“Non ti licenzio ma ti trasferisco a 100 km da tuo figlio”: l’Italia non è un Paese per mamme lavoratrici

Al video ironico di Alice Mangioni, hanno risposto in oltre duemila raccontando storie di dimissioni in bianco, proposte di trasferimento improponibili e promozioni a lungo attese e poi sfumate

di Redazione

Spesso è partendo da una risata che si fanno le considerazioni più amare. E così il video ironico pubblicato su Facebook da The Pozzolis Family, ha raccolto tanti di quei commenti, tra il divertito e il disperato, da diventare uno spaccato della situazione lavorativa delle madri in Italia con casi reali di dimissioni in bianco, mobbing e licenziamenti senza giusta causa.

I racconti dei soprusi

Sulla loro pagina Facebook, The Pozzolis Family - i comici Gianmarco Pozzoli e Alice Mangioni - pubblicano spesso video ironici sulle situazioni paradossali che neo genitori come loro si trovano ad affrontare. L’ultimo filmato postato da Alice raccontava cosa devono affrontare le lavoratrici durante la gravidanza e una volta tornate a lavoro, nel fortunato caso che il loro posto ci sia ancora. All’appello ironico della Mangioni Hanno risposto in oltre duemila, raccontando storie di dimissioni in bianco, proposte di trasferimento improponibili e promozioni a lungo attese e poi sfumate.

Cosa non dire a una mamma

Ma la cosa peggiore sono le frasi che accompagnano queste ingiustizie: «Che senso ha fare i figli per poi lasciarli sempre all’asilo?». «Ma possibile che i tuoi figli si ammalino sempre di venerdì?». «Tu devi scegliere se fare i figli o fare carriera». Sono parole come queste che le mamme lavoratrici si sentono dire durante e dopo la gravidanza. Ne è nato un video dal titolo eloquente: «Cosa non dire alle mamme lavoratrici», postato su Facebook da Alice Mangioni, e proprio questo filmato è diventato presto un catalizzatore di storie senza lieto fine. 

Il lusso del secondo figlio

«Ho deciso di parlarne prima di tutto perché è un tema che mi tocca in prima persona - racconta Alice mamma di due bimbi -. Senza la nostra pagina Facebook, che è in tutto e per tutto un lavoro, sarebbe stato molto difficile per noi avere un secondo figlio. Confrontandoci con chi ci segue sui social, la situazione delle mamme lavoratrici è drammatica. In tantissime raccontano di aver rinunciato all’idea di un secondo figlio. E non perché non lo desiderassero. Perché non se lo possono permettere».

Dati allarmanti

Come precisa La Stampa in proposito, secondo gli ultimi dati forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro, nel 2016 le donne che si sono licenziate dopo la gravidanza sono state 29.879. Tra le mamme, appena 5.261 sono i passaggi ad altra azienda, mentre tutte le altre (24.618) hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il bambino (costi elevati e mancanza di nidi) o alla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Per gli uomini la situazione è capovolta: su 7.859 papà che hanno lasciato il lavoro, 5.609 sono passaggi ad altra azienda e solo gli altri hanno deciso di farlo per difficoltà familiari. Dati allarmanti ai quali si sommano le dimissioni in bianco, i mancati rinnovi dei contratti a tempo determinato e i casi di mobbing che portano le donne a dover scegliere tra lavoro e famiglia. «Quel che possiamo fare noi, nel nostro piccolo – conclude Alice - è invitare la comunità a riflettere e a sostenere le donne nelle loro scelte». 

Non ti caccio ma ti trasferisco

Queste alcune delle testimonianze raccolte da The Pozzolis Family: “Per non licenziarmi, mi volevano trasferire a 100 km di distanza per tre ore di lavoro al giorno. Mi sono dovuta licenziare, quando ho presentato le dimissioni con elencate le giuste cause, non le hanno accettate! Ho dovuto scrivere per motivi personali”.
“Ho lavorato come cameriera fino al quinto mese nel 2015. Sono svenuta mentre facevo la spesa (incinta) mandata da loro, al supermercato. Tornata al lavoro, il mio amato titolare mi chiede se ho forza almeno di passare la scopa”.
“A fine maggio il mio contratto di lavoratrice a tempo determinato si concluderà senza rinnovi dato che sono rimasta incinta e ho partorito a fine marzo! Ma soprattutto, non ho accettato la sua proposta di tempo indeterminato a patto che non avessi figli per 5 anni. Se questo non è mobbing!”