Topless libero nelle piscine di Berlino ma attenzione perché questo articolo può essere censurato
Agli uomini è consentito nuotare a torso nudo, alle donne no. Ma l'amministrazione della città tedesca ha preso una decisione "rivoluzionaria". I capezzoli femminili però continuano a essere banditi da Google, Facebook e Instagram perché ritenuti "contenuti per adulti"
Breve ma necessaria avvertenza ai lettori di questo articolo: potreste ritrovarvi a leggere una notizia che Google, Facebook e Instagram bollano come “un contenuto per adulti” e sul quale decidono di non far scorrere la pubblicità. Poco male, direte voi, almeno leggiamo un articolo senza passare il tempo a chiudere banner ma ovviamente per chi fa informazione sul web il mancato introito pubblicitario è penalizzante, per cui si cerca nel limite del possibile di andare incontro alle regole dettate dall’algoritmo. E le regole in tema di capezzoli femminili sono a dir poco stringenti: quei pezzettini di carne rosa, simili a quelli maschili, sono banditi perché ritenuti osceni, scandalosi, peccaminosi, contrari alla morale dominante che poi è ovviamente quella dell’algoritmo.
La denuncia per discriminazione di una donna alla quale era stato impedito il topless
La notizia è che nelle piscine pubbliche di Berlino da ora in poi le donne potranno nuotare senza la parte superiore del bikini, a torso nudo, proprio come fanno da sempre gli uomini. Il che tradotto suona come “capezzoli in vista”. La decisione “rivoluzionaria” è dell’amministrazione giudiziaria della città e stabilisce che “il nuoto con la parte superiore del corpo libera è possibile anche per le persone di sesso femminile o per le persone con un seno femminile”. E arriva in seguito alla denuncia per discriminazione presentata da una donna alla quale era stato impedito di nuotare in topless in piscina, come invece permesso ai bagnanti uomini. Insomma, si tratta di una normale notizia di cronaca che registra un piccolo passo avanti rispetto all’annosa questione di come venga giudicato, soppesato e bannato il corpo femminile, che ci si trovi nelle piazze di Teheran o nelle piscine tedesche.
Perché mai questo articolo dovrebbe essere considerato "un contenuto per adulti"?
Perché mai, quindi, questo articolo dovrebbe essere considerato da Google un “contenuto per adulti” e quindi para-pornografico? Il fatto è che da anni le ferree regole dell’algoritmo considerano quei pochi centimetri di carne rosa all’apice della mammella come un organo sessuale e come qualcosa di peccaminoso e indecente, da segnalare e rimuovere nella “bannazione” eterna del web. Sempre che siano capezzoli femminili, sia ben inteso. Così succede che l’immagine della Venere del Botticelli o di una statua greca siano bandite esattamente come quella di una madre che allatta il suo bambino. L’idiosincrasia dell’algoritmo per i capezzoli femminili è talmente miope da accanarsi sui disegni: ecco allora che perfino il vestito indossato da Chiara Ferragni durante il recente Festival di Sanremo, nel quale era riprodotto da un artista il suo torace, venga considerato “un contenuto per adulti”. In pratica ciò che viene mostrato in mondovisione in prima serata sulla tv pubblica italiana e che viene visto da milioni di famiglie e di bambini, sul web invece viene trattato alla stregua di un’immagine di youporn (!). Altre volte invece a finire sulla graticola della censura non è l’immagine ma la parola usata, magari in un titolo. È successo con la parola “preservativo” in un articolo che dava conto di 40 anni di lotta e prevenzione all’Aids.
Le regole di Google e dei social e la raccomandazione del Consiglio di supervisione
Sono solo alcuni esempi che evidenziano quanto le regole di Google e dei social andrebbero riviste. Proprio nel gennaio scorso, il consiglio di supervisione indipendente di Meta ha raccomandato alla società di Mark Zuckerberg di rivedere le politiche “sulla nudità degli adulti e sui contenuti ritenuti come sessuali” perché non sono coerenti con gli standard internazionali dei diritti umani e perché di fatto creano discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e il genere delle persone. In particolare proprio le restrizioni sull’esposizione dei capezzoli femminili “sono troppe e risultano viziate da “una visione binaria del genere e su una distinzione tra corpi maschili e femminili" che le rende “confuse”. Non solo. Queste restrizioni vengono applicate dall’algoritmo senza alcuna analisi del contesto in cui sono diffuse per cui capita che finiscano censurate scene di protesta, immagini dopo un parto, foto di opere d’arte o articoli sulla prevenzione del cancro al seno. In attesa che l’algoritmo decida se sia arrivato il momento di prendere dei provvedimenti, noi comunque continuiamo a fare il nostro semplice lavoro di cronisti. E intanto alle donne berlinesi auguriamo una nuotata liberatoria.