In memoria di Reeva Steenkamp. I sogni e le battaglie della modella uccisa da Oscar Pistorius realizzati dai genitori

I genitori tengono viva la sua memoria e i suoi ideali con una Fondazione che sostiene l’istruzione e aiuta le vittime di abusi. E per il suo compleanno, hanno realizzato un sogno

Foto Ansa 

di Redazione

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Credo che Reeva sapesse inconsciamente che non sarebbe vissuta a lungo, perché non ha mai sprecato un secondo, come se stesse facendo una corsa contro il tempo.

Su Vanity Fair, a dieci anni dalla morte avvenuta la notte di San Valentino, parlano i genitori della modella sudafricana Reeva Steenkamp che fu uccisa dal fidanzato, il campione paralimpico Oscar Pistorius. I genitori tengono viva la sua memoria e i suoi ideali con una Fondazione che sostiene l’istruzione e aiuta le vittime di abusi. E per il suo compleanno, oggi avrebbe 40 anni appena compiuti, hanno realizzato un sogno.

La condanna di Pistorius

Condannato in una prima sentenza a cinque anni di reclusione per omicidio colposo nel 2014, nel 2016 è stato condannato a sei anni per omicidio volontario, in seguito a una nuova sentenza emessa dalla Corte Suprema d’Appello. La stessa Corte lo ha poi condannato nel 2017 a un totale di 15 anni per omicidio volontario. L'ex atleta è in attesa di un nuovo ricorso per la libertà condizionale, dopo che il suo primo tentativo è stato respinto nel marzo di quest’anno.

Chi era Reeva Steenkamp

Si parla come sempre in questi casi dell'assassino e non della vittima, quindi ricordiamo chi era la modella e personalità televisiva, Reeva, laureata in giurisprudenza e impegnata socialmente. Sua madre e suo padre, June e Barry Steenkamp, 77 e 80 anni vivono a Port Elizabeth, in Sudafrica, e dopo la prematura scomparsa della figlia hanno fondato la Reeva Rebecca Steenkamp Foundation per sostenere le cause che la ragazza aveva a cuore.

Nell'intervista raccontano anche che un grande sogno della ragazza era di essere pubblicata proprio su Vanity Fair. La loro intervista è servita a realizzare postumo quel sogno. 

"Aveva una laurea in giurisprudenza e lottava per sostenere le donne vittime di violenze e maltrattamenti. Si batteva per le minoranze. Per Reeva, il colore della pelle, la religione, l’etnia e l’orientamento sessuale non facevano alcuna differenza. Credeva in Dio. Amava tanto anche gli animali. Visitava i canili nel fine settimana. A scuola era molto brava, gli insegnanti le volevano bene e dicevano che sarebbe diventata un punto di riferimento per i giovani, grazie alla sua positività. Alle volte era sfacciata, ma non ha mai fatto del male a nessuno. Era un angelo",  racconta June commossa.  

E continua: Oggi si darebbe da fare per la Fondazione. Sapeva che la carriera di modella non sarebbe durata per sempre: oggi userebbe la notorietà per difendere donne e uomini, promuovendo leggi contro violenze e abusi di ogni tipo.

Poi sempre la mamma racconta del rapporto della figlia con Pistorius: Gli voleva bene e lo ammirava per i traguardi che aveva raggiunto, ma credo che avesse dubbi sul voler continuare la relazione. Mi diceva che, a volte, aveva paura di lui e non riusciva a capire perché la trattasse in un certo modo. Litigavano spesso e lui cercava di umiliarla, anche quando si trovavano in luoghi pubblici e davanti agli amici. Erano entrambi famosi, ma lui cercava sempre di farla passare in secondo piano, voleva ridurla a essere “la ragazza di Oscar Pistorius”. Reeva è tornata a casa ogni anno a Natale e Capodanno, fino a quando ha incontrato lui. Non ha passato le feste con noi un mese dopo averlo conosciuto, ma poi lui l’ha lasciata da sola a casa sua ed è andato a divertirsi con gli amici. Ci fa tanto male sapere di non essere riusciti a proteggerla. Lo conosceva solo da tre mesi quando è stata uccisa".

La teoria dei genitori che è quella anche della giustizia sudafricana 

Pensiamo che abbiano avuto una lite violenta e lei volesse andar via. La paura l’ha spinta a infrangere le regole che tutte le donne dovrebbero seguire in una situazione simile. Non devi mai andar via di casa se avete litigato, devi aspettare e fare le valigie solo dopo che l’altro è andato via, altrimenti rischi di essere picchiata o uccisa. Reeva lo sapeva bene, ma penso non abbia mai creduto che Oscar fosse capace di ucciderla.

La libertà condizionale e il nuovo ricorso: la paura di June e Barry 

Racconta il padre di Reeva: Ho accettato di incontrarlo quest’anno, nell’ambito del programma di riabilitazione organizzato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Gli ho persino stretto la mano, ma è rimasto fedele alla sua storia e gli ho detto che non gli credevo. A quel punto abbiamo interrotto l’udienza per la libertà vigilata, perché era inutile insistere. Non mi ha dato le risposte che cercavo e ha continuato a negare quella che, a mio avviso, è la verità. Non andremo all’udienza dell’anno prossimo e lasceremo che sia la commissione a decidere che cosa fare. Ma temo che possa uscire anche prima della fine di quest’anno.
E June aggiunge: "Sono andata al carcere dove è detenuto per oppormi alla libertà condizionale. Avevamo un appuntamento ma si è rifiutato di vedermi. Ho spiegato alla commissione che non credo si sia pentito e che non penso esista una cura per una personalità come la sua. Ha fatto male ad altre persone prima di Reeva, chissà cosa succederebbe se venisse rilasciato".

24/08/2023
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