L’Italia nella morsa delle alluvioni: tutti i numeri del pericolo

Le alluvioni continuano a flagellare l’Italia, colpite popolazioni, imprese e beni culturali. Le nuove mappe Ispra sulla pericolosità idraulica

LItalia nella morsa delle alluvioni tutti i numeri del pericolo
di Stefania Elena Carnemolla

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L’Italia è sempre più a forte rischio idrogeologico, una consapevolezza che l’opinione pubblica matura, anche se con fatica, solo dopo ogni disastro. Negli ultimi anni s’è fatta pertanto sempre più urgente la necessità di promuovere tra la popolazione una cultura della prevenzione. È nata così nel 2011 la campagna informativa nazionale Io non rischio sui rischi naturali e antropici che interessano il territorio italiano. La campagna è stata promossa e realizzata dal Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con Anpas, l’associazione nazionale delle pubbliche assistenze, Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e ReLUIS, il consorzio della rete dei laboratori universitari di ingegneria sismica, in accordo con Regioni e Comuni interessati. Nel 2011 la campagna è partita con il rischio sismico, cui si è aggiunto nel 2013 il rischio maremoto e nel 2014 il rischio alluvione.

L’Italia sott’acqua, anatomia di un paese fragile 

Gli eventi meteo che da qualche settimana flagellano l’Italia continuano a scuotere l’opinione pubblica. La verità è che l’Italia è un territorio fragile. Prendiamo un’allerta meteo-idrico, che per praticità viene indicata con 3 colori a seconda della gravità decrescente del pericolo: rosso, arancione, giallo. Cosa può accadere durante una simile allerta? Lo spiega in un’infografica il Dipartimento della Protezione Civile: allagamento di aree anche lontane dai corsi d’acqua, frane profonde e di grandi dimensioni, rottura degli argini e cedimento dei ponti, variazione del corso di un fiume, danni a edifici, centri abitati e attività produttive, frane, danni ad argini e ponti, voragini, erosione delle sponde, inondazione delle aree golenali, esondazione improvvisa dei corsi d'acqua, rapido innalzamento dei fiumi, sottopassi, tunnel, seminterrati e pianterreni allegati, smottamenti, colate di fango, caduta massi, strade e ferrovie interrotte, interruzione servizi di acqua, luce, gas e telefonia, fulminazioni, caduta di rami e alberi.

Il rischio idrogeologico in un Rapporto

Se in passato su Tiscali abbia spiegato come comportarsi in caso di alluvione, illustrando gli errori da evitare, con questo contributo forniremo, invece, dei dati, distrincandoci tra alcune mappe nazionali del dissesto idrogeologico realizzate da Ispra, l’istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale. Queste mappe fanno parte del rapporto Ispra 287/2018 Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio, autori Alessandro Trigila e Carla Iadanza del Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia e Martina Bussettini e Barbara Lastoria del Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità. Il rapporto, che è stato presentato lo scorso luglio alla Camera dei Deputati, fornisce un quadro di riferimento aggiornato sul pericolo frane e alluvioni su tutto il territorio nazionale, quindi sugli indicatori di rischio relativi a popolazione, famiglie, imprese e beni culturali.

L’Italia che frana 

Prima di concentrarci sul rischio alluvione, diciamo subito che l’Italia, così il Rapporto, è tra i paesi europei maggiormente interessati da “fenomeni franosi” con 620.898 frane che interessano un’area di 23.700 km2 pari al 7,9% del territorio nazionale. Ogni anno in Italia, continua il Rapporto, si verificano “qualche centinaio” di tali fenomeni che causano “vittime, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture lineari di comunicazione primarie”. Qualche numero: 172 eventi nel 2017, 146 nel 2016, 311 nel 2015, 211 nel 2014.

In questa cornice s’inserisce il Progetto IFFI con l’inventario dei fenomeni franosi in Italia realizzato da Ispra in collaborazione con Regioni e Province secondo “modalità standardizzate e condivise”. L’input è stato l’evento drammatico che il 5 maggio 1998 ha colpito, in Campania, i comuni di Sarno, Siano, Quindici, Bracigliano e S. Felice a Cancello nelle province di Salerno, Avellino e Caserta, ciò che ha spinto a dare “un nuovo impulso alle attività di conoscenza, pianificazione territoriale e riduzione del rischio da frana e idraulico, coinvolgendo tutte le strutture dello Stato nazionali e locali con competenze nel campo della difesa del suolo”. In tal senso il progetto IFFI rappresenta “il primo inventario omogeneo e aggiornato dei fenomeni franosi sull’intero territorio nazionale”.

Fotografia della pericolosità idraulica

Nelle ultime settimane, dicevamo, a tenere banco sono state le frequenti alluvioni. Per capire la loro natura diciamo subito che l’alluvione, nella definizione stringata del Rapporto, è l’allagamento temporaneo di aree abitualmente non coperte d’acqua e che causa dell’inondazione sono fiumi, torrenti, canali, laghi e, per le zone costiere, il mare. Uno scenario che continua a mutare. Nel 2017 Ispra ha, infatti, aggiornato la mappa della pericolosità idraulica procedendo a una nuova mosaicatura nazionale delle aree a rischio perimetrate dalle Autorità di Bacino Distrettuali.

Per la mosaicatura sono stati considerati 3 scenari di pericolosità: P3 o elevata con tempo di ritorno fra 20 e 50 anni e alluvioni frequenti, P2 o media con tempo di ritorno fra 100 e 200 anni e alluvioni poco frequenti, quindi P1 o bassa con scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi. Secondo il Rapporto in Italia le aree a pericolosità idraulica elevata sono pari a 12.405,3 km2, quelle a pericolosità media a 25.397,6 km2, quelle a pericolosità bassa a 32.960,9 km2. Le regioni con i valori “più elevati di superficie a pericolosità idraulica media” sono, in base ai dati forniti dalle Autorità di Bacino Distrettuali, Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto.

I numeri del pericolo

Il valore della popolazione a rischio alluvione varia a seconda dello scenario di pericolosità idraulica: 2.062.475 abitanti in caso di scenario P3, 6.183.364 in caso di scenario P2, 9.341.533 in caso di scenario P1. Le popolazioni maggiormente interessate da uno scenario P2 sono quelle di Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria.

Il Rapporto considera quindi le famiglie a rischio alluvione: 873.832 in caso di scenario P1, 2.648.499 in caso di scenario P2 e 4.001.788 in caso di scenario P3, mentre è fra Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria che, spiega il Rapporto, si registra il “numero più elevato di famiglie a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media”.

E, dopo le famiglie, gli edifici: 487.895 in caso di scenario P1, 1.351 in caso di scenario P2 e 2.051.126 in caso di scenario P3. Le regioni maggiormene interessate dallo scenario P2 sono Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Piemonte.

Quindi le industrie e i servizi: 197.565 in caso di scenario P1, 596.254 in caso di scenario P2 con, ricorda il Rapporto, “2.306.229 addetti esposti”, quindi 884.581 in caso di scenario P3. Le regioni più interessate dallo scenario P2 sono Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria.

SOS per i beni culturali

Non sono esenti dal rischio alluvione i beni culturali, di cui 13.865 interessati dallo scenario P1, 31.137 da quello P2 e 39.426 dallo scenario P3: “Il numero più elevato di Beni culturali a rischio nello scenario P2” spiega il Rapporto “si registra in Emilia-Romagna, Veneto, Liguria e Toscana. Tra i comuni con più elevato numero di Beni culturali a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità media P2 figurano le città d’arte di Venezia, Ferrara, Firenze, Genova, Piacenza, Ravenna e Pisa. Per la salvaguardia dei Beni Culturali anche lo scenario a scarsa probabilità di accadimento P1 assume una particolare rilevanza, tenuto conto che in caso di evento i danni al patrimonio culturale sarebbero inestimabili e irreversibili”.

Proprio di recente una ricerca pubblicata su Nature Communications ha rivelato come i cambiamenti climatici, con l’innalzamento delle acque, potrebbero spazzare via a causa di inondazioni ed erosioni molti siti  Unesco patrimonio dell’Umanità. In Italia si registrano Venezia e la sua laguna, Pisa con Piazza dei Miracoli, Vicenza e le ville palladiane del Veneto, il centro storico di Napoli, Ferrara e il delta del Po, i monumenti paleocristiani di Ravenna, l’area archeologica e la basilica di Aquileia, Portovenere, le Cinque Terre e le isole di Palmaria, Tino e Tinetto, l’area archeologica di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, la Costiera Amalfitana, il Cilento e il Parco Vallo del Diano con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula, le città barocche del Val di Noto, Siracusa e la necropoli di Pantalica, Genova con le Strade Nuove e il sistema del Palazzo dei Rolli, infine le opere veneziane di difesa.

 

Abbiamo parlato di: 

Io non rischio Website Twitter Facebook Instagram

Dipartimento della Protezione Civile Website Twitter Facebook Flickr

Anpas Website Twitter Facebook Flickr

Ingv Website Twitter Facebook

ReLUIS Website Twitter Facebook LinkedIn

Come comportarsi in caso di alluvione? Gli errori da evitare Articolo Tiscali

Ispra Website Twitter Facebook Instagram

Camera dei Deputati Website Twitter Facebook Instagram Flickr

Progetto IFFI Website

Mediterranean UNESCO World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise Articolo 

Unesco Website Twitter Facebook Instagram Google+ LinkedIn

06/11/2018
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