Morta Olena, la medica militare ucraina che portò il figlio in salvo e tornò indietro a combattere
La sergente maggiore ha perso la vita il giorno di Pasqua a Mariupol dove lavorava negli ospedali di fortuna allestiti per curare i feriti. Da qualche settimana era morto anche il marito. In tutto le soldate che combattono nella città orientale sono un centinaio
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Si chiamava Olena Kushnir ed era una sergente maggiore e medica della Guardia nazionale ucraina. E' morta sotto le bombe a Mariupol nel giorno di Pasqua. Il suo nome era balzato agli onori della cronaca per la sua scelta di portare in salvo il figlio piccolo oltre il confine polacco, affidato a dei parenti, e tornare indietro a combattere contro l'aggressore russo. Era una delle circa cento donne combattenti, incardinate nell'esercito regolare ucraino, rimaste a fare la guerra. La notizia è stata data dalla giornalista ucraina Tetyana Danylenko, che di loro dice che 'sono un pugno di cento soldate rimaste a Mariupol senza acqua, cibo e la garanzia di un'igiene di base e sopravvivenza', ormai negata a tutti nella città. Rimaste nonostante la ferocia della guerra e i tanti abusi subiti dalle donne, spesso usate come trofei di guerra. Delle cause della morte la giornalista non parla.
Molte di loro, come la sergente Kushnir, sono medici, combattono e curano i feriti, militari e civili. Operano in condizioni disastrose trasformando i rifugi in ospedali improvvisati, a volte avendo con loro anche i figli, come la piccola Alisa, 4 anni, che in un video - diffuso dalla giornalista Olga Tokariuk - da un bunker saluta la nonna. Anche Olena ha combattuto e medicato feriti fino alla fine. Quando la battaglia per le strade della città portuale, snodo di sangue di questa guerra, si era fatta più feroce Olena aveva provveduto a mettere in salvo il figlio piccolo attraverso uno dei pochi e fragili corridoi umanitari di Mariupol. Poi però, senza esitazione, era tornata indietro. Nonostante tutto, nonostante avesse perso già il marito negli scontri dei primi giorni di occupazione russa.
'Non compatitemi sono una medica, una combattente, faccio il mio dovere'
Coraggio e determinazione ma per Olena difendere Mariupol era l'unica opzione. 'Non compatitemi, sono una medica, una combattente, sono ucraina, faccio il mio dovere', diceva a un'amica pochi giorni prima di morire in una chat riportata da Mariupol today che ha anche diffuso un video appello che la sergente aveva girato per 'scuotere l'occidente'. Nel video, girato in un rifugio segreto e bersagliato dalla propaganda russa che sui suoi canali festeggia la morte 'della video blogger di Azov', Olena compare con la divisa militare e chiede insistentemente di permettere l'evacuazione di Mariupol 'dando l'opportunità di portare medicine alla popolazione, allontanare i tanti feriti e permettere una degna sepoltura ai morti'.
Olena descrive anche la distruzione totale della città e la catastrofe umanitaria di chi, assediato, non ha più cibo, acqua, possibilità di sostentamento alcuno: 'A Mariupol ci sono ancora persone, sono nelle cantine, sono sotto terra, hanno bisogno di tutto. Se non volete salvare Mariupol, salvate i suoi cittadini vi prego!!! Non vogliamo essere eroi e martiri, non potrete dire che non sapevate perché sapevate e potevate agire', uno dei suoi appelli. Era marzo e dopo qualche settimana la combattente deciderà di allontanare almeno il figlio, già orfano di padre, da quell'inferno. 'Sono all'inferno ma va bene così', scrive Olena i primi di marzo nel suo profilo Facebook già sul fronte più caldo. L'ultimo post della sergente maggiore Kushnir è su Mariupol. 'La mia città è morta. Sempre e per sempre', scriveva il 10 aprile. Con quella città è morta anche lei.