Italia minacciata dalla desertificazione. In Sicilia è allarme: “A rischio il 70 per cento dei terreni”
I cambiamenti climatici costringono l’uomo ad affrontare nuove problematiche, che necessitano di nuove soluzioni. I tempi sono ormai strettissimi e si deve agire subito
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I cambiamenti in atto non sono “un problema di qualcun altro”, sono anche un nostro problema. E per chi ancora non ne fosse convinto arriva, a chiarire le idee, il rapporto del CNR. Lo studio, basato sui dati raccolti dal Joint research centre (Jrc) dell’Ue, mostra un rischio erosione in crescita in tutti i Paesi dell’Unione: fino al 44 per cento sul territorio della Spagna; 33 per cento in Portogallo e quasi il 20 per cento in Grecia e Italia.
La percentuale che riguarda il nostro Paese sembra contenuta, ma si tratta di una media. Andando ad analizzare i dati si scopriranno delle aree - molto vaste - all’interno delle quali si arriva persino al 70 per cento. Allo stato attuale, ad avere la peggio, è la Sicilia. A rischio desertificazione, avverte però il CNR, sono anche Molise, Puglia e Basilicata. Stando a quanto dichiarato dall’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi), che ha snocciolato i singoli dati pubblicati dal CNR, se la situazione è da considerarsi ormai critica in Sicilia (70 per cento), le cose non vanno meglio in Molise (58 per cento), Puglia (57 per cento) e Basilicata (55 per cento).
Meno grave, ma comunque preoccupante, è la situazione in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania, dove i suoli ormai incoltivabili sono tra il 30 e il 50 per cento del totale. Un anno fa il ministero dell’Ambiente parlava di “piena emergenza”, ma da allora è stato fatto pochissimo, e il tempo a disposizione per trovare una soluzione adeguata è sempre meno.
E se al Centro e al Sud le cose vanno male al Nord non vanno comunque bene. A Chioggia si contano qualcosa come 20mila ettari agricoli a rischio desertificazione, causata dalla risalita del cuneo salino, ossia l’ingresso dell’acqua di mare nell’entroterra delle province di Padova e Venezia.
“E’ fondamentale la presenza di un sistema irriguo razionale - commenta Francesco Vincenzi, presidente dell' Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (Anbi) -, efficace e continuativo; in questo senso vanno i 75 interventi finanziati da Piano di sviluppo rurale nazionale, Fondo sviluppo e coesione, Piano nazionale invasi, capaci anche di garantire circa 3.200 posti di lavoro. Auspichiamo che la crisi politica non comporti ulteriori ritardi nella fase di avvio attualmente in atto”.
Fondamentale, per limitare i danni, sarà una corretta gestione delle risorse idriche, nonché una riscoperta del territorio, estremamente esposto a rischi idrogeologici: oltre 6 milioni di italiani risiedono in territori a rischio alluvioni, e a questi vanno aggiunte un milione di persone costantemente a rischio frane. Di fatto il 91 per cento dei comuni si trova in territori con problemi idrogeologici.
Combattere la desertificazione è possibile, e lo si potrà fare partendo da una migliore gestione del patrimonio idrico. La rete idrica, sia quella destinata alla fornitura dell’acqua potabile che quella per il settore agricolo, è un vero e proprio colabrodo. Salvaguardare il settore agricolo significa contrastare inaridimento e desertificazione. La distribuzione irrigua, inoltre, contribuisce indirettamente a rifornire le falde, contrastando la risalita del cuneo salino nelle aree vicino alle coste. “I cambiamenti climatici - spiega Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - non concedono ulteriori ritardi'.