Sibilla Barbieri, perché la sua morte è un atto politico che riguarda ognuno di noi
Dopo aver inutilmente combattuto contro la Asl che le ha negato il sostegno al fine vita, Sibilla Barberini è andata in Svizzera accompagnata da suo figlio e Marco Cappato
“Mi chiamo Sibilla Barbieri, sono malata oncologica da dieci anni”. Cinquantotto anni e i tubi dell’ossigeno al naso. La voce è affaticata ma è chiara. Inizia così, con un pugno allo stomaco, il video in cui l’attrice Sibilla Barbieri dichiara le sue ultime lucidissime volontà.
“Ho fatto tutte le cure che mi sono state proposte, anche le linee di trattamento all'estero che ho acquistato. Carissime. Ma purtroppo non hanno più funzionato. Io sono una malata terminale e non ho più tempo. Conoscendo la sentenza Cappato DJ Fabo. Ho provato a chiedere aiuto per il suicidio assistito a casa mia in Italia. L'ho chiesto alla mia ASL”.
Il percorso alla Asl però non porta il risultato sperato, Sibilla viene inviata ad una commissione che ne deve valutare il caso. Quando arriva, il responso è grottesco: la commissione decreta che Sibilla non rientra nei casi ammissibili perché “La paziente non è attaccata a macchinari di sostegno vitale”.
La follia di una legge monca
Se il malato necessita di supporto meccanico esterno per vivere, allora il fine vita è concesso: “Ma pochissimi malati terminali di cancro sono attaccati ai sostegni. Questa è una discriminazione gravissima tra i malati oncologici e chi si trova in altre condizioni anche non terminali”.
Davanti all’ottusità di un paese che ha paura di scegliere, che non ha la sensibilità sufficiente per accompagnare davvero chi soffre, Sibilla Barbieri decide di trasformare la sua morte in una battaglia, in una lotta politica, decide di dare un senso ad una fine che sta arrivando inesorabile troppo presto.
“Ho deciso liberamente e consapevolmente di ottenere aiuto andando in Svizzera. Perché lo posso fare. Possiedo i 10.000 euro necessari. E posso ancora andarci fisicamente, anche se sono al limite. Ma tutte le altre persone condannate a morire per una malattia e che non possono partire perché non hanno i mezzi? O le persone che sono sole? O quelle che non hanno le informazioni necessarie, come fanno? Questa è un'altra grave discriminazione a cui lo Stato dovrebbe porre rimedio”.
La morte come atto politico
Il giorno è poi davvero arrivato. Questo novembre, accompagnata dal figlio e da Marco Perduca dell’Associazione Luca Coscioni, Sibilla Barbieri ha lasciato questa terra. Oggi Cappato, in quanto legale rappresentate dell'associazione, e Vittorio, figlio dell'attrice, andranno ad autodenunciarsi per ottenere una nuova sentenza che stia dalla parte giusta, una sentenza più coraggiosa della politica. Una sentenza che faccia precedente.
Nella sua lucidità Sibilla ha scelto tutto: l’albergo sul lago, il giorno esatto. “Quando ho capito che avrei potuto farlo in Svizzera ho sentito tanta serenità, finalmente decidevo io” ha raccontato in un’intervista rilasciata a Repubblica che sarà un podcast. “Quando uscirà questa intervista tu non ci sarai più”. “No” risponde Sibilla, con uno schiaffo che ha però il suono della libertà. E della dignità.