Anche Panariello nell’appello dei vip per la “bimba pesciolino”: servono soldi per curarla
Il comico e altri vip chiedono un’offerta che permetta di raggiungere una cifra sufficiente a sovvenzionare le cure per l’ittiosi lamellare: una patologia rarissima
È il dramma nel dramma: essere malato e per di più di una patologia rara, di quelle che colpisce “solo” una su 600mila persone. Fatto che rende sconveniente per le case farmaceutiche fare ricerca e produrre farmaci. È la sventura toccata ad Anna, quattro anni trascorsi in buona parte nell’acqua, per questo viene chiamata la “bimba pesciolino”. Un’immagine giocosa per definire altrimenti l’ittiosi lamellare: malattia genetica che secca così tanto la pelle da cancellarne l’elasticità fino a indurirla provocando delle fessurazioni a costante rischio poi di infezione.
Nessuna cura
Racconta la sua storia Il Corriere della Sera che spiega come, quando è fuori dall’acqua, la piccola passi buona parte del suo tempo distesa sul lettino mentre la mamma le spalma della crema su tutto il corpo che deve essere costantemente idratato con l’uso di prodotti emollienti, colliri, gel e impacchi al cuoio capelluto. Come Anna, in Italia, si stima ci siano appena una ventina di bambini al di sotto dei dieci anni. Con gli adulti si arriva a malapena a trecento malati. «Troppo pochi per convincere le aziende farmaceutiche a investire nella ricerca di una cura», spiega la mamma, Alessandra Colabraro, che fa parte del consiglio direttivo dell’Unione ittiosi (Uniti), che attualmente è l’unica associazione italiana a occuparsi di questa patologia rara.
Il caldo è un nemico
La mamma di Anna è un’avvocata di Jesolo di 46 anni che da due anni si è trasferita in Austria «perché qui c’è meno caldo che in Italia, e quindi mia figlia può condurre una vita quasi normale, giocare, andare all’asilo e, in futuro, magare fare dello sport all’aria aperta». I malati di ittiosi lamellare non producono un enzima necessario a creare la barriera cutanea e la normale costruzione della pelle. La conseguenza di questa carenza è l’ispessimento epidermico che impedisce ai pazienti di sudare, con il rischio di disidratarsi e surriscaldarsi. «L’afa, ma anche una febbre alta, possono essere estremamente pericolose» racconta la donna.
La ricerca e la speranza
«Nelle forme più gravi, le persone incontrano difficoltà a eseguire i normali movimenti della vita quotidiana, perché la pelle si spacca ed il rischio di infezioni è costante. L’ittiosi lamellare, insomma, può arrivare a essere un disordine devastante, con tante ripercussioni sociali e psicologiche per chi ne è affetto». Alessandra Colabraro ha deciso di raccontare la storia di sua figlia e diffondere le sue foto per fare un appello: sostenere la ricerca di Heiko Traupe, un professore dell’Università di Munster considerato un luminare nel settore delle malattie rare della pelle. «Da molti anni, Traupe e la sua equipe di scienziati dermatologi e biologi stanno cercando una terapia per questa forma di ittiosi. Hanno scoperto una nano-tecnologia sintetizzata in una crema, in grado di collocare l’enzima mancante nel punto esatto in cui è necessario, ripristinando così tutti i malfunzionamenti della pelle».
L’appello
Si tratterebbe di una cura quindi «ma i malati sono pochi e le case farmaceutiche non hanno interesse a investire nello sviluppo di questa terapia. L’unico modo per proseguire nello studio è quello di raccogliere due milioni di euro, necessari allo sviluppo della crema». Per Traupe, una volta realizzato il prototipo, le aziende saranno disposte a portare a termine la sperimentazione, che avrebbe un costo totale stimato in 15 milioni di euro. Per questo l’associazione Uniti aderisce alla raccolta fondi promossa il mese scorso da Comitato Uffi, fondato da Francisco ed Elena De Calheiros, genitori di due gemelle affette da ittiosi lamellare. Alla richiesta di aiuto di Alessandra Colabrano hanno già risposto diversi vip, primo fra tutti il comico Giorgio Panariello che ha diffuso sul web un video-appello. L’invito è quello di fare delle donazioni attraverso il sito gofundme.com/comitatouffi. «In Italia siamo più di 60 milioni di abitanti – conclude la mamma di Anna - e se “solo” due milioni di persone donassero un euro, per mia figlia e altri centinaia di malati, sarebbe la realizzazione di un sogno».