Pelicot, orrore senza fine: spunta un'accusa di omicidio per il marito. Gisèle e la vergogna

Il caso di Sophie Narme stuprata e uccisa a Parigi e le analogie con un'altra aggressione che il marito ha confessato. Gisèle eroina globale

di Redazione

Mentre Gisèle Pelicot è divenuta un'eroina globale ed è diventata il vero simbolo della lotta alla violenza sulle donne perché "nessuna vittima si deve mai più vergognare", arriva una notizia  che fa rabbrividire: Dominique Pelicot è sospettato di altre violenze su altre donne. Le vicende giudiziarie dell’uomo che per dieci anni - dal 2011 al 2020 - ha drogato la moglie Gisèle per violentarla e farla violentare da oltre 50 uomini che reclutava via chat, non sono finite con la condanna a 20 anni di carcere arrivata per lui il 19 dicembre. (Leggi qui la storica sentenza). "Si può presumere che quello che è successo a Mazan, in Francia, sia solo il culmine di un lungo processo", ha detto in un’intervista alla Bbc l’avvocato Florence Rault, che rappresenta le famiglie di altre potenziali vittime di Dominique Pelicot e che tuttavia non si aspetta ulteriori confessioni da parte del 72enne in relazione a casi irrisolti: "Fino a quando non sarà messo di fronte a prove indiscutibili, negherà tutto".  

La violenza contro un'agente immobiliare

Nel 1999 Dominique Pelicot fu accusato di aver cercato di violentare un’agente immobiliare di 23 anni di Villeparisis, conosciuta con lo pseudonimo di Marion: durante la visita di un immobile, chiesta dal cliente senza un appuntamento prenotato in anticipo, alla donna fu messo un panno imbevuto di etere sul viso ma lei riuscì a sfuggire all’aggressione nascondendosi in un armadio. Nel 2021, dopo che Pelicot era stato arrestato per i fatti di Mazan, il suo Dna è stato confrontato con una traccia di sangue rinvenuta su una delle scarpe di Marion e ne è risultata una corrispondenza. A quel punto l’uomo ha ammesso la sua presenza sulla scena della tentata aggressione, ma continua a negare di aver cercato di violentare la donna. Non solo. 

Il caso di Sophie, violentata e uccisa a Parigi

Gli investigatori hanno anche fatto un collegamento con il caso della 23enne Sophie Narme, un’altra agente immobiliare violentata e uccisa a Parigi il 4 dicembre 1991. La donna è stata trovata morta, strangolata con una cintura e accoltellata, in un appartamento che doveva mostrare a un potenziale compratore nel XIX arrondissement. All’epoca vennero sospettati i serial killer Michel Fourniret e François Verove, senza che però si arrivasse a una soluzione del caso. Nel 2022, notate delle somiglianze con la vicenda di Marion - le vittime avevano la stessa età, vivevano nella stessa zona ed erano state aggredite in modo molto simile -, e nonostante non ci siano prove legate al Dna, Pelicot è stato formalmente accusato dell'omicidio di Sophie Narme per il quale però continua a proclamarsi innocente. Ma non è finita qui. 

Gli altri casi irrisolti

Secondo quanto riporta Le Parisien, la polizia giudiziaria sta però passando i rassegna anche altri casi irrisolti avvenuti fra il 1980 e il 2010 e che si sospetta possano essere opera di Pelicot: due aggressioni ad agenti immobiliari a Vannes e Valenciennes, uno stupro a Rambouillet, un tentato stupro a Chelles e un omicidio commesso nel 2000 a Berre-l'Etang, nel dipartimento delle Bocche del Rodano. 

Gli abusi sulla figlia

Su Dominique Pelicot grava un altro terribile sospetto al quale il processo non ha potuto rispondere: cos’è successo davvero alla figlia Caroline? L’uomo infatti è stato condannato anche per aver scattato immagini indecenti della figlia oggi 45enne: nel suo computer sono state trovate delle foto dal titolo “mia figlia nuda” in cui la donna sembra essere stata drogata. Pelicot ha fornito varie e a volte contraddittorie spiegazioni ma ha sempre negato di aver abusato di Caroline: "Non ti ho mai toccata", le ha detto durante il processo

Gisèle e chi si deve vergognare

Intanto nel mondo le parole di Gisèle Pelicot dopo il verdetto continuano a rimbalzare di social in social e sono di ispirazione e sostegno a tante altre donne. La donna ha spiegato  di aver scelto un processo pubblico perché "forse una mattina una donna che si sveglia senza memoria penserà alla mia testimonianza" e perché «le donne possano dire: “se ce l’ha fatta la signora Pelicot, posso farlo anche io”». In una delle sue testimonianze ha anche affermato che «non spetta a noi provare vergogna, ma a loro», riferendosi agli stupratori.. "Ho fiducia nella nostra capacità di cogliere collettivamente un futuro in cui ognuno, donne e uomini, possa vivere in armonia, nel mutuo rispetto e nella comprensione". Poi ha aggiunto: "Rispetto la sentenza dei giudici. Questo processo è stato una prova molto dura. Penso ai miei tre figli, David, Caroline e Florian. Penso ai miei nipotini perché loro sono il futuro ed è per loro che ho condotto questa lotta. Voglio esprimere la mia più profonda gratitudine a tutte le persone che mi hanno sostenuta durante questa prova".