Il caso del prof morto dopo il vaccino, la moglie: 'Lo abbiamo fatto insieme, farò la seconda dose'
Parla Sandra Riussi, vedova di Sandro Tognatti, l'insegnante di musica di 57 anni morto il giorno dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca
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Sul caso della morte del professore di Biella avvenuta dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, e di tutti gli altri decessi sui quali si nutre il sospetto di reazioni avverse fatali, si è detto tutto e il contrario di tutto. Ma fra chi ha avuto la reazione più composta c’è proprio colei dalla quale ci si aspetterebbe meno freddezza: sua moglie. 'Credo nella vaccinazione anti-Covid e farò la seconda dose. Ma nello stesso tempo vorrei conoscere la causa della morte di mio marito', ha dichiarato in un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano 'La Provincia pavese' Sandra Riussi, 55 anni di Garlasco (Pavia), moglie di Sandro Tognatti, l'insegnante di musica di 57 anni morto il giorno dopo aver ricevuto la prima dose del siero AstraZeneca.
Prima la febbre, poi il decesso
Nell'intervista, Sandra Riussi racconta che lei e il marito, entrambi docenti, sono stati vaccinati nel pomeriggio di sabato 13 marzo. 'Io non ho avuto nemmeno una linea di febbre. Mio marito durante la notte ha accusato una febbre molto alta, sino a 39.5. La domenica mattina è sceso per bere il caffè con i suoi genitori, che vivono vicino a noi. Poi è salito in mansarda a riposarsi. L'ho chiamato al cellulare ma non rispondeva'. La donna a quel punto è corsa subita dal marito e ha visto che non respirava. Ha provato prima lei da sola a rianimarlo, poi con l'aiuto degli operatori del 118. Ma non c'è stato nulla da fare.
La fiducia nei vaccini resta
Tutto questo avrebbe potuto spaventarla e indurla alla confusione, invece no: Sandra Riussi resta razionale, pure nel dolore, e attende i fatti. 'Consiglio a tutti di vaccinarsi, l'ho già detto più volte. Ma non sono un medico: è solo un comportamento che ritengo giusto a prescindere dalla tragedia di mio marito. Mi sembra l'unico modo per vincere il Covid'. Insomma per lei la strada giusta è quella di aspettare gli esiti dell’autopsia e, nel frattempo, non perdere fiducia nella campagna vaccinale: “Mio marito credeva nel vaccino e bisogna continuare a crederci perché è l’unica strada che ci può liberare da questa situazione. Era consapevole che il vaccino andava fatto, per il proprio interesse di riappropriarsi delle proprie attività, oltre che per un interesse collettivo. Ed è proprio così”, ha dichiarato ancora alla Repubblica.
In attesa dell’autopsia
La sua è la forza di una donna che, seppure squassata dal dolore, non perde lucidità e non si avventa in dichiarazioni sopra le righe: “Non ci hanno detto cosa possa essere stato, per quello faranno l’autopsia. Poi però l’hanno portato via e non lo abbiamo più visto. È questa la cosa dolorosa adesso. Non poterlo più vedere. Ancora non mi rendo conto dell’incubo che stiamo vivendo”. Sandra Riussi si dice quindi d’accordo sulla necessità di fare subito chiarezza su quanto accaduto proprio per poter andare avanti con la campagna: “L’esistenza di un legame con il vaccino al momento non c’è, visto che il decesso è stato così ravvicinato hanno consigliato l’autopsia. Ma in cuor mio non me la sento di dire che sia colpa del vaccino. Se non credessimo nei vaccini non lo avremmo fatto, invece anche nel ruolo di educatore è importante farlo”. Una donna, e una famiglia, di esempio per tutti.