Borders e un dottorato sull’ecologia degli elefanti “è universalmente noto come la terra dei giganti, come rifugio sicuro per la più grande popolazione di elefanti del mondo, ciò che ne ha fatto un’attrazione per il fiorente settore dell’ecoturismo fotografico, il più importante datore di lavoro e settore economico del nord del Botswana. Inoltre, senza la caccia ai trofei, il Botswana ha un vantaggio comparato come destinazione di safari su tutti i suoi vicini regionali. I turisti, che sono sempre più alla ricerca di destinazioni che offrono attività responsabili ed etiche, possono scegliere il Botswana invece dei paesi che, al contrario, offrono la caccia. Alcuni sostengono che una reintroduzione della caccia agli elefanti causerà danni irreparabili al marchio del Botswana oltreoceano e un calo negli arrivi turistici e quindi a loro volta perdite di posti di lavoro o nessuna crescita nella creazione di posti di lavoro”.
“Pensavo di trascorrere le mie vacanze in Botswana il prossimo dicembre. Non lo farò più. Ho appena cambiato i miei piani e volerò in Kenya” ha confessato uno dei tanti utenti che nei profili social del governo del Botswana hanno commentato la decisione di abolire il divieto di caccia degli elefanti. “Hanno chiesto agli elefanti se sono disposti ad essere cacciati?” così, un altro utente.
Gli elefanti del Botswana e il caso dell’agenzia delle star di Hollywood
Rumore sulla stampa internazionale ha fatto il caso di 42West, agenzia di pubbliche relazioni con sede a New York e un ufficio a Los Angeles e vicina allo star system di Hollywood - tra i clienti, come si legge sul profilo di Leslee Dart, fondatrice e co-chief executive officer dell’agenzia, Meryl Streep, Tom Hanks, Nicole Kidman, Conan O’Brien, Halle Berry, Will Smith, Charlize Theron, Rihanna e Kate Winslet – e finita nel mirino per aver sottoscritto con il governo del Botswana un contratto da 125.000 dollari per comunicare la sua politica sulla caccia agli elefanti.
L’accordo, dopo le rivelazioni della stampa, è naufragato. Contattata la 42West per chiedere maggiori informazioni sulla vicenda, Allan Mayer, co-chief executive officer dell’agenzia - la terza è Amanda Lundberg - e considerato una celebrità della comunicazione dell’industria dello spettacolo, ci ha risposto spiegando come l’agenzia avesse rilasciato solo questa dichiarazione: “Poiché la natura di ciò che la 42West era stata incaricata di fare dal Ministero del Botswana dell’Ambiente, conservazione, risorse naturali e turismo è stata grossolanamente travisata, abbiamo posto fine alla relazione”. Ad ulteriore domanda su questo misunderstanding, ci ha risposto: “Mi dispiace, ma è tutto quello che possiamo dire sulla questione”.
Illuminante per capire la natura dell’accordo è allora la lettura del contratto fra la 42West e il governo del Botswana. Il documento, accompagnato da altra documentazione, si trova in un’apposita sezione del Foreign Agents Registration Act , FORA, gestito dal Department of Justice degli Stati Uniti. Il Foreign Agents Registration Act, approvato nel 1938 dal Congresso americano, obbliga, infatti, chi svolge relazioni pubbliche, ad esempio, per un governo straniero, a registrarsi in un albo e a rendere conto delle proprie attività.
Il contratto, che reca la data del 16 maggio scorso, è contrassegnato come MTC-MENT-DCS 2000/7/2 XI (09) 2019-2020 ed è stato stipulato con il governo del Botswana attraverso il ministero dell’ambiente, risorse naturali, conservazione e turismo e trasmesso al FORA il 18 maggio. Il contratto è stato firmato da Allan Mayer, in una documentazione accessoria qualificato come Registrant e identificato con il numero di registrazione 6680. A incaricare Allan Mayer della cosa era stato il Board of Directors della 42West dopo una riunione tenutasi a Los Angeles il 15 maggio.
Dalla documentazione si sa anche che referente di Allan Mayer era Thato Yaone Raphaka, segretario permanente del ministero.
Confermata anche la cifra di125.000 dollari per servizi a favore del governo del Botswana da rendere tra il 16 maggio e il 15 luglio 2019, con la possibilità di ulteriori lavori a venire. Se il contratto parla genericamente di “provision of strategic communications services for the Botswana situation”, la documentazione accessoria racchiusa nello stesso allegato descrive in dettaglio le attività da svolgere: “1. sviluppare messaggi strategici che articolino la politica del Botswana sulla caccia degli elefanti e rafforzino la reputazione del Botswana per la sua governance prudente, bellezze naturali senza rivali e gestione responsabile dell’ambiente. 2. elaborare un piano di comunicazione completo per consegnare tale messaggio alle audience chiave degli Stati Uniti e ad altri segmenti di pubblico occidentali”. Nella documentazione accessoria, racchiusa in un secondo allegato, vengono, invece, specificati i mezzi per la diffusione del materiale: radio, TV, magazine, giornali, comunicati stampa, posta elettronica, contatti con editor.
L’analisi della documentazione trasmessa al FORA aiuta, pertanto, a capire come stampa e opinione pubblica non abbiano frainteso la natura del contratto fra la West42 e il governo del Botswana. Piuttosto è andata maturata la convinzione che la scoperta dell’accordo con il paese africano abbia messo in imbarazzo l’agenzia pensando alla condanna di gran parte delle celebrità di Hollywood nei confronti dell’uccisione dei grandi mammiferi terrestri o della vendita e importazione dell’avorio. Tutt’altra storia rispetto al giubilo con cui i blasonati club americani di big game hunters hanno accolto la decisione del governo del Botswana di revocare il divieto di caccia sugli elefanti.
Il progetto Ecoexist
Ecoexist è, invece, un progetto che non parla di caccia all’elefante come scappatoia al problema ma del tentativo di ridurre i conflitti tra uomini ed elefanti del Botswana attraverso soluzioni per l’accesso al cibo, all’acqua e allo spazio che favoriscano entrambi, aiutandone, così, la convivenza: monitoraggio degli elefanti, pianificazione dello spazio condiviso, protezione dei campi, sviluppo di tecniche agricole più produttive e sostenibili e di un’economia dell’elefante puntando, in particolare, su arte e artigianato.
Ai contadini è stato, ad esempio, insegnato che per allontanare gli elefanti basta usare il peperoncino, questo perché gli elefanti, che hanno di suo un olfatto spiccato, odiano la sostanza chimica del peperoncino, la capsaicina. Ai contadini e agli abitanti dei villaggi è stato insegnato che asciugando e schiacciando i peperoncini e mescolandoli con sterco di elefante si possono fabbricare delle chili bombs, il cui “fumo” aiuta a tenere gli elefanti lontani dai campi e dalle abitazioni: “Ho provato il peperoncino, l’ho asciugato, l’ho martellato e l’ho posato vicino al campo: gli elefanti hanno cambiato il loro percorso quando l’hanno annusato!” racconta Disho Mongomba, un contadino del villaggio di Gunotsoga.
La storia del progetto è raccontata nel film documentario Pathways to Coexistence ambientato nell’Okavango Panhandle orientale, dove fino a poco tempo fa 15.000 persone condividevano spazi e risorse con 15.000 elefanti, e prodotto e diretto da Richard Hughes che ha trascorso più di un anno lavorando con il team di Ecoexist, raccogliendo interviste e filmando gli agricoltori mentre proteggevano le loro case e i campi dagli elefanti. Un documentario su voci ed esperienze di chi vive ogni giorno a contatto con gli elefanti, competendo per lo spazio, il cibo e la terra con la più grande popolazione di elefanti in libertà del pianeta, con il progetto di Ecoexist che insegna come in fondo sia possibile preservare la gente del Botswana e la sua fauna selvatica.
“The Ecoexist Project: Pathways to Coexistence” from Richard Hughes on Vimeo.
Abbiamo parlato di:
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