Stupri e violenze sessuali, parla Roberta Giommi: "Noi sessuologi tenuti fuori ingiustamente. Cosa fare subito""

Intervista a Roberta Giommi componente del direttivo della Federazione Italiana Sessuologi: "L'educazione sessuale dovrebbe essere insegnata a scuola, fin dalla più tenera età"

di Cinzia Marongiu

Sesso. Una parola che racchiude in sé tanti significati, una parola che porta la mente a emozioni positive come gioia e piacere ma anche a violenze e abusi come i tantissimi casi di cronaca testimoniano ogni giorno. Di fronte a stupri di gruppo, a chat vergognose e al mercato florido del deep web dove immagini violente e degradanti fanno monetizzare chi le produce e le mette in giro, la domanda cardine è sempre la stessa: “che cosa fare?”.

A voler dare una risposta necessaria e per una volta pragmatica è la categoria dei sessuologi ingiustamente tenuta fuori dal dibattito, mentre si attendono risposte normative e politiche, oltre che ovviamente giudiziarie. A dare loro voce è Roberta Giommi, collaboratrice di Milleunadonna, oltre che psicologa, psicoterapeuta che dirige l’Istituto Internazionale di Sessuologia di Firenze ed è componente del Direttivo della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS). “Mi rivolgo soprattutto agli allievi formati in sessuologia ma anche agli Esperti in Educazione sessuale e affettiva che anche in assenza di una legge hanno continuato e continuano a confrontarsi con ragazze e ragazzi e con genitori e con gli educatori. Bisogna far crescere questo movimento per evitare e soprattutto prevenire episodi come quello di Palermo, di Caiano e come quelli che leggiamo tutti i giorni sui giornali”.

Come dovrebbe crescere questo movimento?

“Innanzitutto con un riconoscimento ufficiale che noi sessuologi non abbiamo mai avuto, nelle diverse figure formate: esperti, consulenti e sessuologi clinici che sono medici e psicologi. In Italia sono state abilitate tante professioni ma non la nostra che ha invece un ruolo fondamentale nell’educazione”. Perché questo riconoscimento tarda ad arrivare? “Sinceramente non lo so. Ma in mezzo a tanti ostacoli e difficoltà siamo partiti dagli Anni 80 e dal 2000 ci siamo costituiti in Federazione, il che ci permette di lavorare con la Federazione Europea e con quella Internazionale”.

C’è tanta domanda?

“Sì, una domanda importante, si rivolgono le coppie, i single, i genitori, i giovani. Come Esperti in Educazione sessuale lavoriamo con le scuole, le biblioteche, i circoli, gli Enti locali, i consultori, presentando sempre prima un progetto di formazione, il programma e le esercitazioni”.

Dietro i casi di cronaca violenti che coinvolgono i più giovani c’è una concezione del sesso malata, strumentale, a fini prestazionali e di ricerca di visibilità. Perché non si riesce a vedere il sesso come un qualcosa di piacevole e appagante e non come un qualcosa di punitivo e violento?

“Alla base di tutto c’è una grossa lacuna nell’educazione. Molto spesso i genitori non educano i figli al sesso, semplicemente non ne parlano, vuoi per imbarazzo, vuoi per senso di inadeguatezza. E quindi nei ragazzi si formano vuoti formativi che purtroppo vengono colmati dalla Rete e da ciò che circola nel web, con video porno di ogni genere, alla visione dei quali i ragazzi non sono preparati. Ne viene fuori così una visione distorta della vita sessuale ma anche del proprio corpo e dell’immagine che un ragazzo in particolare ha di sé o della concezione che ha degli altri.

Che cosa insegnate ai ragazzi nei corsi che riuscite a organizzare nelle scuole?

“La prevenzione passa dal cambiamento culturale e dal sapersi muovere con intelligenza, rispetto, gentilezza, sapendo prendersi cura della sicurezza e dello scambio felice, anche nelle diverse scelte. Il fatto è che nessuno parla di questo, di accompagnare i ragazzi e le ragazze nel costruire amicizie, nel condividere, nel dare aiuto quando incontrano le difficoltà nell’amore, nella sessualità, nel rapporto con il loro corpo. Di questo Noi parliamo con loro in classe, là dove ci viene dato il permesso di entrare, e quando, nell’autogestione alle superiori, ci chiedono degli incontri. Così nella consulenza, confrontando le informazioni e le fatiche, aprendo dialoghi costruttivi, facendo capire cosa non si deve fare per l’etica delle regole buone, della relazione positiva che regala desiderio e benessere. Ci muoviamo dalle regole semplici come conoscere il corpo e come proteggerlo nel sesso sicuro, anche perché sono soprattutto le ragazze e i ragazzi dai 15 ai 24 anni che prendono le infezioni sessualmente trasmesse. E poi parliamo di come riconoscere e gestire le emozioni, come costruire l’autostima e imparare a gestire le delusioni e il dolore nelle relazioni.”.

L’educazione sessuale dovrebbe essere insegnata nelle scuole? E a partire da quale età?

 “Assolutamente sì, è sempre più necessario. E, facendo nostra la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dovrebbe cominciare fin dalla scuola materna. Per poi continuare nella scuola primaria e secondaria. I ragazzi devono essere informati e consapevoli. E soprattutto in adolescenza non devono vivere il sesso come un tabù da scoperchiare nei modi più sbagliati”.

E i genitori?

“Sono spesso spaventati, non sanno reagire. Il loro tabù ci racconta una difficoltà nel condividere la bellezza di provare emozioni e sentimenti, di conoscere la sessualità e nel saper gestire le delusioni dei figli, ci racconta che ragazzi e ragazze da soli possono accedere ad un messaggio cattivo sul sesso e non sono preparati alla grande scoperta di saper provare piacere e rispetto con competenza. Lo sballo, il bere, le sostanze stupefacenti non accendono l’anima ma la stordiscono, rendendo i gesti cattivi a portata di mano. Ora più che mai dobbiamo costruire questo dialogo tra adulti e figlie, figli, allievi, sportive/i. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci chiede questo e noi vorremmo una attenzione del Governo per poter svolgere questo intervento di educazione alla sessuale e all’affettività con più libertà e con i consensi necessari. Non c’è bisogno di improvvisazione ma di costruzione e di competenza ed è quello che facciamo da tanti anni perché sappiamo che è importante e necessario”.