Polemica sulla Cassazione: se la vittima di stupro si ubriaca di sua volontà non c’è aggravante
Per i giudici 'l'assunzione volontaria dell'alcool esclude la sussistenza dell'aggravante' che si applica solo nel caso in cui la vittima sia costretta o indotta a bere
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Sta provocando indignazione bipartisan la sentenza della Corte di Cassazione che in un caso di stupro ha stabilito che, se la vittima è ubriaca per avere assunto volontariamente alcol, alla pena non può essere aggiunta l'aggravante del ricorso a sostanze alcoliche o stupefacenti. La Cassazione ha disposto un nuovo processo sul caso nel quale la Corte d'Appello di Torino, nel condannare due cinquantenni, aveva applicato anche l'aggravante di 'aver commesso il fatto con l'uso di sostanze alcoliche'. La pena di tre anni, loro inflitta, potrebbe quini essere ritoccata al ribasso.
L’aggravante specifica
I giudici del Palazzaccio hanno stabilito, infatti, che se da un lato non si può sostenere che una donna ubriaca possa prestare un 'consenso valido' ad un atto sessuale, ritenendo quindi i due colpevoli dello stupro di gruppo, hanno anche stabilito che, per applicare l'aumento di pena, l'alcol debba essere imposto contro la volontà della persona offesa.
I fatti
In questo caso i due uomini e una ragazza avevano cenato insieme a casa, lei aveva assunto una quantità eccessiva di vino, tanto da 'non riuscire ad autodeterminarsi' e a ricordare pienamente l'accaduto. I due l'avevano portata in camera da letto e avevano abusato di lei. A distanza di ore era andata al pronto soccorso e qui aveva descritto in modo confuso quanto accaduto. I due imputati erano stati assolti in primo grado del gip di Brescia, nel 2011, perché la donna non era stata riconosciuta attendibile.
La sentenza di secondo grado
Ma la Corte d'Appello di Torino a gennaio 2017 aveva valutato diversamente il referto del pronto soccorso, che evidenziava leggeri segni di resistenza, ed emesso la condanna a tre anni, con le attenuanti generiche e l'aggravante. Puntando su quanto concluso dal primo giudice, la difesa degli imputati aveva sostenuto che non vi fosse stata condotta violenta da parte dei due, né riduzione ad uno stato di inferiorità, dato che la ragazza aveva bevuto volontariamente.
Abuso in condizione di inferiorità psichica
La Cassazione (sentenza 32462 della terza sezione penale) sottolinea invece che c'è 'violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica' anche se la vittima ha assunto alcol volontariamente, visto che 'in uno stato in infermità psichica', a prescindere da chi l'abbia determinato, mancano le condizioni per prestare un 'valido consenso'. Tuttavia, 'l'assunzione volontaria di alcol esclude la sussistenza dell'aggravante', e il relativo aumento di pena, poiché 'deve essere il soggetto attivo del reato' ad usare l'alcol per la violenza 'somministrandola alla vittima'. Quindi, 'l'uso volontario, incide sì sulla valutazione del valido consenso ma non anche sulla sussistenza aggravante'.
Il perché della sentenza
La questione è quindi questa: siccome la donna si è ubriacata di sua sponte, gli uomini che hanno abusato di lei possono essere accusati di stupro di gruppo e di averlo fatto approfittando del fatto che fosse ubriaca, ma non di essere stati loro a farla ubriacare. L’aggravante specifica quindi di 'aver commesso il fatto con l'uso di sostanze alcoliche' non può essere applicata. Il fatto che non sia applicabile un’aggravante non significa affatto che il fatto sia meno grave ma questa sembra invece essere la lettura che è stata data della sentenza da tutti coloro che ci si sono scagliati contro.
Le reazioni della politica
'Sul corpo e sulla vita delle donne la cultura, soprattutto quella giuridica, non avanza di un passo, anzi. La sentenza della Cassazione ci porta in dietro di decenni', afferma Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico. 'Lascia sconcertati la decisione della Cassazione di negare l'aggravante nel caso in cui la vittima di uno stupro abbia abusato di alcool. Far passare anche solo lontanamente l'idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo quale è lo stupro', afferma invece la deputata e leader di Forza Italia Giovani Annagrazia Calabria. Per Stefania Prestigiacomo, deputata di Forza Italia: “Questa sentenza ci porta indietro di anni quando nel 1999 una sentenza negò uno stupro perché la vittima indossava dei Jeans aderenti”.
Critica pure Michela Marzano
Anche la filosofa Michela Marzano si scaglia contro la sentenza scrivendo così su La Repubblica: “È difficile capire cosa sia passato per la testa dei giudici della Corte di Cassazione quando hanno stabilito che, se la vittima di uno stupro collettivo si ubriaca, non ci debba essere né aggravante né aumento di pena per i colpevoli”.
Il problema è la pena esigua non l’aggravante mancata
Se la domanda è cosa è passato per la testa dei giudici, la riposta è presto data: hanno applicato le leggi che hanno fatto i politici, cioè quelli e quelle che oggi straparlano. Hanno rilevato che un’aggravante specifica non fosse applicabile al caso perché, di fatto, non lo era e la cosa davvero vergognosa è che la pena, con l’aggravate, sia di soli tre anni. Per uno stupro di gruppo in Italia si comminano solo tre anni di pena. In Spagna c’è stata una sollevazione popolare dopo che un branco di criminali ha stuprato una 18enne e la sentenza ha comminato loro 9 anni per il solo abuso sessuale e non per lo stupro di gruppo. C’è una bella differenza.