I segreti del guru per il cocktail perfetto. Il miglior antidoto contro la sbornia? L'acqua
Intervista con il noto bartender trasteverino, Alessandro Procoli, uno dei giudici di 'Bartendency', il nuovo talent di FOX in onda dal 28 aprile alle 22.45
Difficile non associare alla professione del barman quell'immagine di Tom Cruise che nel celebre "Cocktail" si dilettava a mescolare liquori in modo acrobatico, facendo sussultare chi stava al di là del bancone. Eppure il barista (così lo chiamavano semplicemente allora) è molto di più: è arte, conoscenza e soprattutto savoir faire. Per rinnovare quell'idea radicata nell'immaginario comune e collettivo, dal 28 aprile alle 22.45 FOX (canale 112 di Sky) propone Bartendency, un tour attraverso il nostro Paese alla scoperta dei cocktail più originali e del miglior bartender d’Italia. Il talent si affida alla conduttrice radio LaMario e al noto bartender trasteverino Alessandro Procoli: sono loro che giudicheranno i concorrenti e che valuteranno stile, tecnica di miscelazione e originalità dei cocktail proposti. Ad Alessandro - classe 1971, uno dei proprietari del Jerry Thomas Speakeasy, cocktail bar di Roma entrato per ben 3 volte della prestigiosa classifica dei “World’s 50 Best Bars” - abbiamo rivolto qualche domanda su questa professione, ma anche sui gusti e tendenze dell' "Italia da bere".
Nell'immaginario comune il barman per antonomasia è quel Tom Cruise del film Cocktail. Che cosa è cambiato rispetto ad allora?
"E' cambiato tantissimo. certo, quel Tom Cruise ha segnato un epoca per i barman. Siamo stati tutti suoi allievi. Più che un cambiamento c'è un ritorno al passato, ad una forma di miscelazione che era quasi scomparsa, c'è la riscoperta dei grandi classici, della qualità, di un modo diverso di lavorare. Il panorama si è evoluto. Non ci son più le acrobazie, adesso c'è un altro modo di intrattenere più elegante".
Quali sono le qualità che deve avere un bartender oggi?
"Sicuramente è richiesta molta conoscenza del prodotto, molta cultura storica. Nella miscelazione la conoscenza è fondamentale per capire che cosa si va a fare. E' un mondo molto vasto anche se uno immagina il bar solo come un posto dove perdere quelle due tre ore. I bartender devono studiare. Devo anche essere un po' psicologi e allo stesso tempo easy nella super professionalità. Non dimenticarsi soprattutto che chi viene al bar vuole rilassarsi".
Che rapporto instauri con la clientela?
"Cerco di farli sentire a proprio agio, metterli comodi, capire che magari hanno passato una giornata stressante o che c'è magari chi vuole conquistare la ragazza che ha portato con lui. Insomma, un bravo bartender deve intercettare tutte le sfumature di chi ha davanti. Non bisogna mai essere troppo invasivi ma magari c'è anche il cliente che vuole più attenzione. E poi bisogna cercare di portare il cliente dalla nostra parte, magari con un suggerimento, ma senza farlo sentire ignorante".
Qual è il cocktail storico che avresti voluto inventare tu?
"E' una domanda difficilissima. Ognuno è legato ad una storia o un momento importante. Ma, forse, più che inventare un cocktail storico mi sarebbe piaciuto vivere una determinata epoca. Poco prima del Proibizionismo, ad esempio. Tra la fine dell'800 e gli anni Venti. Quell'epoca mi sarebbe piaciuto viverla".
Che cosa non deve mancare in un buon cocktail?
"Come in un buon piatto: pochi ingredienti e molto equilibrio. La fantasia sì, ma sempre con equilibrio. Va bene usare ingredienti complessi ma non bisogna mai perdere di vista dove si sta andando. Oggi, ad esempio, va molto di moda il Twist ovvero le varianti dei grandi cocktail. Ma bisogna stare attenti perché se un cocktail ha avuto tanto successo, prima di cambiare gli ingredienti ci deve essere una ragione molto valida".
L'ingrediente del quale non puoi fare a meno?
"Sicuramente il distillato, ma dipende dalla tipologia di drink che vuoi fare. In questo momento non posso fare a meno del prodotto italiano. C'è una grande riscoperta della liquoristica nazionale, che può essere un liquore, un vermouth, qualcosa che ci riporta alla nostra tradizionale che è centenaria".
I gusti o meglio il trend che si sta affermando?
"C'è appunto un ritorno al twist on classic, alla variante dei grandi classici della miscelazione. Però bisogna farlo con attenzione, non solo perché va di moda. E comunque, ogni bartender deve capire bene quello che serve fare nel suo bar".
Il mohito tiene ancora o è passato di moda?
E' un drink intramontabile ma il suo problema è che è molto difficile trovarne uno fatto bene. Comunque è fresco, ben concepito e andrà sempre di moda".
Che città consiglieresti per un weekend dedicato al bere bene?
"Consiglierei Londra e in Italia, Milano".
Si parla tanto dei rischi legati all’eccessivo uso di alcol. Cosa significa per te bere responsabilmente?
"Penso che i primi a fare educazione e divulgazione dovremmo essere noi bartender, facendo un tipo di miscelazione responsabile ovvero un prodotto con le giuste quantità di alcol, con buoni prodotti. Ma è anche importante educare chi sta bevendo e capire quando è il momento di far smettere chi non può più bere. All'estero in certi locali sono molto rigidi e ti tolgono addirittura le chiavi della macchina. In Italia siamo ancora indietro da questo punto di vista".
Il segreto per evitare la sbornia?
"Capire quale è il proprio limite e fermarsi prima. Ovviamente bere a stomaco pieno e suggerisco comunque di bere tanta acqua, durante e dopo, a fine serata. In questo modo, si evita certamente il mal di testa".