Uno sguardo verso il cielo, le emozioni del volo libero raccontate da Silvia Buzzi Ferraris
Di casa sulle cime lecchesi la parapendista ha imparato a volare all’Alpe Giumello, in Valsassina, alla scuola di Dante Porta. 52 anni, mamma di due gemelle, due anni fa ha vinto il bronzo ai mondiali e nell’ultimo campionato, nonostante una brutta ferita a una caviglia, ha voluto continuare le gare fino alla fine vincendo l’oro a squadre
Leggi più veloce
Più in cielo che in terra. Fra le onde, sulle pareti delle montagne, tra le nuvole. Una volta con i muscoli provati dal nuoto, un’altra con la mente rivolta alla vetta mentre si arrampica sulle Dolomiti, un’altra ancora con il naso all’insù per leggere l'umore delle nuvole. Ma anche con la mente rivolta ai libri di fisica e matematica, le materie che insegna nelle scuole medie lombarde (“perché non si vive di solo volo libero”). Questa è Silvia Buzzi Ferraris, campionessa mondiale di parapendio a squadre nell'ultimo trofeo iridato disputato lo scorso agosto in Macedonia; nuotatrice, ciclista, scalatrice, kitesurfer e triatleta, l'azzurra è (soprattutto) una delle più forti parapendiste al mondo.
Perché è riuscita a diventare - con la classe, l’esperienza (molte ore di volo) - parte integrante di quel complesso mondo fatto di montagne, sole, nuvole, brezze ascendenti (termiche) e discendenti (sic!). “Dopo una piccola esperienza scolastica in aliante – ero al liceo - ho capito che lassù ci sarei tornata”, spiega adesso la parapendista, “così qualche tempo dopo, ricordandomi di quelle emozioni, ho cominciato a volare sotto l’ala di Dante Porta, uno dei precursori, un mito del parapendio italiano”. Fu lo stesso Porta, che allora insegnava a volare all’Alpe Giumello, in Valsassina, a indicarle la via della gare (“se vuoi progredire devi confrontarti”). Così, con una grande dose di faccia tosta (e di altrettanto coraggio), agli inizi degli anni '90 decide di affrontare gli avversari con una vela scuola con “risultati poco soddisfacenti”.
E’ la gavetta. Qualche anno dopo arriveranno anche i risultati, in Italia, in Europa, ai Mondiali femminili, dove nel 2018 si sistema sul terzo gradino del podio. Risultati importanti, che sarebbero potuti essere anche più sostanziosi, se Silvia non avesse dovuto rimanere inchiodata a terra (“solo qualche voletto”) per accudire (“con grande soddisfazione”) le sue figlie gemelle. Senza scomodare più di tanto Leonardo Da Vinci, si sa che chi ha spiccato il volo una volta non vede l’ora di farlo di nuovo. “Ora le bimbe hanno 21 anni, nessuna delle due ha mai voluto solcare, con mio grande sollievo, il cielo”. Né lei insiste, perché il “volo libero esercitato in certo modo può diventare molto pericoloso”. Ed è per questo che non fa proselitismo: “Il volo deve essere una scelta personale: io non lo consiglio, ma neanche lo sconsiglio”. Insomma, volete volare? “Fate voi”. Non è un lavarsene le mani, ma consapevolezza.
L’incidente, piccolo o grande che sia, è sempre dietro l’angolo. “Ho lanciato due volte il paracadute d’emergenza, la vela aveva assunto configurazioni che in quel momento e in quella data situazione secondo me non erano più gestibili”. Tutto bene, si dice, quel finisce, bene. Negli ultimi mondiali disputati dal 5 al 18 agosto a Kruscevo, nella Macedonia del nord (involo a 1350 metri di altitudine e a 159 km dalla capitale Skopje), sotto l’egida della FAI, Fédération Aéronautique Internationale, dal punto di vista fisico le cose non sono andate molto bene: “Nella prima giornata di volo, l’atterraggio è stato un po’ brusco, una brutta ferita mi ha levato subito dai giochi, ma ho stretto i denti e dopo un giorno di fermo ho ripreso a volare”. Perché allo squadrone azzurro servivano punti. “Senza il mio apporto la squadra sarebbe giunta nona, invece abbiamo vinto l’oro”. Con grande soddisfazione del ct Alberto Castagna, che con la sua nazionale aveva già incassato l’oro con l'altoatesino Joachim Oberhauser.
La nostra è stata una intervista telefonica, ma dal tono della voce si intuiva tutta la soddisfazione di Silvia Buzzi Ferraris. Che ora non vede l’ora di ritrovare le piste dei cieli italiani. “Il più bel posto al mondo per volare? Prime le Dolomiti, Canazei in particolare; la Macedonia e il Brasile”. Rifugge la moda (“solo abiti sportivi che mi facciano sentire comoda”); ma ama, nelle lunghe attese prima del volo, allentare la tensione lavorando a uncinetto. “Mi rilassa, mi sento bene”. Poi arriva il momento delle termiche, della tensione, delle emozioni. E allora l’uncinetto torna nella sacca. Sino alla prossima prova.