La Rai vieta le scollature e il tacco 12, ma quello che si misura è il cervello
'Che bello scoprire che nella sinistra renziana ci una donna che si fa carico di recuperare le istanze delle vecchie e austere compagne dell'ex Pci'
È una fortuna che io non lavori al momento a Rai tre con la direttrice Daria Bignardi. Ē una fortuna per i miei abiti, gli orecchini stipati in cesti rivestiti di tela chiara o soavemente sistemati in scatoline di plastica colorata e collocati così - solo per un bel vedere- in mezzo alla mia grande stanza da letto, molto poco letto e tanto cabina-armadio. Poveri vestiti, povere collane, avrei dovuto bruciare tutto perché Daria, secondo quanto riferisce un sito spesso molto informato, ha cominciato la sua rivoluzione in viale Mazzini da un basso paradigmatico, quasi metafisico. Non dai programmi, dai conduttori, dai target di mercato, bensì dal Look.
Niente trucco, signore, niente tacco per carità, basta dress code nero che fa tanto sexy, addio ai cerchi stilizzati o ai pendenti multicolor che riuscirebbero a ravvivare anche il viso più tetro rischiarando umori, pensieri, programmi. Lady Bignardi, nuovo capo indiscusso dell'ex TeleKabul, inizia dall'abito che, contrariamente a quanto dice il proverbio, a suo altissimo avviso, fa il monaco, eccome. Che bello scoprire che nella sinistra renziana dove l'esponente di spicco, la ministra Maria Elena Boschi si fa vanto di essere sempre perfetta - la manicure laccata, il boccolo appena infiorato dalla piastra, il décolleté a prova di infarto- ci sia qualcuno, anzi una donna che si fa carico di recuperare le istanze delle vecchie e austere compagne dell'ex Pci, quelle che si vestivano a strati, zoccoli ai piedi, cerette mai fatte, capelli crespi e nemmeno un filo di incolpevole burro di cacao anti screpolatura sulle labbra.
Daria che dovrebbe rappresentare il nuovo che avanza, il renzismo migliore, quello della “rottamazione” che si trasforma fisiologicamente in un amorevole ricambio generazionale, sceglie di tornare alla Rai cupamente democristiana, quella dove alle ballerine veniva accorciato l'oro della gonna nei varietà o venivano fatte loro indossare calze coprenti ad occultare forme sinuose destinate forse ad intorpidire i sogni degli italiani. Raccontando la sua esperienza in Rai, Andrea Camilleri ha spiegato recentemente che viale Mazzini ha sempre avuto un timore reverenziale nei confronti di quelle che onomatopeicamente vengono chiamate " le tette".
Nell'immagine Monica Setta
Insomma, la femmina "nuda", forte, libera e vistosa allo stato di natura si conferma infinitamente più eversiva di un talk politico anti renziano perché racconta al mondo che, nel rispetto scontato di alcuni parametri legati più al buon senso che alla moda, ognuna è padrona del proprio destino… pardon, vestito. Eh sí perché se tentate di minimizzare dando della scema alla Bignardi, siete proprio fuori strada.
Daria è la migliore di noi (lo dimostrano i traguardi raggiunti) e capisce il mondo. Come fa un'azienda a trasmettere il messaggio che non è in preda alla più fantasiosa e spassosa anarchia? Dando regole ferree, anche o forse soprattutto sulle cose a noi più intime come gli abiti, gli orecchini, il tacco delle scarpe. Ecco, passi che a condurre ci vanno o ci andranno comunque le raccomandate che qualche passaggio giusto se lo sono fatto (almeno così si dice nei corridoi), passi pure che gli ascolti del prime time sono rasoterra (che vuoi che sia lo Share, parola abusata, desueta, vacua?) o che non ci siano all'orizzonte progetti incendiari destinati a scrivere la storia contemporanea della tv.
Tutto superfluo tranne la scollature. Quella sí che " misura" il cervello. Più è profonda, meno ne hai. Anzi, per dimostrare che noi femmine Alfa siamo diverse dalle "sciacquette" tutte tette e lato B marmoreo, io proporrei per noi over 50 magari con qualche kg di troppo addirittura il burqa. Che ne dite? Sarebbe perfetto per l'autostima.
È una fortuna che io non lavori al momento a Rai tre con la direttrice Daria Bignardi. Ē una fortuna per i miei abiti, gli orecchini stipati in cesti rivestiti di tela chiara o soavemente sistemati in scatoline di plastica colorata e collocati così - solo per un bel vedere- in mezzo alla mia grande stanza da letto, molto poco letto e tanto cabina-armadio. Poveri vestiti, povere collane, avrei dovuto bruciare tutto perché Daria, secondo quanto riferisce un sito spesso molto informato, ha cominciato la sua rivoluzione in viale Mazzini da un basso paradigmatico, quasi metafisico. Non dai programmi, dai conduttori, dai target di mercato, bensì dal Look.
Niente trucco, signore, niente tacco per carità, basta dress code nero che fa tanto sexy, addio ai cerchi stilizzati o ai pendenti multicolor che riuscirebbero a ravvivare anche il viso più tetro rischiarando umori, pensieri, programmi. Lady Bignardi, nuovo capo indiscusso dell'ex TeleKabul, inizia dall'abito che, contrariamente a quanto dice il proverbio, a suo altissimo avviso, fa il monaco, eccome. Che bello scoprire che nella sinistra renziana dove l'esponente di spicco, la ministra Maria Elena Boschi si fa vanto di essere sempre perfetta - la manicure laccata, il boccolo appena infiorato dalla piastra, il décolleté a prova di infarto- ci sia qualcuno, anzi una donna che si fa carico di recuperare le istanze delle vecchie e austere compagne dell'ex Pci, quelle che si vestivano a strati, zoccoli ai piedi, cerette mai fatte, capelli crespi e nemmeno un filo di incolpevole burro di cacao anti screpolatura sulle labbra.
Daria che dovrebbe rappresentare il nuovo che avanza, il renzismo migliore, quello della “rottamazione” che si trasforma fisiologicamente in un amorevole ricambio generazionale, sceglie di tornare alla Rai cupamente democristiana, quella dove alle ballerine veniva accorciato l'oro della gonna nei varietà o venivano fatte loro indossare calze coprenti ad occultare forme sinuose destinate forse ad intorpidire i sogni degli italiani. Raccontando la sua esperienza in Rai, Andrea Camilleri ha spiegato recentemente che viale Mazzini ha sempre avuto un timore reverenziale nei confronti di quelle che onomatopeicamente vengono chiamate " le tette".
Nell'immagine Monica Setta
Insomma, la femmina "nuda", forte, libera e vistosa allo stato di natura si conferma infinitamente più eversiva di un talk politico anti renziano perché racconta al mondo che, nel rispetto scontato di alcuni parametri legati più al buon senso che alla moda, ognuna è padrona del proprio destino… pardon, vestito. Eh sí perché se tentate di minimizzare dando della scema alla Bignardi, siete proprio fuori strada.
Daria è la migliore di noi (lo dimostrano i traguardi raggiunti) e capisce il mondo. Come fa un'azienda a trasmettere il messaggio che non è in preda alla più fantasiosa e spassosa anarchia? Dando regole ferree, anche o forse soprattutto sulle cose a noi più intime come gli abiti, gli orecchini, il tacco delle scarpe. Ecco, passi che a condurre ci vanno o ci andranno comunque le raccomandate che qualche passaggio giusto se lo sono fatto (almeno così si dice nei corridoi), passi pure che gli ascolti del prime time sono rasoterra (che vuoi che sia lo Share, parola abusata, desueta, vacua?) o che non ci siano all'orizzonte progetti incendiari destinati a scrivere la storia contemporanea della tv.
Tutto superfluo tranne la scollature. Quella sí che " misura" il cervello. Più è profonda, meno ne hai. Anzi, per dimostrare che noi femmine Alfa siamo diverse dalle "sciacquette" tutte tette e lato B marmoreo, io proporrei per noi over 50 magari con qualche kg di troppo addirittura il burqa. Che ne dite? Sarebbe perfetto per l'autostima.