La ribellione delle suore dei cioccolatini: “I papi sono eretici”. E in risposta arriva la minaccia di scomunica
Le clarisse dei cioccolatini non riconoscono gli ultimi sei papi e li accusano di essere eretici. La reazione è una ventilata accusa del reato di scisma e la conseguente scomunica
Foto tratta dal profilo Instagram @tehagoluz
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Ha il sapore di un remoto passato lo scontro fra suore spagnole e Chiesa romana con tanto di accuse di eresia e minacce di scomunica. Sedici clarisse di clausura hanno infatti annunciato la loro volontà di abbandonare la Chiesa cattolica per questione che poco avrebbero a che fare con la fede. Accade a Belorado, in Spagna, e le monache in un comunicato accusano di eresia tutti i Papi successivi a Pio XII (sul soglio pontificio dal 1939 al 1958). All'origine della “rivolta” ci sarebbe però un'operazione di vendita di un convento.
Fra eresia e scomunica
La comunità religiosa delle Clarisse di Belorado a Burgos e Orduña (Vizcaya), guidata dalla badessa suor Isabel de la Trinidad, ha dunque deciso di lasciare la Chiesa cattolica per mettersi sotto la tutela e la giurisdizione di Pablo de Rojas Sánchez-Franco e della sua cosiddetta Pía Unión Santi Pauli Apostoli, che non è in comunione con Roma e il cui fondatore è stato scomunicato nel 2019. L'arcivescovo di Burgos, monsignor Mario Iceta, che proprio cinque anni fa scomunicò Sanchez-Franco, ha informato la Santa Sede dell'intenzione di questa comunità di suore di lasciare la Chiesa.
I cioccolatini e gli affari immobiliari
Le Clarisse di Belorado sono famose per la produzione di cioccolatini, richiesti da alcuni tra i migliori chef spagnoli e che loro stesse hanno promosso al congresso gastronomico Fusión di Madrid. L'origine della loro decisione, a parte l'accusa di eresia ai Papi, è la vendita di proprietà. Le suore vorrebbero vendere un convento di loro proprietà a Dario, che è vuoto, e con i soldi della vendita intenderebbero acquistare il monastero di Orduña. Il monastero appartiene alla diocesi di Vitoria, con la quale avevano un contratto di compravendita. Roma, dice la comunità religiosa, ha bloccato la loro richiesta di vendita del convento. Hanno poi proposto come alternativa che un acquirente esterno all'ordine paghi il milione di euro pendente per l'acquisto del monastero di Orduña affinché, una volta restituiti i soldi, il benefattore trasferisca il convento alle Clarisse. Ma l'operazione non si è conclusa a causa dei dubbi della diocesi sull'identità dell'acquirente e il contratto di compravendita è stato risolto dalla diocesi di Vitoria.
L’accusa di scisma
La comunità religiosa allora ha chiesto un risarcimento di 1,6 milioni di euro per i presunti lavori eseguiti, richiesta arrivata in tribunale. Il vescovo, monsignor Iceta, in attesa di ricevere indicazioni dalla Santa Sede, ha avvertito che se le suore "confermano e persistono" nella loro ribellione, saranno accusate del reato di scisma, secondo il Codice di diritto canonico, che potrebbe portare alla loro scomunica. Intanto ha esortato i fedeli ad astenersi dal partecipare ad ogni atto liturgico nel Monastero di Santa Chiara a Belorado.
Le clarisse rompono il silenzio su Instagram
Dopo la preoccupazione destate nei fedeli, le clarisse di clausura spagnole si sono affidate a Instagram, per un nuovo messaggio: "Non lasciamo la Chiesa, vi spiegheremo". A parlare ora, attraverso il profilo '@tehagoluz', è stata suor Sión. "Stiamo bene, la nostra realtà non è quella di essere sequestrate e lontane dalle nostre famiglie", ha affermato la religiosa. "Condivideremo passo a passo con voi la nostra esperienza, il nostro desiderio di essere fedeli alla verità di Cristo che abbiamo ricevuto, e la fedeltà alla fede e alla dottrina della Chiesa cattolica. Non lasciamo la Chiesa, vi spiegheremo. Per cui, per chi è preoccupato da questo, chiediamo solo un po' di pazienza. La nostra realtà è quella di poter mostrarvi ciò che abbiamo scoperto, e il desiderio della verità e dell'abbraccio con Cristo".
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I vescovi spagnoli: “Forse ingannate”
E risponde anche la Conferenza episcopale spagnola (Cee) che "si rammarica" per l'intenzione espressa dalle clarisse di clausura di Belorado (Burgos) di "rompere la comunione con la Chiesa cattolica", ritenendo che tale volontà potrebbe essere "frutto di inganni": è quanto si legge in un comunicato stampa, il primo dei vescovi iberici sul caso di queste suore in rivolta. Nella nota, la Cee si riferisce a una lettera e al manifesto pubblicato dalle clarisse, la prima firmata a nome di tutte loro dalla badessa suor Isabel, sostenendo che il contenuto di questi testi "corrisponde" alla posizione della corrente del "sedevacantismo", descritta come "setta" da "diversi esperti". "Il tono offensivo e recriminatorio del "manifesto" e della "lettera", così come alcuni termini" - sostiene il comunicato della Cee - non sono propri del modo abituale di comunicare di queste sorelle, che si esprimono pubblicamente non solo nelle parole scritte della badessa, ma anche in media, utilizzando espressioni confuse che sembrano frutto di inganni". I vescovi chiedono infine che tutte le clarisse di questa comunità "possano esprimere la propria posizione" rispetto a quanto alla badessa del convento di Belorado.