Allergia ai pollini: il vademecum del Ministero della Salute

di Stefania Elena Carnemolla

Con la primavera sono arrivati anche i pollini: lacrimazione, starnuti, tosse, asma, tanto che anche passeggiare all’aria aperta diventa un dilemma. Con il risveglio del regno vegetale i pollini si diffondono, infatti, nell’atmosfera come “invisibili nubi”, colpendo le mucose della congiuntiva – la membrana che ricopre il bulbo oculare e l’interno delle palpebre –, del naso e dei bronchi. Per affrontare un classico dei mal di stagione il  Ministero della Salute ha, pertanto, stilato un vademecum con alcuni consigli utili. È possibile, ad esempio, fare prevenzione prima della stagione pollinica rivolgendonsi al proprio medico o a uno specialista che aiuti ad individuare le cause di una “allergia respiratoria” per poter, così, prescrivere un “corretto programma preventivo-terapeutico”. Per chi può, il consiglio è di soggiornare in località di mare, dove la “concentrazione atmosferica dei pollini” è “relativamente bassa”.

Per conoscere il periodo di fioritura delle piante “responsabili della manifestazioni allergiche” il Ministero della Salute raccomanda di consultare i calendari pollinici, quindi, i bollettini dei pollini, per conoscere, invece, con esattezza “quali e quanti pollini” sono diffusi nell’aria. Durante i periodi di pollizione bisogna evitare le “uscite nelle ore di maggiore concentrazione pollinica” – meglio uscire di buon mattino o la sera –, le gite in campagna, soprattutto se la giornata è ventosa, le passeggiate nei prati dove l’erba sia stata tagliata di fresco, i viaggi in macchina con i finestrini aperti – viceversa usare un impianto di aria condizionata con filtri di aerazione antipolline –, le attività all’aperto nelle ore centrali della giornata, in particolare se c’è vento o sole –, le “strade trafficate” e le aree verdi. Il Ministero della Salute consiglia, inoltre, di respirare sempre attraverso il naso o indossando una maschera antipolvere, nonché di “lavare con piú frequenza i capelli” poiché i pollini, dispersi nell’aria, possono impregnarli e “depositarsi sul cuscino durante il sonno”.

Se in casa, durante le ore centrali del giorno, è bene tenere chiuse porte e finestre, particolare cautela dovrà essere prestata in caso di temporale: nelle persone affette da pollinosi, o allergia ai pollini, i temporali possono, infatti, provocare attacchi di asma, aggravando “sintomi nasali e bronchiali”. “L’ipotesi principale per spiegare l’associazione tra asma e temporali” spiega il Ministero della Salute “è legata ai bioaerosol e al ruolo svolto dall’acqua piovana che promuove il rilascio di materiale particolato (PM) respirabile. Nelle prime fasi di un temporale, i granuli pollinici rilasciano nell’atmosfera parte del loro contenuto: si tratta di particelle inalabili del diametro di pochi micron in grado di veicolare allergeni, come granuli di amido e altri componenti”. In caso di temporale, non uscire, pertanto, all’aperto e rimanere in un “ambiente con le finestre chiuse” trenta minuti prima dell’evento. Se chi soffre di allergia ai pollini, si trova, durante l’arrivo di un temporale, per strada, dovrà coprire, trenta minuti prima, naso e bocca, evitando “respirazioni profonde” e cercando, quindi, riparo in luoghi chiusi – negozi, bar, auto –, praticando, in caso di necessità, la “terapia antiasmatica di emergenza” secondo quanto prescritto dal proprio medico o da uno specialista. In caso di peggioramento della sintomatologia, il Ministero della Salute invita a raggiungere tempestivamente un Pronto Soccorso o chiamare il 118 per evitare che la crisi asmatica si aggravi, con il rischio che possa condurre al decesso.

Quali sono le piante che scatenano l’allergia ai pollini? Sono quelle – erbe, arbusti, alberi – con caratteristiche ben precise: grande diffusione sul territorio, impollinazione anemofila, affidando, cioè, al vento, non venendo impollinate dagli insetti, il “proprio prodotto seminale” e, quindi, il polline, che, “trasportato dalle correnti aeree”, può viaggiare anche per “molti chilometri”. Tra le piante che liberano pollini allergenici, il Ministero della Salute ricorda, come causa di pollinosi in Italia, le Graminacee – erba mazzolina, codolina, gramigna dei prati–, piante dalla caratteristica spighetta che “impollinano in primavera”, con concentrazioni di polline più alte nell’Italia settentrionale e in quella centrale, a differenza, quindi, di quella meridionale, dove, complici le temperature elevate, conoscono un “più precose essiccamento”. Altra erba altamente allergenica è la parietaria, un’Urticacea diffusa, in particolare, nell’Italia meridionale e che fiorisce da marzo a luglio, quindi da settembre a fine ottobre. Allergeniche sono anche le Composite come l’assenzio e l’ambrosia, che impollinano tra la fine dell’estate e l’autunno. L’ambrosia, importata dagli Stati Uniti, è un’erba infestante, assai diffusa nell’Italia settentrionale, che cresce in “prati asciutti e soleggiati”, lungo gli argini dei fiumi, i margini delle strade e nei terreni abbandonati.

Tra gli alberi dal “potere allergenico” c’è anche la betulla, molto diffusa in Lombardia, dove per la “sua eleganza” è stata piantata in “nuovi insedimenti urbani”; quindi il cipresso, responsabile di un “numero sempre crescente di manifestazioni allergiche”, soprattutto in inverno; l’ulivo, che tra fine maggio e giugno scatena sintomi, in particolare rinitici, in regioni come Puglia, Campania, Toscana; infine, la mimosa, fra le cause di “pollinosi da vicinato” che “colpiscono solo chi è molto vicino alla pianta”.

Anche se le piante allergeniche sono diffuse più nelle aree rurali che nei centri urbani, è stato, tuttavia, osservato che la pollinosi colpisce chi vive nei centri urbani con “elevato traffico automobilistico” e dove “l’effetto degli allergeni liberati dai pollini” spiega il Ministero della Salute “viene potenziato dagli inquinanti atmosferici emessi dai motori alimentati con derivati del petrolio”, con ciò causando una “interazione in atmosfera” a carico delle vie aeree, con gli allergeni pollinici che diventano “più aggressivi per le vie respiratorie” colpendo, pertanto, con più facilità i “soggetti esposti”, che hanno le mucose già “infiammate dagli inquinanti”.

 

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