Circondate e aggredite sessualmente da gruppi di uomini: cos’è l’agghiacciante fenomeno del taharrush gamea

Letteralmente, significa “molestia collettiva”: le donne vengono accerchiate e toccate nelle parti intime da gruppi di uomini che sono risultati di origine araba o nordafricana

Circondate e aggredite sessualmente da gruppi di uomini cosè lagghiacciante fenomeno del taharrush gamea

Un'immagine delle aggressioni di Capodanno a Milano nel 2022 - Ansa

Leggi più veloce

Di taharrush gamea o, più correttamente, taharrush jamai in arabo, si è tornato a parlare nei giorni scorsi dopo le verifiche e le indagini sulle aggressioni di piazza Duomo a Capodanno. Non era la prima volta che succedeva a Milano, il precedente è della notte di San Silvestro del 2022, e non sarà l’ultima se non si stronca subito questo agghiacciante fenomeno andandone a comprendere anche l’origine e le motivazioni degli abusanti che finora sono risultati tutti uomini, giovani e adulti, immigrati di prima e seconda generazione di origine araba o nordafricana. Almeno otto le donne, italiane e tedesche, molestate nell’ultimo Capodanno milanese con il tipico modus operandi: vengono accerchiate e separate dai loro eventuali accompagnatori, spintonate e toccate nelle parti intime. A volte anche spogliate e ferite.

Molestia collettiva

Come spiega Wikipedia, in lingua araba l’espressione significa letteralmente “molestia collettiva” e indica un'aggressione sessuale di massa ai danni di una donna, che può anche sfociare nello stupro. La macabra pratica è stata documentata per la prima volta in Egitto nel 2005: venne usata dalle forze dell'ordine come strumento di repressione contro le donne che protestavano al Cairo a piazza Tahrir. Ma dal 2012 le aggressioni sessuali, stupro compreso, sono diventate comuni in occasione delle manifestazioni e delle celebrazioni religiose che si svolgono in quella piazza. Da notare che, fino al 2006, con il termine al-taarrush, in Egitto ci si riferiva principalmente alla molestia e allo stupro di bambini. La locuzione ha poi iniziato a diffondersi per indicare la molestia sessuale di donne negli spazi pubblici quando, nel 2006, tramite i social media egiziani, furono rese note le molestie nei confronti di donne e ragazze da parte di una folla di giovani uomini, in occasione della festività di Id al-fitr nel centro del Cairo. Secondo il politologo libanese-americano As’ad Abukhalil però, l'espressione al taharush al jinsi, con il significato di "molestia sessuale", sarebbe in uso nella lingua araba almeno dagli anni 50 del ‘900.

La causa non è la cultura o la religione

Anche Wael Faruq, direttore dell’istituto di cultura araba della Cattolica, intervistato da Repubblica, sostiene che quanto accaduto in piazza Duomo a Capodanno sia un caso di taharrush gamea, ma secondo il professore «se si cerca di giustificare quello che succede attraverso la condanna di una cultura o di una religione si scappa dal problema, perché non è questo il punto». Secondo Faruq «bisogna partire dalla storia di queste molestie collettive negli spazi pubblici, fra persone che non si conoscono e in modo non organizzato, che hanno origini in Egitto. Un fenomeno nato alla fine degli anni Novanta, con il primo incidente al Cairo nel 1998 e una ragazza aggredita nel bel mezzo della piazza da un gruppo di ragazzi che la toccava». 

Capire l’origine della violenza

Il professore conferma poi che il taharrush gamea è stato “in seguito usato come tecnica di repressione dalla polizia contro le attiviste che manifestavano contro il governo, è nato in un contesto di violenza, di oppressione, di perdita della speranza, di disoccupazione, di guerra». I protagonisti delle violenze di oggi sono nati proprio in quegli anni: «Giovani stranieri o italiani di seconda generazione che sono cresciuti in questo contesto, che l’hanno vissuto in prima persona, lì oppure attraverso le immagini o racconti a distanza».

Cosa c’entra il taharrush gamea col MeToo

Il problema, secondo lo studioso, non è culturale o religioso: «Per la cultura araba e la religione islamica quelle violenze di gruppo sono un crimine gravissimo. Il problema sta nel contesto degli ultimi trent’anni, diventato parte della loro storia, che si intreccia ad altri due aspetti che spiegano cos’è accaduto e che si ripete in piazza Duomo». Faruq punta il dito sul «problema globale delle molestie sulle donne, scoperchiato con il MeToo e che riguarda in maniera drammatica anche tutto l’occidente. E insieme a questo, uno stereotipo femminile che si diffonde sui social e i profili di Tik Tok, una donna che si vende, che cerca soldi, una donna non reale. È contro uno stereotipo che vengono fatte quelle violenze di gruppo».

Violate anche le donne velate

Ma non è solo l’idea di una donna troppo disinibita e per questo da punire, secondo una mentalità misogina e retrograda. Perché lo stesso professore rivela che “uno studio ha dimostrato come l’87% delle vittime del taharrush gamea sono velate. Significa che non è contro persone per ragioni specifiche ma contro quello stereotipo che le deumanizza”. Insomma, “è troppo banale dare la colpa all’islam, parlare di ragazzi che provengono da una cultura distante da noi che non rispetta le donne. Ed è molto pericoloso slegare quello che è successo in Duomo da un contesto generale di una cultura della violenza che nasce da un vuoto e dal perdere la fede e significato in tutto”.

Il precedente di Colonia del 2016

Fatti del genere non accadono solo in Italia, ovviamente. Fece molto discutere il caso di Colonia dove, tra il 31 dicembre 2015 e il primo gennaio 2016, numerose donne tedesche denunciarono di aver subito rapine e molestie sessuali da parte di gruppi di uomini di aspetto nordafricano o arabo. E fatti simili, sempre nella notte di Capodanno, vennero denunciati anche ad Amburgo, oltre che a Zurigo, Salisburgo ed Helsinki. Allora, la polizia federale tedesca sostenne che il fenomeno della molestia sessuale collettiva di donne nello spazio pubblico sarebbe nota in alcuni Paesi arabi come taharrush gamea (molestia collettiva). Anche un rapporto del Ministero dell'Interno della Renania Settentrionale-Vestfalia sulle aggressioni ha definito "taharrush gamea" il termine con cui è noto nei Paesi arabi un modus operandi descritto come "molestia sessuale collettiva che si svolge in mezzo a una folla", paragonando l'incidente di Colonia agli incidenti del Cairo in Piazza Tahrir durante la rivoluzione egiziana del 2011. Il rapporto ha affermato che gli autori dei reati sono stati "quasi esclusivamente" di contesto migratorio "nordafricano e arabo", e che 14 dei 19 sospettati identificati dalla polizia venivano da Marocco e Algeria.

Taharrush gamea e xenofobia

Dopo l'uso fatto dalle autorità tedesche, l'espressione taharrush gamea è stata usata anche dai mezzi di comunicazione europei e mondiali, in particolare a proposito di analoghi atti di violenza collettiva avvenuti nel 2014 e 2015 a Stoccolma e resi pubblici solo nel 2016 dopo gli incidenti di Colonia. Perché ci fu tanta reticenza a chiamare le cose con il loro nome? Secondo le accuse fatte da alcuni giornali, proprio l’origine geografica o etnica dei responsabili delle violenze avrebbe prodotto nelle autorità il timore di essere accusate di xenofobia.

17/01/2025
logo tiscali tv