Le sei donne che hanno lasciato un segno nel 2023, secondo MilleUnaDonna
Le nostre preferite. Ognuna con un punto di vista, una storia, un insegnamento da darci molto diverso ma difficile da dimenticare
Ne abbiamo scelto sei, ma potevano essere molte di più. Sono donne molto diverse fra loro, ma che hanno in comune l'essere riuscite a polarizzare l'informazione su di loro declinandola al femminile. Ognuna con un punto di vista, una storia, un insegnamento da darci molto diverso ma difficile da dimenticare.
Il 10 agosto 2023 è il giorno in cui è morta a 51 anni Michela Murgia, scrittrice ma soprattutto intellettuale, donna, attivista, sarda, femminista e antifascista. Ci manca come l'aria, come il pane, come la voce. Perché Lei è stata la voce chiara, efficace, pungente, strutturata, di tante di noi.
Una persona velocissima in un mondo lentissimo, come scrisse subito dopo la dipartita dell'amica, Nicola Lagioia. Intelligente come pochi e poche nella Storia. Forse troppo come ricordò Lella Costa al suo funerale, "troppa intelligenza in una persona sola". Esce postumo il 9 gennaio il suo ultimo (ultimo davvero e strazia dirlo) libro-saggio-esperienza dal titolo "Dare la vita". Gli ultimi mesi prima della sua prematura scomparsa li ha dedicati alla sua famiglia queer ma anche a tutti e tutte noi, testimoniandoci il suo congedarsi all'esistenza terrena con grazia, gioia e gratitudine per una vita che ne ha contenute innumerevoli. Resterà luce attraverso quelle parole che non smetteranno mai di essere faro.
Paola Cortellesi è stata la narratrice per eccellenza del 2023. Col suo primo film da regista ha riscritto la Storia delle donne non raccontate della prima metà del 900. Quelle che, un passo davanti all'altro, hanno fatto questo Paese, senza avere cultura, ricchezza e spirito di ribellione. Non eroine da romanzo ma giovani e adulte comuni che nonostante le umiliazioni e le botte fisiche e morali, inferte loro da una società maschilista e violenta con tutto ciò che era femminile, hanno cercato di lasciare un mondo migliore alle proprie figlie. Con C'è ancora domani, Cortellesi fa, sì, qualcosa di originale, fa riemergere dai detriti di un'Italia bombardata, l'eroismo silenzioso, privato e ammutolito di gente umile vestita di gonne lise e camicette rammendate all'infinito. Un Ladri di biciclette declinato al femminile che restituisce dignità a metà di una Nazione che ha sopportato più degli uomini ma che non avendo imbracciato un'arma, non ha avuto gli onori dei combattenti. E ancora una volta ci è voluta una donna a ricordare agli uomini quanto sia stato vile tramandare la Storia, con la esse maiuscola, senza le storie, con la esse minuscola, delle loro madri, compagne, mogli, figlie e amiche.
Narges Mohammadi e la sua sedia vuoto non potrà essere dimenticata. Il premio Nobel per la Pace 2023 è una donna musulmana, che non è potuta andare a ritirarlo. Alla cerimonia i suoi due figli gemelli adolescenti che lei non vede da otto anni hanno ritirato il più importante riconoscimento politico.
Un velo può costruire un regime come farlo sgretolare. Un velo imposto fa trucidare da 40 anni le giovani e i giovani iraniani. Ciò che la crudeltà degli ayatollah non riesce a spegnere è la voce della libertà. La libertà che è il valore più alto in assoluto, ancora più dell'amore, perché senza libertà non siamo esseri umani e incatenati come schiave e schiavi non si può costruire nulla di buono. Arrestata 13 volte, costretta a 31 anni di prigione e 154 frustate non ha mai smesso di essere d'esempio per i suoi ragazzi, Kiana e Ali, i figli che col padre vivono in esilio in Francia. "Più ci rinchiudono, più diventiamo forti" continua a gridare dalla sua cella in una delle prigioni più terribili del mondo. Neppure la morte può spegnere una voce che canta la libertà.
Elena Cecchettin non sarebbe voluta diventare la persona dell'anno né finire in questo elenco, come non avrebbe voluto vedere la sua immagine ripresa nei Tg, nei quotidiani, nelle riviste.
Elena Cecchettin è la sorella di Giulia, una ragazza ammazzata in quanto donna. E' questa la definizione che diamo di femminicidio. Ma Elena col suo grido puntuale contro il patriarcato ci ha ricordato che dietro alle definizioni ci sono le storie delle persone, il loro carico di vita e di amore per chi avevano intorno. L'Antigone dei nostri giorni, Roberto Vecchioni l'ha così ben descritta, ha trasformato la tragedia accaduta alla sua famiglia in un simbolo di lotta contro la violenza sulle donne. Privata ma anche pubblica. Una violenza che lo Stato non sembra essere in grado di fermare, incatenato a una cultura ancora intrisa di pregiudizio nei confronti delle vittime, ma solo se queste sono donne. Elena Cecchettin sì, non sarebbe voluto diventare una copertina, ma restare solo la sorella di una ragazza ancora viva.
Liliana Segre, non solo per il 2023 ma per tutto il suo passato che rappresenta e per il futuro, anche quando lei non ci sarà più.
Diventata monumento alla Storia suo malgrado, il 27 gennaio di questo stesso anno ormai finito, ci accompagnò in uno dei viaggi più struggenti mai raccontati da una testimone della Shoah. Sul Binario 21, in prima serata, sorretta dalla sua incredibile forza di sopravvissuta e dal braccio di Fabio Fazio ripercorse con un Paese ammutolito da un sacro silenzio il suo viaggio verso l'inferno di Auschwitz. Una delle più importanti pagine scritte da Servizio pubblico.
Chiara Ferragni, diversa da tutte le altre donne fino a qui citate. In questo elenco per averci ricordato che tutti e tutte, anche i Re e le Regine cadono, e più l'attico sta in alto più la caduto farà rumore e sarà rovinosa.
Partita col botto di Sanremo a febbraio, a dicembre chiude questi 12 mesi di scintillanti successi, come nei trascorsi 10 anni di carriera, con lo scandalo del caso Balocco. Senza entrare nei dettagli della causa giudiziaria, da lei abbiamo imparato che anche i più grandi strateghi di comunicazione possono fallire, sconfitti dalle loro stesse strategie di marketing.
Dai vestiti di alta moda del Festival, al maglioncino grigio, è stato un attimo. Chissà che la richiesta di perdono ai suoi followers, gli unici a cui lei deve qualcosa e che le pagano la sua vita da sogno, sia bastata. Visti i numeri, per nulla precipitati, come invece qualche commentatore o commentatrice dichiara con un compiacimento neppure tanto nascosto, sembrerebbe proprio di sì. Perché gli italiani e le italiane scemi e sceme non sono e sanno alla fine con chi arrabbiarsi davvero.
Perché Chiara Ferragni se fa errori non deve chiedere scusa ai contribuenti. Può perdere la fiducia dei fan in un attimo, come riconquistarla in un attimo.
Il punto è che questa manager ci ha ricordato che chi dovrebbe fare indignare un Paese non è una imprenditrice, nonostante i suoi errori, ma una classe politica investita spesso da scandali ben peggiori e che abbiamo visto crocifissa molto meno.