I ragazzi non amano la scuola? Vi spiego perché la colpa è dei prof

Secondo il rapporto dell'Oms i ragazzini tra gli 11 e i 15 anni sono oppressi da valanghe di compiti. I docenti? Pensano a graduatorie e pensione

di Monica Setta

Lo so che si usa molto fare un patto fra scuola e famiglia: i genitori sostengono i professori per la "buona causa" cioē il futuro dei nostri ragazzi. Il politically correct ha insegnato a noi madri - anche alle più protettive- ad assecondare sempre e comunque l'operato dei docenti, sottopagati, nervosi, spesso precari, indeboliti dagli eterni conflitti con gli studenti ribelli. "Mamma la prof mi ha corretto un errore che in realtà errore non ē, perchē non ci parli tu?". E noi, impermeabili ad ogni j'accuse dei figli, pronte a dire che "i professori lo fanno per il vostro bene". Severi, ma pedagogici, didascalici, morali.

Scuola, peggio di noi solo estoni, greci e belgi - Invece stavolta io voglio dire quello che penso senza tabù o ipocrisie. Il rapporto dell'ufficio europeo Oms sostiene che i ragazzini della fascia anagrafica fra gli 11 e i 15 anni sono oppressi dalla scuola, pressati da una valanga di compiti in classe o a casa che non li intrigano affatto anzi li annoiano in modo quasi paradigmatico, assoluto. La scuola, aggiunge il report, piace al 26 per cento delle femminucce di 11/12 anni contro il 17 per cento dei maschietti. Peggio di noi stanno solo gli estoni, i greci e i belgi. Ebbene, io do ragione ai figli e torto ai prof: se la scuola non li interessa, non li coinvolge ē colpa dei docenti che non sanno trovare un "linguaggio" adatto per entrare in empatia con quelli che l'Economist chiama Thę New generation.

Quando mi sono invaghita di Lutero - A noi, diciamocelo, ē andata molto meglio quando eravamo ragazzi. Io mi ricordo ancora che tornando a casa dal liceo, facevo appena in tempo a pranzare con mia madre (anche lei, insegnante) e mio padre, poi di corsa in camera a leggere, studiare, scrivere. Andavo avanti - praticamente un flusso senza interruzione- dalle 14.30 alle 20 fatta eccezione per la mezz'ora dedicata ad ascoltare la radio (la mia, che sono nata a Brindisi, era Ciccio Riccio, la canzone più amata era Luna di Gianni Togni che ha segnato con il "Vamos a la playa" dei Righeira la mia maturità classica nell'anno di grazia 1983). Divoravo i volumi, ci infilavo la testa, senza quello di storia e filosofia mi mancava l'aria. Ricordo i nomi di tutti i professori, a cominciare dalla mitica Tripaldi che, facendomi invaghire di Lutero, mi spinse ad iscrivermi e a laurearmi in filosofia fino al prof da me meno amato, quello di matematica.

Tra la graduatoria e il sogno della pensione - Oggi i docenti sono scontenti, decisamente preoccupati di "entrare in graduatoria" ottenendo il famoso posto fisso, magari fanno un secondo lavoro o sognano la pensione visto che l'età media ē molto alta ( intorno ai 55 anni), insomma quanti di loro davvero hanno preso la laurea per insegnare? Sarebbe interessante saperlo, così sapremo anche in che percentuale i nostri figli devono assorbire le frustrazioni dei docenti che fanno scontare loro il mancato appagamento professionale con un voto basso o addirittura una bocciatura. Non voglio generalizzare, sono la persona meno adatta a farlo perchē vivo in una famiglia di prof ( i miei zii materni sono presidi di un liceo, mio zio paterno insegna filosofia, sua moglie lettere), mi interessa però aprire il dibattito fra madri, studenti e docenti lanciando una provocazione a questi ultimi: siete sicuri, cari prof, che quando i ragazzi sbuffano sul banco la colpa sia " solo' dei nostri figli?