Michela Murgia, ecco come è fatta la sua famiglia queer: il tumore e la scelta di sposarsi
Essere madri senza partorire, senza carte e senza formalismi ma solo amando. La scrittrice parla dell'amore che dà e riceve nella sua grande famiglia
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Quando qualcuno annuncia di essere in procinto di morire, si resta tanto disarmati che la mente ha subito bisogno di concentrarsi su un particolare di quell’annuncio, qualcosa che possa essere meno doloroso dell’idea in sé della morte imminente. Dell’intervista concessa ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, nella quale Michela Murgia parla del suo tumore al quarto stadio, in tanti hanno notato una nuova idea di famiglia. Quella famiglia queer della quale parla la scrittrice è l’unione di persone che si amano e si prendono cura uno degli altri senza pezzi di carta a suggellare sentimenti.
Fillus de anima
Murgia ha parlato anche dei «fillus de anima», i figli dell’anima non del corpo. Con questa espressione, l’autrice di "Accabadora" inizia proprio il suo romanzo più famoso e con questa espressione parla dei tanti figli. Piccoli e grandi, non partoriti ma amati e curati come figli propri in «una casa con dieci letti dove la mia famiglia queer può vivere insieme».
Non una «famiglia allargata», perché la scrittrice da tempo accoglie nella sua casa romana amiche, colleghi, persone che ama e sostiene senza badare ai legami famigliari consueti. Non il sangue, non le convenzioni o i riti ma l’affetto a fare da collante della sua piccola comunità.
Le nozze annunciate
In questo contesto può apparire singolare l’annuncio, un altro, di un matrimonio: quello con l’attore e regista Lorenzo Terenzi. «Sposo un uomo, ma poteva esserci anche una donna», ha detto precisando che «lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni». La volontà è che le cose vadano come vuole lei fino alla fine: «Lo Stato riconosce come famiglia o il matrimonio o le unioni civili. Altrimenti, la strada è fatta di burocrazia costosa, tra dichiarazioni legali e notarili». Murgia ha infatti predisposto tutto nei minimi dettagli, dalla casa alle terapie perché nessuno abbia dubbi nel momento dell’estremo addio.
La casa dei 10 letti
Michela Murgia è legata anche a tante donne, come le scrittrici Chiara Valerio e Chiara Tagliaferri. Con lei, nella casa con dieci letti, vivono e hanno vissuto alcuni che hanno condiviso un pezzo di strada. Negli anni l’autrice di “Ave Mary” ha contribuito a far crescere tanti ragazzi e ragazze, sostenendoli con la sua cura mai scontata. Lei, che da adolescente, è stata cresciuta da due zii, e quindi è come se avesse avuto due padri e due madri. Ecco quindi la «famiglia queer» di Murgia, fondata sulla cura reciproca e non sui formalismi di riti civili o religiosi.