Raffaella Carrà è più viva che mai: il ricordo speciale di un pomeriggio a casa sua
Partì come una 'missione delicatissima', frutto di un tira e molla estenuante. Ma poi si trasformò in una chiacchierata senza fine, interrotta ogni tanto dalla sua fragorosa risata. I veri amici, le scelte difficili, gli amori più grandi e l'unico rimpianto
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È già passato un anno senza Raffaella Carrà ma non c'è stato giorno, dal 5 luglio scorso a oggi, che non si sia parlato di lei. Sembra impossibile riuscire a fare a meno di una donna così vera e di un'artista così completa. Non si contano più gli omaggi che il mondo della tv e del teatro le sta dedicando, i musical, le parate dei Pride di tutto il mondo. Raffaella Carrà continua a fare 'rumore' sui social e nelle feste private, nei djset e nella moda. Un'artista senza fine, una vera rivoluzionaria, capace di anticipare mode e di non conformarsi mai a niente e a nessuno. Una traiettoria unica, la sua che proprio mentre la Rai le sta intitolando gli storici studi di via Teulada e la sua Bellaria le ha dedicato il bel lungomare, abbiamo deciso di ripercorrere nei suoi snodi più importanti. Ecco il racconto di un pomeriggio indimenticabile trascorso fianco a fianco con quel mito che sapeva ironizzare su di sé con quella sua inconfondibile e fragorosa risata che tanto ci manca.
Il pomeriggio a casa di Raffaella
Missione esplorativa e delicatissima” fu la premessa dei miei direttori di allora, Massimo Donelli e Rosanna Mani, estenuati da un tira e molla con Raffaella Carrà che voleva festeggiare i suoi primi 60 anni un po’ come ha sempre vissuto la sua vita, un passo indietro. Dietro i lustrini, dietro il sorriso, dietro il successo. Per starsene nella sua casa romana vicina agli amici di sempre, facendo perdere le sue tracce, lontana dal clamore e dalle copertine. Compresa quella, ambitissima da chiunque nel mondo dello spettacolo, di Tv Sorrisi e Canzoni. I miei direttori riuscirono a spuntare solo che Raffaella guardasse con me alcune delle centinaia di fotografie che lo sterminato archivio del settimanale aveva della sua carriera e della sua vita. Io così mi armai di borsoni zeppi di diapositive e stampe e arrivai a casa sua carica come un mulo sapendo che non potevo sgarrare neanche un po’. I patti erano chiari: avremmo guardato insieme le immagini e lei mi avrebbe aiutato a comporne la didascalia per quello che avrebbe dovuto essere un grande diario fotografico. Le cose andarono invece molto diversamente perché Raffaella come tutti i veri grandi, è stata una persona di una generosità incalcolabile, anche nel raccontarsi. Ma solo quando si sentiva compresa e non giudicata.
Le sue fragilità ne hanno sempre composto l’incredibile forza e la sua voglia di non sentirsi giudicata era almeno pari alla sua incredibile fame di vita. Raffaella non ha mai amato i bilanci, le cerimonie, le celebrazioni: troppo impegnata a immaginare e a creare nuove sfide. Una creatività nutrita di un rigore assoluto, di senso di sacrificio d'altri tempi, di studio costante. Era la più grande di tutti ma sembrava annoiarsi solo all'idea di pensarlo. Della sua casa ricordo la luce, bianca, rarefatta. E il silenzio immerso nel verde. A spezzarlo solo quella sua inimitabile e fragorosa risata. Già perché Raffaella si divertì un mondo a guardare le sue vecchie foto, tante delle quali nemmeno lei si ricordava di aver scattato. Era perfettamente consapevole del suo fascino, un mix di semplicità, umiltà e anticonformismo. Ma la prima a non farci caso era lei. Si presentò in jeans attillati, camicia bianca, neanche un filo di trucco. Bellissima. Ne venne fuori un interminabile pomeriggio di chiacchiere, in cui ci passò tutto: il sogno di diventare coreografa, la vita familiare funestata dalla separazione dei suoi genitori, i primi passi come attrice e la rivendicazione di essere diversa da tutte e incapace di stare “buona e zitta”, il rapporto con il successo e l’affetto per il pubblico, la stima per Corrado 'il più grande di tutti, un vero signore che mi ha insegnato tanto', l'amicizia per Renato Zero, gli amori con i due uomini della sua vita e i pochissimi rimpianti, anzi l’unico “quello di aver desiderato un figlio quando era troppo tardi e il destino a quel punto mi ha detto: mo’ t’attacchi”.
Gli amori della sua vita, Gianni Boncompagni e Sergio Japino
“Di Gianni mi piaceva l’intelligenza, l’ironia, il senso dell’umorismo. Cazzeggiavamo dalla mattina alla sera. Non concepisco una giornata dove parli sempre e solo seriamente. Bisogna alleggerire. Non amo i pettegolezzi, quelli no. Ma ridere di sé o di ciò che ci accade è fondamentale. Sennò è una noia mortale. Con Gianni è stato un matrimonio bellissimo durato 11 anni anche se non regolamentato in chiesa. Non ci siamo lasciati per un litigio. Si è sempre comportato bene nei miei confronti e io nei suoi. Il nostro problema è stata la lontananza. I miei successi internazionali mi portavano lontano dall’Italia. Lui credeva in me, non voleva che rinunciassi. Io, confortata dalle sue parole, mi sono allontanata senza sapere che mi giocavo la vita. Oggi forse non lo rifarei. Ma è anche giusto sapere che dalla vita non si può avere tutto. Le soddisfazioni grandi che hai da una parte forse le devi pagare dall’altra”.
Sergio Japino è stato il suo amore per 17 anni e poi affianco a lei fino alla fine. “Voglio benissimo a Sergio, ci frequentiamo e ci sentiamo tutti i giorni. Che rapporto è? Non lo saprei spiegare. Certo non è un rapporto marito e moglie come era prima. Siamo tutti e due liberi però siamo legati da un profondo affetto”.
Il cuore, che dolor
“Io sono l’ultima persona al mondo che si può occupare di faccende sentimentali, nelle quali io stessa non ci capisco una mazza, come si dice a Roma. Nel lavoro mi sono sempre saputa organizzare, ma nella vita privata no. Ti innamori quando non te lo aspetti, non hai l’amore quando invece lo desideri fortemente, è talmente un casino che non ci capisco nulla. Sarà anche perché sono figlia di separati. In amore è tutto aleatorio e questo è il suo fascino. Non lo puoi pianificare”.
Le confidenze su Frank Sinatra
Parlammo davvero di tutto, della separazione dei suoi genitori quando aveva appena un anno e mezzo e della “guerra” che entrambi le fecero perché contrari che lavorasse nel mondo dello spettacolo: “Per me mia madre sognava un matrimonio con un professionista”. Mi confidò di quando il grande Frank Sinatra con il quale girò “Il colonnello Von Ryan” nel 1965 si innamorò di lei: “La nostra fu una simpatica amicizia, ma io non mi innamorai di lui e poi non mi piaceva sentirmi la ragazza del capo”. Già, anche in questo, era avanti a tutti anni luce.
Gli scandali e gli atriti con la Rai
Lei che negli anni Settanta magnificava le gioie della carne e del sesso con allegria e non chalance: 'Com'è bello far l'amore da Triste in giù Com'è bello far l'amore, io sono pronta e tu?'. Una vera rivoluzionaria che mentre le femministe bruciavano in piazza i reggiseni urlava la parità: 'Se lui ti porta in un letto vuoto, il vuoto daglielo indietro tu. Fagli vedere che non è un gioco, fagli capire quello che vuoi'.
Anche Lelio Luttazzi si prese una sbandata per quella ragazzina piena di talento: 'Aveva dei progetti matrimoniali sul mio conto ma tra noi non ci fu nemmeno un bacio. Mia madre fece fuoco e fiamme pur di allontanarmi da lui, perché lo trovava troppo grande per me. Anche se poi il problema si è riproposto con Gianni Boncompagni che aveva 11 anni più di me. Ma io avevo bisogno di avere fiducia'. Ovviamente ci passò anche l’ombelico scandaloso, quello esibito nella sigla di “Canzonissima” nel 1970 e di lì a poco un altro scandalo, quello del “Tuca Tuca”: “Il Cda della Rai mi censurò, diffidandomi dal riproporre la canzone. Poi, grazie a un’autentica sommossa popolare e a una campagna di stampa, dopo 5 o 6 settimane lo ballai di nuovo con Alberto Sordi. E fu il trionfo”. Parlammo anche della Rai, ingrata matrigna che incredibilmente la lasciava in panchina. Lei ne era molto amareggiata. Anche in quell'occasione non volle fare grandi polemiche ma ci tenne molto a puntualizzare il fatto che nonostante l'immenso successo e l'amore indiscriminato che il pubblico nutriva per lei, non avesse mai avuto alcun potere. E mi fece un esempio che ancora bruciava nella sua anima: 'Non sono mai stata appoggiata da nessun politico e da nessuno schieramento. Quando rapirono Aldo Moro nel 1978 io ero in Spagnae seppi che in Italia andava in onda 'ma che sera'. Telefonai ai direttori e chiesi per cortesia di togliere il programma . Era terribile in quel momento drammatico. Mi risposero che serviva per alleggerire la tensione. Li supplicai ma non mi diedero retta. Ci ho sofferto tantissimo ma non potevo farci nulla'. Parlammo anche di Mina con la quale fece 'Milleluci' nel 1974: 'La sera cenavamo sempre insieme e poi giocavamo a carte. A volte andavamo a lavorare senza aver dormito'. Orgogliosa icona gay 'da sempre anche se non so il perché. Credo molto nella chimica delle persone e negli incontri dove non è necessario parlare perché ci si capisce lo stesso', ma anche regina di ironia e autoironia: E poi come la mettiamo con il fatto che per me vanno pazzi pure i bambini?'.
La foto più importante di tutte
Ricordo che le ore passavano veloci tra sigarette e acqua. Le foto erano davvero tantissime e le sue avventure dietro le quinte ancora di più. Alla fine della lunghissima chiacchierata dalla quale uscirono ben 24 pagine di uno speciale da collezione lei con un colpo di teatro mi disse: “Avete tante foto, ma non la più importante”. Mi portò in un’altra stanza della casa dove c’era una piccola palestra dove evidentemente allenava il suo corpo a rimanere asciutto e muscoloso. “Questa è mia nonna Andreina. La sola che ha sempre creduto in me. A lei devo tutto”. Quando il servizio uscì con Raffaella ci rivedemmo. Le portai una copia del giornale che conservo ancora oggi e che è stato il mio unico bagaglio a mano quando ho lasciato Tv Sorrisi e Canzoni. Accanto alla sua foto di copertina, scrisse: “A Cinzia fantastica “caterpillar' dell’informazione con amicizia Raffaella Carrà”. Molto più di una medaglia da appuntarsi sul cuore.