AIDS, cos'è e come si può prevenire? Ecco i cinque suggerimenti che possono salvare la vita
L’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome o in italiano Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) costituisce uno dei principali problemi per la salute pubblica. Questa malattia dal decorso infausto presenta due caratteristiche peculiari e correlate: 1) può insorgere a seguito di comportamenti irrazionali e autodistruttivi; 2) si può prevenire grazie a interventi psicologici. L’AIDS è una malattia nella quale il sistema immunitario dell’organismo è gravemente compromesso dall’HIV (virus dell’immunodeficienza umana), e ciò espone l’individuo a un rischio elevato nei confronti di malattie letali, quali il sarcoma di Kaposi, forme rare di cancro linfatico e una grande varietà di pericolose infezioni funginee, virali e batteriche. In termini strettamente medici, le persone non muoiono di AIDS, ma a causa delle infezioni e delle altre malattie fatali alle quali l’AIDS rende vulnerabili.
L’HIV si trasmette da una persona all’altra per lo più attraverso pratiche sessuali a rischio, indipendentemente da quale sia l’orientamento sessuale. L’HIV è presente nel sangue, nel liquido seminale e nelle secrezioni vaginali e può essere trasmesso solo quando i fluidi infetti entrano a contatto con il sangue e penetrano nel flusso sanguigno. L’HIV non si trasmette attraverso contatti sociali casuali. Tra i tossicodipendenti che si iniettano sostanze per via endovenosa, la condivisione di siringhe non sterilizzate può far sì che il sangue infetto da HIV di una persona passi nell’apparato circolatorio di un’altra. I bambini nati da madri sieropositive sono a rischio, perché il virus può superare la barriera della placenta e infettare il feto.
Il rischio è elevato nelle persone che abusano di droghe, anche di quelle che non vengono iniettate, probabilmente perché gli effetti delle droghe possono compromettere la capacità o la volontà di una persona di considerare le conseguenze del proprio comportamento. Negli Stati Uniti inizialmente si proclamò che l’AIDS era la malattia degli omosessuali maschi, ma in realtà da numerosi dati emerge che l’infezione è in aumento anche negli eterosessuali, sia maschi che femmine (Kring, Davison, Neale e Johnson, 2008). In Africa e in parti dell’America Latina, l’AIDS colpisce principalmente gli eterosessuali, e in tutto il mondo donne sieropositive (ossia donne che hanno contratto l’infezione da HIV) danno alla luce bambini sieropositivi. Le seguenti statistiche danno un’idea della portata del problema.
Secondo i dati del rapporto Unaids 2010, nel 2009 erano 33,3 milioni le persone affette da HIV, di cui più di 30 milioni nei Paesi a basso e medio reddito, e oltre 1000 i bambini che ogni giorno si sono infettati. Si stima che nel 2009 le persone contagiate siano state 2,6 milioni e i decessi per malattie legate all’AIDS 1,8 milioni. Il Centro operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità stima che in Italia siano 150 mila le persone affette da HIV e circa 22 mila quelle affette da AIDS. Un sieropositivo su quattro non sa di essere infetto. Rispetto a venti anni fa, grazie ai progressi delle nuove terapie farmacologiche antiretrovirali, è aumentato il numero delle persone sieropositive viventi ed è diminuito il numero di persone infettate (circa 4 mila all’anno).
Riguardo alla prevenzione dell’AIDS, si presume che la modalità migliore consista nel cambiamento del comportamento. La psicologia sociale suggerisce che diverse strategie possono costituire la base di efficaci interventi di prevenzione:
- fornire informazioni accurate sulla trasmissione dell’HIV;
- spiegare chiaramente quali sono i rischi per la persona (ad esempio, coloro che hanno molti partner sessuali corrono rischi maggiori;);
- identificare i segnali di situazioni ad alto rischio (ad esempio, il consumo di alcolici in una situazione sessualmente stimolante è associato ad un comportamento sessuale a più alto rischio);
- fornire istruzioni per l’uso corretto dei profilattici, includendo istruzioni su come “erotizzarne” l’uso (suggerendo modi nei quali il profilattico può essere vissuto come sessualmente eccitante). Inoltre, porre l’accento sul fatto che usare i profilattici dà alle persone un certo grado di controllo sulla loro salute;
- fornire un addestramento nelle abilità sociali che comprenda l’assertività sessuale (ad esempio, la capacità di resistere alle pressioni volte a ottenere un rapporto sessuale oppure quella di insistere con il partner perché si pratichi sesso sicuro) e altre competenze comunicative in grado di aiutare a preservare la relazione (Kring, Davison, Neale e Johnson, 2008).
Bisogna anche dire che purtroppo la conoscenza dei danni che qualcosa può procurare non è affatto una garanzia del fatto che si eviterà di mettere in atto proprio quel comportamento nocivo. Perché non è sufficiente informare le persone con chiarezza, soprattutto se è evidente che determinati comportamenti sono pericolosi? Molte persone, ad esempio, pur sapendo che l’uso del profilattico riduce notevolmente il rischio di contrarre l’HIV, spesso evitano di adoperarlo perché ricorda loro una malattia che vogliono tenere mentalmente lontana da sé oppure perché preferiscono non prendere in considerazione il problema quando stanno per avere un rapporto sessuale. Altri arrivano a convincersi che il loro sistema immunitario è sufficientemente forte da respingere il contagio. Pertanto è fondamentale sviluppare programmi di prevenzione che siano efficaci già tra gli adolescenti, i nuovi adulti di domani.