Donne, Islam e laicità: via dalle scuole l'abito lungo. Tradizione o dogma?

In Francia nelle scuole le studentesse non potranno più indossare l'abaya, tradizionale abito femminile islamico che copre tutto il corpo a eccezione di viso e mani

Foto Ansa (alcune scattate nelle sfilate di alta moda, ovviamente sono abaya per donne molto ricche)

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"Entrando in una classe non si dovrebbe essere in grado di identificare la religione degli alunni a colpo d'occhio. La scuola della Repubblica è costruita intorno alla laicità". Sono le parole del ministro dell'Istruzione, Gabriel Attal.

In Francia (e non solo, alcune settimane fa è scoppiato il caso del burkini a Trieste) il problema dell'integrazione non si limita alle banlieue, ormai da anni il modo in cui si vestono le donne islamiche è motivo di un aspro dibattito politico. 

Il motivo non è banale ma implica il bilanciamento di diversi principi e diritti. Per esempio il principio più importanti di tutti per i francesi è la laicità dello Stato che non permette, per esempio, ai cattolici che svolgono una mansione a contatto col pubblico, se dipendenti pubblici, di indossare una catenina con la croce o un altro simbolo cristiano. Questo per specificare che il problema non è la religione musulmana, ma proprio il rifiuto a qualsiasi simbolo religioso se indossato da chi in quel momento rappresenta le Istituzioni che con la rivoluzione hanno introdotto lo Stato diritto e dunque la laicità come valore universale e inviolabile. 

Il nuovo nemico è l'abaya

Nelle scuole francesi le studentesse non potranno più indossare l'abaya, tradizionale abito femminile islamico che copre tutto il corpo a eccezione di viso e mani.

Il leader della Sinistra estrema, Melenchon però non è assolutamente d'accordo. Si è infatti scagliato contro la "nuova assurda guerra di religione" e un'altra deputata, Clementine Autain, ha parlato di "polizia dell'abbigliamento".

Che cos'è l'abaya

Il problema stavolta è più complesso perché questo abito ha maggiori implicazioni di costume tradizionale che di religione e il viso è del tutto scoperto. L'abito va molto di modo tra le giovanissime islamiche declinato anche in colori vivaci. Ciò significa che questa moda sta mettendo in crisi il governo perché non può vietarlo con la motivazione del viso coperto e dell'impossibilità di riconoscere l'identità di chi lo indossa. 

Ma è anche vero che a indossarlo sono le figlie delle famiglie più rigide nell'osservanza della religione in quanto lascia scoperte solo le mani, oltre al viso.

Cosa dice la comunità musulmana francese

Per Abdallah Zekri, vicepresidente del Consiglio francese del culto musulmano, si tratta soltanto "di una forma di moda": "Se andate in certi negozi, troverete le abaya. E' un abito lungo e ampio, ma non ha nulla a che vedere con la religione".

La questione parte dai presidi delle scuole

La politica francese è intervenuta dopo che i presidi avevano chiesto aiuto sul da farsi di fronte al dilagare della moda dell'abaya

Per il ministro Attal, si tratta di una "ostentazione del segno religioso" vietata dalla legge, indossarla farebbe parte di un "attacco politico" davanti al quale la Francia laica deve "fare blocco".

"Non c'è posto per l'abaya nella nostra scuola - ha sottolineato Attal -. In questi ultimi mesi le violazioni della laicità si sono moltiplicate, in particolare con l'esibizione di questi abiti religiosi come l'abaya e il qamis (la versione maschile, ndr)".

Ma la sinistra radicale capovolge il ragionamento: "Fin dove arriverà la polizia dell'abbigliamento?" facendo riferimento alla polizia morale iraniana che controlla l'uso del velo. Secondo la deputata Clementine Autain: "La proposta di Gabriel Attal è incostituzionale, contraria ai principi fondatori della laicità. Sintomatica del rifiuto ossessivo dei musulmani. Appena rientrati dalle vacanze, i macroniani già provano ad attaccare da destra il Rassemblement National".

Jean-Luc Melenchon infiamma il dibattito dividendo ancora di più la società francese. "Il rientro a scuola dopo le vacanze sarà "dominato politicamente da una nuova assurda guerra di religione". E conclude "A quando la pace civile e la vera laicità, che unisce invece di esasperare?".

Ci sarebbe però da chiedersi se realmente queste giovani donne scelgono per loro convinzione o per imposizione familiare di dogmi. Il discorso sulla scelta è complicato e interessantissimo e non riguarda solo la religione musulmana ma anche molte usanze e mode occidentali. Forse dovremmo tornare alle divise a scuola. Di certo sarebbe bello un mondo in cui la religione venga vissuto in modo privato e non ostentata. Si rischierebbero meno soprusi sulle donne. 

29/08/2023
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